di Alba La Marra Tenebre: catacomba o mare aperto? Volti velati, corpi di argilla nera. I contorni sono sfumati, la nebbia del limite ammanta tutto e costringe a guardare oltre, tra un aldilà rassicurante e un aldiquà che fa rabbrividire. È un buio che rivela. Sì, ma cosa? Un Purgatorio di anime in carne e ossa e di resti di uomini e donne che furono, accomunati da una visione terrena e ultraterrena allo stesso tempo, che è metafora e monito, realtà e sogno: è l’idea della solitudine che attanaglia, è lotta all’oblio, è una carezza alle anime abbandonate, ai corpi mai ritrovati, alla sofferenza senza voce. Purgatorio, mostra personale di Emanuele Scuotto a cura di Azzurra Immediato, è una lettura metaforica del presente, visto attraverso la lente di un immaginario molto potente, ricco di simboli e astrazioni, quale è il culto napoletano delle cosiddette “anime pezzentelle”. Una serie di volti accoglie chi entra nella black room dell’installazione: sono velati, nascosti agli occhi perché non più in vita e nascosti al cuore perché dimenticati. Si dice, infatti, che si muore davvero solo quando di noi si perde del tutto la memoria: per questo le capozzelle – che, nella visione dell’artista, si trasformano dai teschi venerati dai fedeli a volti di terracotta dalle sembianze appena accennate – attraverso il sogno, chiedono di essere “adottate”: colui che lo farà se ne prenderà cura, le trasformerà in persone di famiglia, con un nome, una storia, una vita da continuare anche nell’oltretomba. Non lo farà, però, in maniera disinteressata: il devoto in cambio otterrà una grazia semplice (per quelle complesse ci si rivolge ai santi), in un do ut des del quotidiano, delle piccole cose, che lega i vivi ai morti a doppio giro, in una città dove il confine tra i due mondi non è mai netto. Ed ecco che tra i volti modellati ne troviamo alcuni diversi, che brillano di quell’attenzione che li ha sottratti all’oblio. Sono gli adottati, i prescelti, coloro che sfuggiranno alla dimenticanza. Perché, a quanto pare, neanche nella morte siamo tutti uguali. A terra donne, uomini, fanciulli in argilla nera che chiedono aiuto, ancora vivi, forse per poco. Le braccia alzate al cielo, il volto serafico, il grido silenzioso: lo scultore non si compiace del dolore, non lo mostra ma lo sublima, e a noi che lo guardiamo arriva più forte che se urlasse. Per vedere il volto di chi sta annegando dobbiamo chinarci, dobbiamo avvicinarci, dobbiamo provare quell’empatia che quasi sempre gli è negata. Chiede aiuto, in cambio solo della salvezza della propria vita e, soprattutto, della nostra umanità perduta. Questa volta la fossa comune, quella da cui ha avuto origine l’antico culto, non è una catacomba ma il Mediterraneo, il Mare Nostrum divenuto terra di nessuno, enorme tomba dei nostri giorni. Si avverte un senso di straniamento, entrando nello spazio buio della mostra: addosso a chi osserva piomba la solitudine dei volti che implorano ricordo, muti; si percepisce il dramma di coloro che implorano aiuto, dignitosi. I primi spesso lo otterranno, i secondi, troppo spesso no. E se Napoli, città-mondo, è il palcoscenico perfetto per questa narrazione, le opere di Emanuele Scuotto ne sono le più adatte protagoniste. Le sue sculture sono plasmate nella tradizione che incontra la contemporaneità: egli si ispira all’arte popolare – un’arte senza inganno né trucco, sosteneva Mirò –, si lascia ispirare dall’arte barocca – a cui sottrae la drammaticità teatrale – e si confronta col quotidiano. Attraverso il suo dna marcatamente napoletano – privo, però, di qualsivoglia stereotipo o accenno di folclore – il nostro artista si addentra nelle profondità dell’esistenza umana e si racconta e racconta di luce e d’ombra, di inquietudine e bellezza, di dolore e rinascita: tutto ciò che potrebbe scomparire nella fretta del quotidiano rimane impresso nella materia e si trasforma in tasselli di memoria. Emanuele osserva, interiorizza e rielabora, alla continua ricerca di una dimensione altra da raggiungere attraverso il suo linguaggio, la sua intima urgenza, il suo pane quotidiano: la scultura. Negli ultimi, surreali tempi di pandemia, egli ha immaginato questo suo Purgatorio che ha, però, radici più lontane, degne di essere raccontate: così, la OFF Gallery di Napoli – un insolito spazio espositivo nel cuore della città, carico di memorie e suggestioni, dove il passato che affiora accoglie gli artisti contemporanei con sorprendente accondiscendenza – ospita le opere che ne costituiscono la genesi: un San Gennaro che alza gli occhi al cielo perché stanco delle solite miserie; una Santa della Luce ritratta in atteggiamento fiero e combattivo, carico di speranza; il mistero, sfuggente e sensuale, di una donna velata; e un’altra donna ancora, amata da sempre e per sempre. Sono le sculture di Terra mia, già presentate in occasione della mostra Virginem=Parthena del 2019; a queste si aggiungono una Testa sognante (evidente richiamo alla tematica del sogno, elemento fondamentale nel racconto del culto delle anime pezzentelle) ed il Pulcinella velato, opera del 2009, chiaro riferimento al Cristo velato del Sanmartino – che, tra l’altro, si trova vicinissimo alla OFF - ma in cui “l’ironia vince sulla storia, e il divertissement – ilare e scherzoso – sulla pesantezza della tragedia” (Luca Beatrice in SCU8 Maninarte). Un secondo momento, dunque, in un secondo spazio espositivo, che completa la narrazione principale e offre ulteriori elementi di riflessione all’attento spettatore, catapultato in una visione del sotto e del sopra, del mondo e dell’ultramondo chiamati in causa, dal nostro artista, nello stesso momento, come a volerli trasformare in un inscindibile tutt’uno. La mostra Purgatorio di Emanuele Scuotto a cura di Azzurra Immediato, è stata allestita per tutto il mese di Dicembre 2021 in due luoghi espositivi molto differenti tra loro, a voler riprodurre la duplice dimensione del sotto/sopra del mondo: una project room “in superficie”, creata in NABI Art Gallery presso NABI Interior Design (Via Chiatamone 5a, Napoli) e uno spazio espositivo “nel sottosuolo” che si inabissa nella Napoli ipogea, presso la OFF Gallery (Via Raimondo de Sangro di Sansevero 20, Napoli) Il catalogo, con i testi di Azzurra Immediato, Alba La Marra e Stefano De Matteis, è stato presentato in occasione del finissage della mostra.
Comments are closed.
|
Archivio
Gennaio 2023
Categorie
Tutti
Scarica qui i numeri completi della Rivista
|
Tutti i diritti sono riservati © Kinetès-Arte. Cultura. Ricerca. Impresa. 2016 |
|