di Concetta Nazzaro
Il valore del Made in Italy agroalimentare Il settore agroalimentare italiano risulta caratterizzato da un elevato numero di imprese di piccole dimensioni e da un ridotto numero di grandi imprese operanti su scala globale. Esso rappresenta un comparto di punta dell’economia italiana, posizionandosi al secondo posto tra quelli manifatturieri per ciò che concerne l’export, e con una miglior capacità di resilienza a fronte della crisi da Covid-19. Al contempo, il patrimonio agroalimentare italiano, per il suo ampio e differenziato portafoglio di prodotti, caratterizzati da un forte contenuto di tipicità, risulta tra i più competitivi sui diversi mercati, proprio in virtù della presenza di apprezzati attributi di qualità e di sicurezza alimentare.
di Marta Lombardi
«Irene è la città che si vede a sporgersi dal ciglio dell’altipiano nell’ora che le luci s’accendono e per l’aria limpida si distingue lassù in fondo la rosa dell’abitato: dove è più densa di finestre, dove si dirada in viottoli appena illuminati, dove ammassa ombre di giardini, dove innalza torri con i fuochi di segnali; e se la sera è brumosa uno sfumato chiarore si gonfia come una spugna lattiginosa ai piedi dei calanchi. Quelli che guardano di lassù fanno congetture su quanto stia accadendo nella città, […] Irene calamita sguardi e pensieri, […] è un nome di città da lontano, e se ci si avvicina cambia».[1]
di Barbara Galli
Quando si pensa a un museo siamo istintivamente portati a immaginare alcuni prototipi quali il Guggenheim, gli Uffizi, il Louvre, il British Museum solo per citarne alcuni. Essi si configurano nella nostra mente come Wunderkammern, camere delle meraviglie, dove si materializzano le opere che abbiamo ammirato nei testi di Storia dell’arte. La nuova definizione di museo stilata il 24 agosto 2022 a Praga durante l’Assemblea Generale Straordinaria di ICOM sembra riprendere questa cultura immaginifica: «il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che effettua ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Operano e comunicano eticamente e professionalmente e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze».[1]
di Augusto Ciuffetti
Quelle delle aree interne da rigenerare[1], dei piccoli paesi invisibili[2] posti in spazi marginali alla ricerca di un possibile futuro, di una montagna - nello specifico la dorsale appenninica - ripetutamente colpita da disastri naturali (terremoti e alluvioni), che si sommano alle crisi sociali generate dalla perdita continua di abitanti e da processi come l’invecchiamento della popolazione sono, ormai, delle questioni di “lungo periodo”. di Rossella Del Prete Un’occasione importante quella organizzata a Roma dal MIBACT lo scorso febbraio: per la prima volta nella storia italiana, si è tenuta una giornata degli Stati Generali delle Imprese Culturali e Creative allo scopo di rafforzare le sinergie tra patrimonio culturale e settore produttivo. Tutto è nato da una call lanciata dal MIBACT che chiamava a raccolta le imprese (quelle “profit”, non quelle “no profit”!!![1]) per accompagnarle nella redazione di migliori business plan per il settore culturale e creativo. Di fatto, la ragione principale di tale convocazione stava nella necessità di divulgare meglio il bando Invitalia Cultura Crea, cercando di fare il punto della situazione sul suo andamento e di capire come affinare gli strumenti di finanziamento in favore delle imprese culturali messi a disposizione dal PON Cultura. di Patrizia Asproni
Con l'intenzione di studiare un modello sostenibile, il sistema culturale a guida Mibact ha scelto coraggiosamente di guardarsi allo specchio, dando vita ad un percorso condiviso con la convocazione degli Stati Generali delle Imprese Creative e Culturali. Se il format è noto, la formula "impresa" esige (ed è questo il primo obiettivo) il più elevato grado possibile di concretezza, non esaurendo la sua funzione nella stimolazione del dibattito, ma puntando piuttosto a diventare design di strategie realmente integrate. di Rossella Del Prete
“si perdoni a un povero studioso di storia questo grido di artista!” «La ricerca storica è per me uno spazio di gioia e di passione intellettuale. Provo sempre un brivido prima di entrare in un archivio o in una biblioteca: cosa troverò? […] Che fortuna aver potuto leggere tante storie interessanti, alcune divertenti, altre da far gelare il sangue, alcune sorprendenti, altre familiari…» [N. Zemon Davis, La passione della storia, 2007, p. 174]. Quarant’anni fa, nel 1957, Luciano Bianciardi pubblicava Il lavoro culturale, per i tipi dell’Universale Economica Feltrinelli.
Bianciardi era ben noto al pubblico dell’intellighenzia militante di quegli anni, per la sua intensa attività culturale, svolta nell’ottica di un impegno civile e politico già profuso in altri suoi libri. Ne Il Lavoro culturale l’Autore affidava uno dei primi resoconti critici della generazione del dopoguerra a due personaggi, opposti quanto complementari: Luciano Bianchi, calciatore mancato e antifascista, ed il fratello Marcello, intellettuale militante di provincia. di Verdiana Perrotta
Tomaso Montanari, storico dell’arte e docente di Storia dell’Arte Moderna all’Università Federico II di Napoli, è da sempre impegnato nella riappropriazione del sapere critico della storia dell’arte, irretita ormai da diversi anni nell’industria dell’intrattenimento culturale e vittima e strumento dei media e della politica. In sole 150 pagine affronta uno dei dibattiti contemporanei più accesi sul bene comune, rispondendo alle domande più frequenti e preoccupandosi, ancor prima d’intervenire con il proprio personale parere, d’informare il pubblico sul perché della sua presa di posizione. di Erika Diomede
INTRODUZIONE Negli ultimi decenni, i festival e gli eventi si sono diffusi tanto da essere attualmente considerati uno dei settori dell’industria ricreativa in più forte crescita, e tra le tre principali categorie di attrazioni turistiche, insieme a quelle ambientali e permanenti [Getz 1991, Li e Petrick 2006]. I festival sono stati trasformati dunque da semplici occasioni ricreative a veri e propri strumenti strategici nelle mani delle Destination Management Organizations (DMOs) [Quinn, 2005]. Gli eventi culturali hanno attirato la crescente attenzione di ricercatori di diverse discipline quali l’antropologia, la psicologia, la sociologia e l’economia. Questa diversità dell’approccio alla ricerca è principalmente dovuta alla natura polivalente dei festival. Da un punto di vista turistico, infatti, le destinazioni sviluppano e promuovono questo genere di eventi per attirare turisti e stimolare, di conseguenza, la rigenerazione urbana, lo sviluppo di infrastrutture e l’occupazione [Richards, 2001]. Inoltre, i festival offrono l’opportunità di preservare e diffondere il patrimonio culturale del luogo ospitante, e rafforzano i legami sociali, l’orgoglio locale e l’identità culturale della comunità [Turner 1982, Besculides et al. 2002]. |
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