La Statua Santucci del Museo civico di Morcone. Attestazione di un culto bacchico nell’Alto Tammaro30/1/2023
di Pasquale Marino
Presso il Museo Civico di Morcone, che ha sede nel complesso di Casa Sannia, è conservata una statua antropomorfa di epoca romana (Fig. 1 a, b, c). Fino a questo momento, la statua non è stata oggetto di studi particolareggiati. Pertanto, di questo reperto archeologico non sono certi né il soggetto né il contesto di appartenenza. Si conosce solo la località di ritrovamento: presso Case Santucci, nel territorio di Morcone. Per tale ragione, si propone di identificare il reperto come Statua Santucci, definizione neutra rispetto a qualunque ipotesi identificativa e di funzione. Attualmente, la statua è esposta in uno spazio, poco funzionale, di Casa Sannia. È collocata, infatti, su un pianerottolo di copertura delle scale di accesso al primo piano dell’edificio. È osservabile in modo agevole da una sola angolazione, quella del suo lato sinistro. Risulta rialzata rispetto al piano di calpestio dell’osservatore di oltre un metro e, purtroppo, appare schiacciata dalla poca “aria” tra il manufatto e il solaio sovrastante (Fig. 2).
di Maria Sirago
Le feste religiose La festa di San Giovanni Battista Anche in alcune feste religiose il mare era presente. Una delle feste più sentite era quella di San Giovanni Battista, il 24 giugno, celebrata nella chiesa di San Giovanni a mare, nei pressi di quella di Sant’Eligio, al Mercato, prospiciente il mare (ancora esistente ma molto malandata)[88]. La chiesa era stata fondata in epoca normanna dai cavalieri gerosolimitani (poi di Malta) con un ospedale annesso per curare i feriti che tornavano dalla Terra Santa. Poi nel 1336 era stata ampliata da Giovan Battista Carafa. Nella notte di San Giovanni i napoletani di entrambi i sessi celebravano le feste in suo onore immergendosi nel mare nudi cantando salmi, un bagno purificatore e propiziatorio, quasi “battesimale”, che si richiamava ad antichi riti pagani celebrati nel solstizio d’estate: l’uso era ricordato nella anonima Storia dei cient’anne arreto stampata a Napoli nel 1789 da Giuseppe Maria Porcelli e attribuita al napoletano Velardiniello vissuto nel XVI secolo, autore di villanelle e altri componimenti in dialetto napoletano, capostipite di poeti popolari e cantastorie della città partenopea [89]. Anche Benedetto di Falco a metà Cinquecento raccontava che la vigilia di San Giovanni vi “era una antica usanza, hoggi non al tutto lasciata, che …. verso la sera e’scuro del di, tutti, huomini e donne, andare al mare, e nudi lavarsi, persuasi purgarsi de’ loro peccati, alla foggia de gli antichi, che peccando andavano al Tevere a lavarsi, e come san Giovanbattista per la lavation ne ammaestra”, una usanza raccontata anche da Petrarca che aveva visto molti “Alemani” bagnarsi nel Reno con la stessa finalità [90].
di Maria Sirago
Introduzione La corte e l’aristocrazia partenopea in estate potevano usufruire di un particolare luogo teatrale, il golfo che secondo la leggenda aveva preso le sembianze sinuose del corpo della sirena Partenope, morta per amore alla foce del Seberto, presso l’isolotto di Megaride, dove poi fu costruito Castel dell’Ovo. In epoca antica in suo onore ogni anno su quella spiaggia si svolgevano le Lampadromie, delle feste durante le quali si faceva una gara di corsa con le fiaccole[1]. In questo tratto di mare che dal Palazzo Reale si spingeva fino alla spiaggia di Mergellina e alla costa di Posillipo, si allestivano feste e banchetti sontuosi, volti alla celebrazione del potere spagnolo, tramite i suoi viceré, a cui assistevano estasiati i sudditi, che per un giorno potevano dimenticare le tribolazioni quotidiane ed anche la fame, assaltando le numerose cuccagne marine che si allestivano[2]. |
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Gennaio 2023
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