di Lucia Cammarota La Digital Revolution sta cambiando il mondo. Se Giacomo Leopardi ci metteva in guardia dalla fiducia cieca nelle “magnifiche sorti e progressive”, non possiamo che rimanere affascinati di fronte all’esperimento fantascientifico (e inarrestabile) di Elon Musk sull’interfaccia brain-computer, o di fronte agli occhiali intelligenti Orion, tanto voluti da Mark Elliot Zuckerberg, che sostituiranno lo smartphone, mentre la Banca Centrale Europea, basandosi sulle nuove piattaforme di blockchain, immetterà sul mercato il denaro digitale in un mondo dove anche le cose prendono vita grazie all’Internet of things. Nuove paure ma anche infinte opportunità: per il lavoro, per la vita stessa. Il futuro, in cui comunicheremo con i computer attraverso interfacce neurali, riceveremo informazioni direttamente sulle lenti dei nostri occhiali e trasformeremo l’intenzione di pagare in azione con un solo clic, è alle nostre porte. Tuttavia, questo futuro non ci deve spaventare, finché sarà l’uomo a costruirlo. La frenetica e incessante evoluzione della società contemporanea si erge sui pilastri dell’informatica e delle telecomunicazioni, aprendosi a un dedalo di applicazioni in cui prevale il bene immateriale, l’informazione appunto. L’identità, la più intima caratterizzazione dell’unicità di ciascun individuo, è essa stessa trasformata in elemento digitale, in quel tratto biometrico quale risultante della misurazione delle più disparate forme di espressione macroscopica del nostro DNA, come ipotizzava Alphonse Bertillon[1] fondatore dell’antropometria. A distanza di più di un secolo, la biometria si afferma oggi come la più sicura e inequivocabile certificazione della nostra reale identità, come testimoniano Anil Jain e Arun Ross nel loro trattato sulla biometria[2], e per questo candidata ad essere alla base di qualunque richiesta o concessione di servizio nell’era digitale. Ne consegue che noi stessi siamo un dato informatico, o meglio un’intera base di dati densa di informazioni, come ben sanno i fondatori di business basati sulla profilazione degli utenti, del loro modo di essere e di comportarsi. È un’era straordinaria. Siamo nel digitale, e ne abbiamo contezza, così come siamo ben consapevoli della nostra profonda riluttanza a rinunciare alla penna e alla carta, al piacere di scrivere una lettera di proprio pugno, di vedere il nostro pensiero materializzarsi e imprimersi su un foglio, a mano a mano che l’inchiostro ne permea le fibre. Pur in una dicotomia apparente del tempo, passato e futuro convivono e si completano, come in un naturale rapporto padre-figlio, sano e indissolubile, seppur a tratti conflittuale. Certi incroci sono decisivi: ne emerge l’evidenza solo in seguito, strada facendo. E così, guardandoci alle spalle, ritroviamo nel passato i semi da cui è germogliato il nostro presente, quale sintesi di contributi straordinari quali la macchina di Touring[3], le basi della teoria dell’informazione gettate da Claude E. Shannon[4], o la trasmissione del primo segnale Internet dalla Pennsylvania a Pisa quel giorno di fine aprile del 1986. Dietro l’angolo, non più due computer che dialogano tra loro, ma un mondo connesso e senza confini, aperto e competitivo, con impatti socio-economici imprevedibili: tutti, ovunque si trovino, possono proporre informazioni, dove sarà difficile distinguere tra il vero e il falso. Il pianeta a portata di clic, contatti potenzialmente infiniti. La possibilità di accedere continuamente ci fa dimenticare che ogni volta forniamo i nostri dati. Il pericolo è la manipolazione. Con il rischio di rimanere chiusi in una sorta di bolla, “the filter bubble”[5], acquisendo informazioni create a propria misura dagli algoritmi. Oggi consumiamo più notizie e le digeriamo più rapidamente. E il nostro appetito non fa che aumentare. I nuovi strumenti impongono di preferire foto e brevi video ai testi. Benché questa tendenza sembri semplicemente seguire il motto secondo cui un’immagine vale più di mille parole, trova scientificamente un riscontro nello studio di Potter et al., secondo cui al cervello servono non più di 13 millisecondi per elaborare un’immagine[6]. La comunicazione immediata è dunque la forma del nostro tempo. Non a caso Italo Calvino associava il futuro al dio Mercurio, insieme lieve, creativo, profondo e veloce[7]. Di fronte ad uno scenario simile, la domanda che ci poniamo è chiara: “Come gestire il cambiamento, senza esserne travolti?”. Ogni nuova scoperta, infatti, non è scevra da insidie che, nel caso specifico, si concretizzano nell’essere esposti al diverso e nella naturale conseguenza che da tempi ancestrali questo produce nell’animo umano, vale a dire la paura. Sebbene questo meccanismo istintivo basato sull’alterità fortemente radicato nei bambini venga rimpiazzato da un diverso modo di formare il pensiero negli adulti, cioè il meccanismo del reward, come viene definito su Popular Science[8], esso rimane latente e spesso si risveglia quando la cultura dello stereotipo prende il sopravvento. In che modo questo fenomeno sia connesso con il filo conduttore del nostro discorso, il lavoro, è presto detto: basti richiamare alla mente il legame lavoro-libertà per capire come l’ampliarsi della platea rappresentata dagli altri si traduca nella paura di una riduzione delle opportunità di lavoro e conseguentemente della propria libertà. Ma se non per tutti i mali esiste una cura, questo nello specifico ne ammette una, che è da tempo immemore la più potente di tutte: la conoscenza. La conoscenza rappresenta, quindi, la chiave di volta su cui poggiare meccanismi che ci permettano di trasformare le difficoltà in opportunità. Jeffrey Sachs, nel suo libro America 2030[9] , pone l’accento sulle misure da intraprendere per far fronte a una rivoluzione tecnologica, individuando tre aspetti fondamentali: a) redistribuzione del reddito, b) incremento del tempo libero da reinvestire, c) formazione. Federico Butera propone una visione diversa e individua nella quarta rivoluzione industriale tre pilastri: 1) grow the pie, 2) progetti esemplari, 3) partecipazione. Dal suo saggio[10], inoltre, emerge il ruolo che la formazione deve avere nel governo di questa rivoluzione tecnologica, cosicché l’Intelligenza artificiale non sostituisca l’uomo, ma rimanga effettivamente al suo servizio. Il focus del discorso va spostato, quindi, su quello che è l’elemento principe alla base della conoscenza, vale a dire la formazione. Occorre però che il processo di formazione ricalchi fedelmente il funzionamento dei sistemi operativi informatici ossia quello di set-up e loop: in una sua prima fase (set up) il ciclo formativo deve fornire una conoscenza trasversale e multidisciplinare mentre, nella seconda, come un ciclo continuo (loop), implementare il modello del lifelong learning, secondo cui il processo di apprendimento e formazione dura per tutto l’arco della vita dell’essere umano. Nel solco del pensiero secondo cui il nuovo deve essere motivo di crescita ed evoluzione, piuttosto che di paura, il settore turistico deve cogliere quest’occasione per generare nuove figure professionali che vadano ad affiancarsi a quelle tradizionali ormai ben note, quali la guida turistica, la guida alpina, l’accompagnatore e l’animatore turistico, senza però soppiantarle. Ecco, quindi, che dalla sintesi dell’iper-connessione data da internet e dal concetto dello user profiling, nasce il travel designer, cioè quell’operatore turistico che, sfruttando appieno le sue competenze digitali e una dettagliata conoscenza delle preferenze del cliente, è in grado di progettare non un viaggio, ma un’esperienza altamente personalizzata, dove il viaggio diventa un abito di raffinata sartoria cucito addosso alla persona. Per raggiungere quest’obiettivo, il travel designer opera in perfetta sinergia con il travel organizer, che fruendo dei servizi offerti dalle Online Travel Agency (OTA), è in grado di curare, mediante una serie di clic, tutti gli aspetti del viaggio legati alla sua costruzione e commercializzazione. Tuttavia, ancor più numerose e disparate sono le figure professionali che portano l’utente in modo palese o incognito a contatto con il travel designer. Un travel influencer unisce la sua personale passione per i viaggi a una spiccata capacità di storytelling per farne una figura professionale altamente strategica in termini di web marketing e social media. Saper creare, gestire e analizzare campagne sul web è di primaria importanza per qualsiasi impresa, di qui l’esigenza dell’Online Advertiser, professionista della pubblicità online, specializzato in campagne marketing su Google, Facebook, Instagram e altri. Per questa figura professionale, Seo Specialist, Sem Specialist, Web master e Web designer, Web developer e Web content manager, Social Media Manager, Digital PR e Digital strategist, ma anche ingegneri informatici, matematici e statistici (specie per l’analisi dei Big Data), costituiscono necessari e validi alleati. Si parte progettando il sito e le applicazioni web, curando gli aspetti estetici e funzionali dello stesso, anche per renderli facilmente fruibili da qualsiasi dispositivo (web designer), per arrivare allo sviluppo vero e proprio della piattaforma, in modo da sviluppare il codice sorgente e ottimizzarlo (web developer). Si pensi a chi gestisce il sito web, occupandosi della manutenzione, dell’aggiornamento, della risoluzione dei problemi tecnici, della scelta del rinnovo dell’hosting e dei servizi come la posta elettronica (web master) o la cura dei contenuti: dalla scrittura, secondo le logiche SEO, all’editing di foto e video, alla conoscenza delle newsletter e dei social (web content manager). Il web, tuttavia, rappresenta solo il primo sviluppo embrionale del turismo digitale. Esso ha rappresentato solo il preludio di quel processo di evoluzione continuo che vede come punto di arrivo ultimo la totale dissoluzione di quel velo che separa il materiale dal digitale, il reale dal virtuale. Nonostante essa sia diventata ormai un fenomeno pervasivo, la realtà virtuale ha emesso il suo primo vagito a metà degli anni ’80, quando Jaron Lanier[11], fondatore della VPL Research, ha coniato il termine. Col suo lento avanzare, la realtà virtuale è arrivata a lambire anche il settore del turismo. Second Life, fondata nei primi anni del 2000 da Philip Rosedale è un mondo completamente virtuale, come spiega Cory Ondrejka nel suo articolo[12], dove ciascun individuo crea un proprio avatar, vive una seconda vita e adotta una specifica moneta, il Linden. Questa piattaforma ha riscosso un successo tale da raggiungere una popolazione di milioni di avatar, al punto che molti professionisti hanno aperto attività virtuali, le banche hanno cominciato a convertire i Linden in dollari, materializzando una ricchezza originariamente del tutto virtuale. In che modo, questo fenomeno ha interessato il turismo? Sono stati ricostruiti interi siti e il mondo virtuale è diventato talmente grande ed esteso, che sono nate agenzie di viaggi, dove un tour operator virtuale accompagnava i visitatori alla scoperta delle meraviglie di questo mondo. Tuttavia, la piattaforma ha poi conosciuto un lento declino, dimostrando che il virtuale da solo non è in grado di carpire e mantenere vivo a lungo l’interesse dei visitatori, al pari di bellezze reali e concrete come le ville pompeiane. Ne consegue che, laddove l’antitesi ha decretato il fallimento di un progetto, la sintesi ha invece rappresentato una soluzione vincente, in una forma oggi sempre più diffusa: la realtà aumentata[13]. Il mondo reale si arricchisce di contenuti e informazioni fruibili da parte dell’utente in modalità immersiva con dispositivi sempre più leggeri e avvolgenti. Gli occhialini di Google e i caschi see-through sono solo degli esempi. Ancora una volta, la tecnologia è terreno fertile per la nascita di nuove figure professionali, legate allo sviluppo e alla creazione dei contenuti. L’Immersive Reality Modeler non è un mero disegnatore, ma autentico progettista, mentre l’Haptic Interface Designer è uno specialista della progettazione di interfacce in grado di fornire feed-back sensoriali. Si dice da sempre che l’Italia potrebbe e dovrebbe essere il giardino del turismo internazionale. Ora che la stagione del virus ha azzerato tante attività e si può ripartire su basi nuove, l’occasione è unica. Irripetibile. L’Italia, infatti, difficilmente smetterà di essere una meta che appassiona e fa sognare il mondo: è illuminante la citazione shakespeariana “La bellezza tenta i ladri più dell’oro”. Ma non per questo il settore turistico deve adagiarsi sugli allori. Anzi. Solo con un continuo sviluppo di professionalità, sempre nuove, è possibile progredire e arrivare all’eccellenza. Servono istruzione, capacità e specializzazione: studiare, studiare, studiare rimane il segreto di ogni vero successo. Le meraviglie che il Bel Paese ha da offrire non saranno quindi soppiantate da sensazionalistici mondi virtuali, ma arricchite di elementi virtuali in una sintesi armonica di progetti su cui il turismo può e deve fondare la sua ripartenza. Le premesse ci sono tutte. La creatività italiana saprà allargare gli orizzonti. E le opportunità. Note [1] M. Kaluszynski, Alphonse Bertillon et l'anthropométrie, Créaphis, Paris 1987. [2] A. K. Jain, A. A. Ross, K. Nandakumar. Introduction to biometrics. Springer Science & Business Media, 2011. [3] A. Turing, On computable numbers, with an application to the Entscheidungsproblem, Proc. London Math. Soc., 1936, 42, pp. 230–265. [4] C. E. Shannon, A Mathematical Theory of Communication, "Bell System Technical Journal", vol. 27, pp. 379–423 (luglio), 623–656 (ottobre), 1948. [5] E. Pariser, The Filter Bubble: What the Internet Is Hiding from You, Penguin Pr, 2011. [6] M.C. Potter, B. Wyble, C.E. Hagmann, E.S. McCourt, E.S., Detecting meaning in RSVP at 13 ms per picture. Attention, Perception & Psychophysics., 2014. [7] I. Calvino, Lezioni Americane, Garzanti, Milano 1988. [8] K. Baggaley, Teens Have An Edge When Learning From Rewards - The adolescent brain is setting the stage for adulthood, "Popular Science", October 5, 2016. [9] J.D. Sachs, America 2030, Sviluppo, sostenibilità e la nuova economia dopo Trump., LUISS University Press, Roma 2018. [10] F. Butera, Lavoro e organizzazione nella quarta rivoluzione industriale: la nuova progettazione socio-tecnica, L'industria, "Il Mulino" 3, 2017, pag. 291 - 316. [11] H. Rheingold, Virtual Reality. Summit Books, 1991. [12] C. Ondrejka, A piece of place: Modeling the digital on the real in second life., Available at SSRN 555883, 2004. [13] L.B. Rosenberg, The Use of Virtual Fixtures as Perceptual Overlays to Enhance Operator Performance in Remote Environments, 1992; L.B. Rosenberg, Virtual fixtures: Perceptual tools for telerobotic manipulation, Proceedings of IEEE Virtual Reality Annual International Symposium, 1993, pp. 76–82.
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