di Rossella Del Prete
Questo numero de Il Giornale di Kinetès vede la luce molto in ritardo rispetto alla scadenza prevista. Le motivazioni sono diverse, alcune molto personali, altre di natura tecnica, ma tutte tali da giustificare molto seriamente il vuoto degli ultimi mesi. Ce ne scusiamo immensamente: con i nostri lettori e con gli autori e le autrici dei contributi raccolti in questo numero, innanzitutto; con tutti i nostri preziosissimi collaboratori, poi.
di Vincenzo Santoro
È ormai cosa nota che in questo anno “pandemico” proprio la cultura sia stata l’ambito che ha subito il maggiore calo dei ricavi, superiore persino al turismo. Se i settori culturali e creativi si rivelano decisivi nell’economia e per l’occupazione nel nostro Paese, questi detengono soprattutto il pregio di stimolare l’innovazione nel più vasto campo economico e di porsi come mezzi di produzione di un positivo impatto sociale, agendo contro la povertà educativa e a sostegno dell’istruzione, del benessere e della salute – temi nevralgici in un periodo di crisi sistemica come quello che stiamo attraversando – della rigenerazione urbana e dell’inclusione. Secondo il report esito di un’indagine commissionata dall’Unione Europea, Rebuilding Europe: The cultural and creative economy before and after the COVID-19 crisis, se nel corso del 2019 il settore artistico, nonostante l’occupazione culturale sia spesso sottostimata nelle statistiche, in tutta Europa era in rapida espansione e procurava stipendi a circa 7,6 milioni di persone, complessivamente nel 2020 queste realtà hanno subito un crollo dei ricavi pari al 31,2% in meno rispetto all’anno precedente (ad esempio nel confronto col turismo che ha registrato un meno 27%).
di Rossella Del Prete
«Attore…ma di lavoro cosa fai?» La domanda, purtroppo ben nota a molti artisti del mondo dello spettacolo dal vivo, è in realtà il titolo di un libro molto interessante a cura di Mimma Gallina, Luca Monti ed Oliviero Ponte di Pino[1]. Il tema è, ancora una volta, quello del lavoro culturale[2], in particolare del lavoro nello spettacolo dal vivo, un tema di una complessità straordinaria sulla quale val la pena di sollecitare sempre nuove attenzioni e approfondimenti di ricerca. Quello dello spettacolo dal vivo è un mondo antico, eppure in continua evoluzione, oggi più che mai, ‘grazie’ all’impatto della pandemia. di Patrizia Asproni
Con l'intenzione di studiare un modello sostenibile, il sistema culturale a guida Mibact ha scelto coraggiosamente di guardarsi allo specchio, dando vita ad un percorso condiviso con la convocazione degli Stati Generali delle Imprese Creative e Culturali. Se il format è noto, la formula "impresa" esige (ed è questo il primo obiettivo) il più elevato grado possibile di concretezza, non esaurendo la sua funzione nella stimolazione del dibattito, ma puntando piuttosto a diventare design di strategie realmente integrate. di Rossella Del Prete
“si perdoni a un povero studioso di storia questo grido di artista!” «La ricerca storica è per me uno spazio di gioia e di passione intellettuale. Provo sempre un brivido prima di entrare in un archivio o in una biblioteca: cosa troverò? […] Che fortuna aver potuto leggere tante storie interessanti, alcune divertenti, altre da far gelare il sangue, alcune sorprendenti, altre familiari…» [N. Zemon Davis, La passione della storia, 2007, p. 174]. Quarant’anni fa, nel 1957, Luciano Bianciardi pubblicava Il lavoro culturale, per i tipi dell’Universale Economica Feltrinelli.
Bianciardi era ben noto al pubblico dell’intellighenzia militante di quegli anni, per la sua intensa attività culturale, svolta nell’ottica di un impegno civile e politico già profuso in altri suoi libri. Ne Il Lavoro culturale l’Autore affidava uno dei primi resoconti critici della generazione del dopoguerra a due personaggi, opposti quanto complementari: Luciano Bianchi, calciatore mancato e antifascista, ed il fratello Marcello, intellettuale militante di provincia. |
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Gennaio 2023
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