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Il cambiamento nelle biblioteche: processi innovativi per servizi efficaci

15/3/2022

 
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di Ferruccio Diozzi e Paolo Mandato
 
Nel secolo XIX si sviluppò fino a un livello stravagante il criterio che, per brevità, possiamo chiamare del tornaconto finanziario, come test per valutare l’opportunità di intraprendere un’iniziativa sia privata che pubblica. Ogni manifestazione vitale fu trasformata in una sorta di parodia dell’incubo del contabile. Invece di utilizzare l’immenso incremento delle risorse materiali e tecniche per costruire la città delle meraviglie, si crearono i bassifondi; e si pensò che fosse giusto e ragionevole farlo perché questi, secondo il criterio dell’impresa privata, “fruttavano”, mentre la città delle meraviglie sarebbe stata, si pensava, un atto di follia che avrebbe, nell’imbecille linguaggio di stile finanziario, ipotecato il futuro [John M. Keynes, 1933].
I nostri trisavoli vivevano in media 400mila ore e ne spendevano 100mila nel lavoro; la vita media delle prossime generazioni supererà le 700mila ore di cui appena 50mila saranno dedicate al lavoro. Dunque la vita postmoderna non sarà centrata sul lavoro ma sul tempo libero.
Domenico De Masi, 2021.

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Dalle “anime pezzentelle” ai migranti morti in mare: il Purgatorio di Emanuele Scuotto

15/3/2022

 
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di Alba La Marra
 
Tenebre: catacomba o mare aperto?
Volti velati, corpi di argilla nera. I contorni sono sfumati, la nebbia del limite ammanta tutto e costringe a guardare oltre, tra un aldilà rassicurante e un aldiquà che fa rabbrividire. È un buio che rivela.
Sì, ma cosa?


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L’Ucraina e il suo patrimonio sotto la furia delle bombe: la tutela dei beni culturali in tempo di guerra

15/3/2022

 
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di Rossella Del Prete
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Questo numero de Il Giornale di Kinetès vede la luce molto in ritardo rispetto alla scadenza prevista. Le motivazioni sono diverse, alcune molto personali, altre di natura tecnica, ma tutte tali da giustificare molto seriamente il vuoto degli ultimi mesi. Ce ne scusiamo immensamente: con i nostri lettori e con gli autori e le autrici dei contributi raccolti in questo numero, innanzitutto; con tutti i nostri preziosissimi collaboratori, poi. 

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Perché il Paesaggio

30/4/2021

 
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di Davide Iannelli
 
Lo scorso 14 marzo, in occasione della GIORNATA NAZIONALE DEL PAESAGGIO 2021, si è svolto un partecipato webinar sulla pagina facebook di Kinetès - Arte Cultura Ricerca Impresa, dal titolo: "Il paesaggio come patrimonio culturale. Il Matese come risorsa”.
A guardar bene, il tema scelto appare, se non in controtendenza, almeno in parte dissonante con la beatificazione, in corso sui media e nelle dichiarazioni spesso interessate sulla transizione ecologica, di tutto ciò che va sotto il comune denominatore di energie rinnovabili. È invece del tutto in sintonia con la previsione Costituzionale art.9: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [cfr. artt. 33, 34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.


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TRANSIZIONE ECOLOGICA E PAESAGGIO Rigenerazione dei borghi tra patrimonio culturale ed economia circolare: il piano attuativo di Campi Alto di Norcia

30/4/2021

 
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di Giovanni Cafiero

Il piano per Campi Alto nel contesto della transizione ecologica
 
Il Piano Particolareggiato per La Frazione di Campi Alto in Comune di Norcia ha ad oggetto la disciplina urbanistico-edilizia degli edifici e spazi aperti all’interno dell’area identificata dal Commissario di Governo e dall’Ufficio Speciale Ricostruzione della Regione Umbria[1] e la definizione delle strategie per la rigenerazione sociale ed economica del Borgo dopo il terremoto del 2016. Dopo il sisma, il Borgo, che si estende per una superficie di circa 41.000 mq, a causa della vastità dei crolli è stato classificato zona rossa, cioè area interdetta all’accesso. Su una volumetria complessiva di circa 63.000 mc, di cui circa 12.000 mc destinati a edifici speciali - le splendide chiese e il palazzetto storico che ospita il Rifugio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini - sono crollati interamente circa 13.500 mc, pari circa al 21% dell’abitato, di cui circa 3.000 mc relativi a edifici speciali, gli edifici simbolo della storia e della comunità del Borgo.

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Il Matese: nuove opportunità con il Parco Nazionale per il Sannio

30/4/2021

 
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di Camillo Campolongo e Lorenzo Piombo   
 
Matese è pien di neve, e se lo tocca
giamai del mio bel sole il vivo raggio,
vedrem crescere il laco in nova foggia[1]
 
Il matesino Lodovico Paterno così esalta nelle sue rime il massiccio montuoso, ora collocato tra i maggiori monumenti d’Italia (Pianser di Roma i sette colli, e pianse il buon Vesevo, / e pianse il gran Matese, / di duol crollando la silvosa fronte)[2], ora celebrato nella sua regale maestosità: Il Re de' nostri Monti, / l'alto Matese, a cui gelate nevi / ancor, quando in Leone il Sole alberga / copron il mento, e la canuta testa[3].

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La Via Appia, ovvero la scrittura in pietra

30/1/2021

 
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FotoManifestazione del 23 settembre 2017.
di Aglaia McClintock
 
La Via Appia, la regina viarum, in primo luogo ci costringe a visualizzare il paesaggio che essa struttura. In un celebre capitolo di Notre-Dame de Paris, “Questo ucciderà quello” (“Il libro ucciderà l’edificio”, “La stampa ucciderà la Chiesa”, “La tipografia ucciderà l’architettura”) Victor Hugo faceva osservare che l’architettura è stata la prima grande scrittura dell’umanità, dai dolmen, alle piramidi, ai templi, alle cattedrali gotiche. Sino al XV secolo e alla scoperta della stampa, l’architettura è stata il grande libro dell’umanità, la principale espressione dell’uomo attraverso i diversi stadi di sviluppo, sia come forza, sia come intelligenza. I monumenti di pietra sono il modo più naturale e duraturo per “iscrivere nel suolo” la memoria, quando “la parola, nuda e instabile” rischierebbe di perdersi lungo il cammino. Per Victor Hugo:


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Il futuro (che è già presente) del Madre

30/1/2021

 
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Foto Mimmo Paladino, Senza titolo (cavallo), 2006. Collezione Madre, Napoli. Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli. Foto © Amedeo Benestante
di Laura Valente
 
Introduzione
 
Nel breve romanzo L’invenzione di Morel, piccolo pilastro della fantascienza contemporanea costruito nel 1940 dallo scrittore argentino Adolfo Bioy Casares, il naufrago protagonista si muove su un’isola che crede disabitata. Sulla vetta di una collina, qualcuno prima di lui ha lasciato un segno del proprio passaggio costruendo alcuni piccoli edifici, ora abbandonati. Tra questi, quello che il narratore chiama “il museo”. Giorno dopo giorno, nel corso di esplorazioni sempre più allucinate, il naufrago assiste ad uno spettrale ripopolamento di quel luogo, che inizia a riempirsi di figure umane che sembrano non percepire la sua presenza. Fino alla spiegazione del fenomeno: le persone che vede sono ologrammi, immagini registrate dei precedenti visitatori che lì, nel “museo”. continuano a compiere i gesti, le conversazioni, le interazioni di una volta. Quel breve tratto della loro esistenza è stato registrato dall’inventore Morel, convinto che riprodurre all’infinito quei momenti basti a riportare in vita anche l’essenza più intima – l’anima – di quei simulacri per adesso solo in esposizione. 


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La bellezza, una speranza aperta nel cuore del Bel Paese

30/1/2021

 
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di Filippo Cannizzo

«Articolo 9. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

Nel leggere le parole dell’art. 9 della Costituzione della Repubblica Italiana, definito «l’articolo più originale della nostra Costituzione repubblicana» [1] da parte dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, sembra di ritrovarvi tutta la bellezza del nostro Paese. Infatti, questo articolo ci dice che è proprio nel nostro patrimonio artistico, nella nostra lingua, nella capacità creativa degli italiani, che risiede il cuore della nostra stessa identità. 

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Procida e la fierezza di un microcosmo salato nell’area flegrea

30/1/2021

 
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di Raffaella Salvemini
 
“Là, nei giorni quieti, il mare è tenero e fresco, e si posa sulla riva come una rugiada. Ah, io non chiederei d’essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei d’essere uno scorfano, ch’è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell’acqua”
(Elsa Morante)

Quando la Morante scrisse L’isola d’Arturo (1957) non pensava che Procida potesse diventare Capitale Italiana della Cultura 2022. Eppure in questa partita mi piace pensare alla metafora dello “scorfano” che non rinuncia alle sue peculiarità e accetta la sfida. A ben vedere, il progetto culturale dall’ambizioso titolo “la cultura non isola” non confligge affatto con la sua stessa complessa identità ovvero di microcosmo inserito da sempre in un ampio sistema di scambi via mare. 

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