di Madison U. Sowell
Quando, alla fine degli anni ’70, da dottorando in lingue romanze all’Università di Harvard, sposai Debra Hickenlooper, una storica della danza, non potevo immaginare che a un certo punto della mia carriera accademica avrei spostato il focus della mia ricerca da Dante alla danza.1 Né mi rendevo conto che io e Debra saremmo diventati nel giro di pochi anni appassionati collezionisti di iconografia della danza precedente il 1870 e che una delle nostre aree privilegiate sarebbe stata il balletto ingiustamente trascurato che ha avuto luogo durante il Secondo Impero francese (1852-1870), in particolare la storia che di esso mostrano molte cartes-de-visite photographiques (biglietti da visita fotografici) di ballerine e ballerini. La mania del collezionismo iniziò in modo alquanto innocente, allorquando ricevemmo come regalo di nozze da un’eccentrica zia che commerciava in antiquariato una bella litografia del XIX secolo di Marie-Alexandre Alophe (1812-1883). Colorata a mano, la piccola stampa raffigura una vivace scena di danza di società e io la trovai affascinante.
di Maria Virginia Marchesano
La tipica lezione di tecnica classica accademica[1] dura generalmente da un’ora e mezza a due ore ed è pensata per preparare il corpo del danzatore ad affrontare il palcoscenico. Essa è suddivisa in due momenti fondamentali: la prima parte si svolge alla sbarra e ha una durata di circa tre quarti d’ora; la seconda parte, invece, si svolge al centro della sala. La sala di danza è il luogo in cui il danzatore apprende quell’affascinante e complesso vocabolario di movimenti che compone il linguaggio di quest’arte, perché qui studia e incorpora il codice della danza classica. È paragonabile a una bottega, un laboratorio in cui sperimentare e apprendere l’arte, per poi applicarla nel momento dell’esibizione pubblica sul palcoscenico.
di Renè Bozzella e Giovanna Panarese
1. Introduzione Palazzo Bosco Lucarelli già dell'Aquila, sede del dipartimento di Ingegneria dell'Università del Sannio ha un nuovo volto: tornato all'antico splendore, si può ammirare nella sua nuova veste. I lavori di restauro e risanamento conservativo che hanno interessato l'immobile tra il 2020 e il 2021 sono stati l'occasione per riscoprire la storia di questo antico palazzo e per conoscere le moderne tecniche di restauro applicate ai beni culturali.
di Lucia Krasovec-Lucas La Città deve essere ancora il luogo di riparo, confronto, crescita e opportunità per tutti gli esseri umani. La Città, come laboratorio per la (ri)generazione umana, dovrà riattivare le fabbriche di reti tra individui, istituzioni, ambiente e sistemi, con cui sperimentare gli esercizi di fiducia necessari a combattere l'atrofia dell'immaginazione. La città dovrà rispondere al cambiamento con processi innovativi e capaci di curare e coltivare la città, che è fatta di quella fisicità costruita originariamente per accogliere la comunità: il focus su cui dovremo insistere per una reale ripresa sono, innanzitutto, le persone e lo spazio in cui hanno scelto di vivere. Fosca Mariani Zini, Tristia. Stati di usuale sconforto, Kinetès Edizioni, Benevento 2021, pp. 72.30/4/2021
di Carla Cirillo
È innegabile che grandi forme di lamentazioni esistenziali, comprese quelle poetiche, abbiamo come punto di partenza, come causa prima, un corrispondente desiderio e appetito vitale disattesi o frustrati. Altrimenti ci troveremmo ogni volta a parlare, sia che si tratti di saggistica che di filosofia o di letteratura, di un puro horror vacui tanto più terrificante quanto meno sostanziato e segnatamente innaturale. Ma esistono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni una filosofia, suggeriva un famoso inglese e, per questo, come leggiamo in TRISTIA, STATI DI USUALE SCONFORTO, ci si può trovare davanti a un eroico odio della vita in cui si sa scivolare nel buio e / Esaurite le fatiche inutili / Liberarsi del cavaliere / E del cavallo. Ma, appunto, si dovrebbe sapere essere eroici, se non proprio eroi, e sovvertire il noto assunto brechtiano della modernità per ritornare a un grande poeta della caducità, Reiner Maria Rilke che, invece, considera gli eroi semplicemente le vittime di destini crudeli o esseri talmente sensibili la cui esistenza è quasi insopportabile per la natura.
di Laura Valente Introduzione Nel breve romanzo L’invenzione di Morel, piccolo pilastro della fantascienza contemporanea costruito nel 1940 dallo scrittore argentino Adolfo Bioy Casares, il naufrago protagonista si muove su un’isola che crede disabitata. Sulla vetta di una collina, qualcuno prima di lui ha lasciato un segno del proprio passaggio costruendo alcuni piccoli edifici, ora abbandonati. Tra questi, quello che il narratore chiama “il museo”. Giorno dopo giorno, nel corso di esplorazioni sempre più allucinate, il naufrago assiste ad uno spettrale ripopolamento di quel luogo, che inizia a riempirsi di figure umane che sembrano non percepire la sua presenza. Fino alla spiegazione del fenomeno: le persone che vede sono ologrammi, immagini registrate dei precedenti visitatori che lì, nel “museo”. continuano a compiere i gesti, le conversazioni, le interazioni di una volta. Quel breve tratto della loro esistenza è stato registrato dall’inventore Morel, convinto che riprodurre all’infinito quei momenti basti a riportare in vita anche l’essenza più intima – l’anima – di quei simulacri per adesso solo in esposizione.
di Giulio Baffi
La grande auto nera e solenne che attraversa la città silenziosa. Al lato due file di motociclette della Polizia Urbana della capitale. I pochi passanti sui marciapiedi della insolitamente deserta Via del Corso si fermano e salutano. Qualcuno fa il segno della Croce, qualcuno si lancia nel gesto di un saluto familiare, quasi allegro, ma trattenuto e appannato dalla malinconia. Forse avrebbe avuto piacere a vedere la sua amata città in questa sua ultima passeggiata, ricordando gli applausi a cui era abituato, i sorrisi, le strette di mano, le richieste di selfie che sempre ed in gran quantità gli riservava quel suo pubblico, amato e riamato con la passione dei prediletti.
di Clarissa Fattoruso
Namasté amici lettori, un saluto dalla vostra Edwige. Ci eravamo lasciati un po’ di tempo fa con la mia ultima avventura a Manchester, in Inghilterra. A distanza di quasi due anni, e dopo innumerevoli altri viaggi fatti, mi ritrovo oggi a volervi raccontare della mia “spedizione" dal sapore piccante e speziato, dai colori rossi come il terriccio e dai profumi esotici intensi. Quest’oggi, infatti, ho deciso di parlarvi del paese del Taj-Mahal e delle mucche sacre. Sto parlando, cari lettori, dell’India.
di Lucia Cammarota
La Digital Revolution sta cambiando il mondo. Se Giacomo Leopardi ci metteva in guardia dalla fiducia cieca nelle “magnifiche sorti e progressive”, non possiamo che rimanere affascinati di fronte all’esperimento fantascientifico (e inarrestabile) di Elon Musk sull’interfaccia brain-computer, o di fronte agli occhiali intelligenti Orion, tanto voluti da Mark Elliot Zuckerberg, che sostituiranno lo smartphone, mentre la Banca Centrale Europea, basandosi sulle nuove piattaforme di blockchain, immetterà sul mercato il denaro digitale in un mondo dove anche le cose prendono vita grazie all’Internet of things. Nuove paure ma anche infinte opportunità: per il lavoro, per la vita stessa.
di Angelo Miraglia Esperienze da burattinaio A distanza di tanti anni e dopo innumerevoli volte , rimane sempre in me una sensazione che non so spiegare, anche perché è davvero inspiegabile. Provate ad immaginare ogni volta la scena: io arrivo nella piazza o nella strada, smonto la baracca dalla macchina, la posiziono dove gli organizzatori mi dicono, porto all’interno la cassa con i burattini , gli altri attrezzi che servono(scenari e sipario ) e sistemo la cassa altoparlante, mentre il pubblico segue attentamente tutte le varie operazioni. Risulta evidente che sono io quello che ha montato tutto l’occorrente per lo spettacolo e che, di li a poco, andrà all’interno della baracca per dare vita ai burattini che usciranno al proscenio e inizieranno a muoversi seguendo il canovaccio della commedia dell’arte che si va ad eseguire; e allora io non capisco ancora adesso come sia possibile che, in quei pochi secondi che intercorrono fra il mio ingresso nella baracca e l’inizio della rappresentazione, possa avvenire questa “magia”!!!!!! |
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