di Madison U. Sowell
Quando, alla fine degli anni ’70, da dottorando in lingue romanze all’Università di Harvard, sposai Debra Hickenlooper, una storica della danza, non potevo immaginare che a un certo punto della mia carriera accademica avrei spostato il focus della mia ricerca da Dante alla danza.1 Né mi rendevo conto che io e Debra saremmo diventati nel giro di pochi anni appassionati collezionisti di iconografia della danza precedente il 1870 e che una delle nostre aree privilegiate sarebbe stata il balletto ingiustamente trascurato che ha avuto luogo durante il Secondo Impero francese (1852-1870), in particolare la storia che di esso mostrano molte cartes-de-visite photographiques (biglietti da visita fotografici) di ballerine e ballerini. La mania del collezionismo iniziò in modo alquanto innocente, allorquando ricevemmo come regalo di nozze da un’eccentrica zia che commerciava in antiquariato una bella litografia del XIX secolo di Marie-Alexandre Alophe (1812-1883). Colorata a mano, la piccola stampa raffigura una vivace scena di danza di società e io la trovai affascinante.
di Barbara Galli
Quando si pensa a un museo siamo istintivamente portati a immaginare alcuni prototipi quali il Guggenheim, gli Uffizi, il Louvre, il British Museum solo per citarne alcuni. Essi si configurano nella nostra mente come Wunderkammern, camere delle meraviglie, dove si materializzano le opere che abbiamo ammirato nei testi di Storia dell’arte. La nuova definizione di museo stilata il 24 agosto 2022 a Praga durante l’Assemblea Generale Straordinaria di ICOM sembra riprendere questa cultura immaginifica: «il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che effettua ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Operano e comunicano eticamente e professionalmente e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze».[1]
di Augusto Ciuffetti
Quelle delle aree interne da rigenerare[1], dei piccoli paesi invisibili[2] posti in spazi marginali alla ricerca di un possibile futuro, di una montagna - nello specifico la dorsale appenninica - ripetutamente colpita da disastri naturali (terremoti e alluvioni), che si sommano alle crisi sociali generate dalla perdita continua di abitanti e da processi come l’invecchiamento della popolazione sono, ormai, delle questioni di “lungo periodo”.
di Rossella Del Prete
Questo numero de Il Giornale di Kinetès vede la luce molto in ritardo rispetto alla scadenza prevista. Le motivazioni sono diverse, alcune molto personali, altre di natura tecnica, ma tutte tali da giustificare molto seriamente il vuoto degli ultimi mesi. Ce ne scusiamo immensamente: con i nostri lettori e con gli autori e le autrici dei contributi raccolti in questo numero, innanzitutto; con tutti i nostri preziosissimi collaboratori, poi.
di Candida Carrino
Quest'anno l’Archivio di Stato di Napoli a pieno titolo si è inserito nelle Giornate Nazionali di ApritiModa 2020, incontro tradizionalmente destinato alle maisons della moda che aprono le loro case per incontrare il pubblico. L’invito della manifestazione che si è tenuta nelle giornate di sabato 24 e domenica 25 ottobre era: “Vieni a scoprire dove nasce il saper fare italiano”. E chiaramente per gli organizzatori della manifestazione i luoghi nascosti e segreti non potevano che essere riferibili esclusivamente a quelli delle firme della moda italiana: Fendi, Caraceni, Trussardi, Zegna, Furla per citarne solo alcune. Non è stato semplice convincerli che l’Archivio di Stato di Napoli poteva trovarsi a suo agio tra Antonio Marras e Aspesi, così come con tutti gli altri. Proprio perché il nostro saper fare di oggi, il genio e la creatività affondano le radici in un passato che i nostri documenti narrano, a saperli leggere. Le storie e i racconti sono del tutto simili a quelli della modernità e costituiscono il punto di partenza di quella nostra capacità e perizia, che ci ha visto e che ci vede primeggiare in tutto il mondo.
di Aglaia McClintock La Via Appia, la regina viarum, in primo luogo ci costringe a visualizzare il paesaggio che essa struttura. In un celebre capitolo di Notre-Dame de Paris, “Questo ucciderà quello” (“Il libro ucciderà l’edificio”, “La stampa ucciderà la Chiesa”, “La tipografia ucciderà l’architettura”) Victor Hugo faceva osservare che l’architettura è stata la prima grande scrittura dell’umanità, dai dolmen, alle piramidi, ai templi, alle cattedrali gotiche. Sino al XV secolo e alla scoperta della stampa, l’architettura è stata il grande libro dell’umanità, la principale espressione dell’uomo attraverso i diversi stadi di sviluppo, sia come forza, sia come intelligenza. I monumenti di pietra sono il modo più naturale e duraturo per “iscrivere nel suolo” la memoria, quando “la parola, nuda e instabile” rischierebbe di perdersi lungo il cammino. Per Victor Hugo:
di Raffaella Salvemini
“Là, nei giorni quieti, il mare è tenero e fresco, e si posa sulla riva come una rugiada. Ah, io non chiederei d’essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei d’essere uno scorfano, ch’è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell’acqua” (Elsa Morante) Quando la Morante scrisse L’isola d’Arturo (1957) non pensava che Procida potesse diventare Capitale Italiana della Cultura 2022. Eppure in questa partita mi piace pensare alla metafora dello “scorfano” che non rinuncia alle sue peculiarità e accetta la sfida. A ben vedere, il progetto culturale dall’ambizioso titolo “la cultura non isola” non confligge affatto con la sua stessa complessa identità ovvero di microcosmo inserito da sempre in un ampio sistema di scambi via mare.
di Arianna Petricone, Martina Ramella Gal
Il sito seriale «I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)» è iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO dal 25 giugno 2011 [1]. Comprende le più significative testimonianze monumentali longobarde esistenti su tutto il territorio italiano, laddove si estendevano i domini dei più importanti Ducati Longobardi. I Beni compresi nel Sito sono, ognuno per la propria tipologia, il modello più significativo o meglio conservato tra le numerose testimonianze diffuse sul territorio nazionale e rispecchiano l’universalità della cultura longobarda nel momento del suo apice. Ne fanno parte: l’area della Gastaldaga e il complesso episcopale a Cividale del Friuli (UD); l’area monumentale con il Monastero di San Salvatore - Santa Giulia a Brescia; il Castrum con la Torre di Torba e la Chiesa di Santa Maria Foris Portas a Torba e a Castelseprio (VA); la Basilica di San Salvatore a Spoleto (PG); il Tempietto del Clitunno a Campello sul Clitunno (PG); il Complesso di Santa Sofia a Benevento e il Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo (FG).
di Guido Borà
La crisi economica causata dall’emergenza sanitaria da Covid-19 sta colpendo duramente le economie a livello globale sia in termini congiunturali sia in termini tendenziali. In tutti i Paesi, specie a vocazione turistica come quelli nell’area del Mediterraneo, si prevede una contrazione severa del PIL nel 2020. Il World Travel & Tourism Council (WTTC) [1] stima una contrazione del contributo del comparto viaggi e turismo al PIL. A doppia cifra nei Paesi dipendenti in percentuale maggiore dal turismo e dai flussi esteri: Croazia -21,3 punti percentuali (p.p.), Cipro -12,3 p.p., Malta -11,9 p.p. e Grecia -11,6 p.p. In altri, dove sistemi economici sono di dimensioni maggiori, la contrazione sarà minore sebbene essa sia di un’ampiezza mai verificatasi prima d’ora negli anni dopo la Seconda guerra mondiale. Spagna -7,4 p.p., Italia -5,4 p.p. e Francia -4.5 p.p. (vedi Figura 1). In questo difficile contesto, nell’ambito del quale interi comparti economici rischiano di uscire fortemente ridimensionati, le città d’arte e di cultura stanno pagando il tributo più pesante.
di Giulio Baffi
La grande auto nera e solenne che attraversa la città silenziosa. Al lato due file di motociclette della Polizia Urbana della capitale. I pochi passanti sui marciapiedi della insolitamente deserta Via del Corso si fermano e salutano. Qualcuno fa il segno della Croce, qualcuno si lancia nel gesto di un saluto familiare, quasi allegro, ma trattenuto e appannato dalla malinconia. Forse avrebbe avuto piacere a vedere la sua amata città in questa sua ultima passeggiata, ricordando gli applausi a cui era abituato, i sorrisi, le strette di mano, le richieste di selfie che sempre ed in gran quantità gli riservava quel suo pubblico, amato e riamato con la passione dei prediletti. |
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