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NAMASTE /naꞏmaꞏsté/

29/1/2021

 
ilgiornaledikinetès_n5_2021_fattoruso.pdf
File Size: 2191 kb
File Type: pdf
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di Clarissa Fattoruso
 
Namasté amici lettori, un saluto dalla vostra Edwige.
Ci eravamo lasciati un po’ di tempo fa con la mia ultima avventura a Manchester, in Inghilterra.
A distanza di quasi due anni, e dopo innumerevoli altri viaggi fatti, mi ritrovo oggi a volervi raccontare della mia “spedizione" dal sapore piccante e speziato, dai colori rossi come il terriccio e dai profumi esotici intensi.
Quest’oggi, infatti, ho deciso di parlarvi del paese del Taj-Mahal e delle mucche sacre. Sto parlando, cari lettori, dell’India.
Ho deciso di farlo cominciando con una delle parole più diffuse della lingua indiana: Namasté.
Deriva dal sanscrito namas (inchinarsi, salutare con reverenza) e te (a te), e letteralmente significa “mi inchino a te”.
Gli indiani usano questa parola come noi utilizziamo il nostro “Ciao”, per accogliere o per salutare qualcuno; nello Yoga, lo avrete spesso sentito dire dal vostro maestro al termine della lezione.
Viene di solito accompagnato dal gesto di congiungere le mani, unendo i palmi con le dita rivolte verso l'alto e tenendole all'altezza del petto, del mento o della fronte, facendo al contempo un leggero inchino col capo.
Insomma, un gesto di reverenza e di accoglienza verso gli altri che, delle volte, fa un po’ girare la testa.
Se si considera che in India vive oltre 1 miliardo di persone, quanti namasté e capi chinati verranno fatti in un minuto secondo voi?
Ed inoltre, per rendere la vita un po’ più “semplice”, molti indiani utilizzano il movimento del capo per dire sí, no o forse: il loro movimento del “sì”, equivale al nostro “no”, e il loro “no” al nostro “no”, ma il “sì” può anche voler dire “forse” che può, però, sembrare un “sì”….
Chiaro, no?
(Un po’ complicato da spiegarlo a parole, guardate questo VIDEO per capire meglio di cosa parlo )
Insomma, un paese che vive di piccoli gesti e che comunica letteralmente con tutto il corpo. Perché, come il popolo italiano, anche gli indiani utilizzano i gesti delle mani per comunicare con gli altri. Se non fosse che qualche movimento è addirittura molto simile al nostro tipico “gesticolare”.
Sarà che siamo loro discenti?
Mettendo da parte per ora il modo di gesticolare indiano, torniamo a parlare della mia esperienza.
Era lo scorso Gennaio 2020, prima che venissimo tutti colpiti dal disastro Covid-19.
Forse come per molti di voi, il 2020 sembrava dover portare grossi cambiamenti nella mia carriera e nel mio futuro. Nuovi viaggi, un nuovo stile di vita e persino un cambio drastico di carriera.
Sono partita, infatti, alla volta di quella che un tempo era conosciuta come la città di Bombai per studiare meglio la disciplina dello yoga e per partecipare ad un festival di danza, il Sanskar, nella città di Goa nella regione del Konkan.
Un po’ spinta anche da racconti di amici ed un po’ per curiosità, ho voluto avventurarmi, per la prima volta, verso una parte di Asia diversa da quella che avevo visto fino ad allora.
L’India, infatti, sembra essersi fermata nel tempo.
Per quanto, in realtà, sia una potenza economica in forte via di sviluppo, conserva ancora delle forti radici che si manifestano sui volti dei suoi abitanti e sulle loro usanze.
Dagli Hindu che vivono sui cigli delle strade, alle mucche che paralizzano il traffico “siestando” nel bel mezzo della strada. Dalle partite sfrenate di Cricket alle danze dei mudra o delle mani (vedi VIDEO).
Foto
Foto scattata nel parco Oval Maidan durante una partita di cricket
Per quanto riguarda la città di Mumbai, questa ha un’anima estremamente frenetica. Tutto si muove ad un ritmo impressionante, nel quale rischi di perderti se non stai al passo.
Contro il parere di alcuni amici del posto, ho voluto avventurarmi da sola nella città spostandomi con la metropolitana urbana.
Nonostante viaggiare su un taxi sia più comodo ed economico (un viaggio in taxi di 1 ora è costato circa 10 Euro), il viaggio in treno era, per me, un’esperienza di vita quasi indispensabile.
I vagoni dei treni sono rigorosamente divisi per sesso, e guai a sbagliare!
I vigilantes di turno, o controllori, sono infatti molto attenti affinché questa regola venga rispettata.
L’india, purtroppo, vanta la fama di essere un luogo particolarmente pericoloso per una donna. Ma, per fortuna, sembra che questo problema si stia pian piano risolvendo.
Per ritornare al nostro bel treno, le porte del vagone restano sempre aperte durante il tragitto, per favorire il ricambio d’aria, data la forte umidità della metropoli.
C’è da aggiungere che non c’è limite di passeggeri: infatti entrano solo i più scaltri e fortunati. Avete presente quelle scene da Youtube dove sono tutti ammucchiati in ogni angolo disponibile del vagone? È esattamente quello di cui vi stavo parlando.

Foto
foto © vistodalbasso.it
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Ecco invece una foto che ho scattato da un vagone treno a Mumbai.
Consapevole di questo, mi sono infilata nel vagone rosa riservato a noi donne. Ho attraversato la città da Nord a Sud per andare a vedere uno dei simboli dell’ex impero britannico: il Gateway of India (Portale dell’India).
Eretto in onore del Re Giorgio V d’Inghilterra, è un enorme arco situato su una banchina, nelle vicinanze del quale c’è un piccolo traghetto che, per pochissime rupie, ti porta verso il sito UNESCO delle Cave di Elephanta.
Foto
Foto del Dio Indù Ardhanarishvara ad Elephanta. Una forma androgina composita dal Dio Shiva e la sua consorte Parvati.
L'isola è situata su un braccio del Mar Arabico, ospita due gruppi di grotte, il primo dei quali è composto da cinque grotte indù, il secondo da due grotte buddiste. Le grotte indù contengono diverse sculture in pietra e rappresentano il simbolismo religioso e spirituale della setta indù Shaiva, dedicata al dio Shiva.
Foto
Ah, dimenticavo: attenzione alle scimmie! Sono diventate ladruncole professioniste… colpa del turismo di massa che affolla l’isola.
Se siete appassionati di grotte, vi consiglio di dare un’occhiata anche alle bellissime grotte millenarie di Kanheri, situate a pochi km dalla città, raggiungibili facilmente in treno o in taxi.
Foto
Eccomi alle prese con una posa da Yogi. Foto scattata gentilmente dalla mia guida Anuj.
Se poi siete amanti di spezie e del buon cibo orientale, a Mumbai andrete sul sicuro: dal Pag Bhaji, soffici panini al latte tostati da intingere in un sugo molto denso a base di verdure, al dolcissimo Jalebi, una leccornia a forma di pretzel zuccherato.
Per non parlare poi dei mille modi di cucinare e servire il riso e l’alta dose di piccante aggiunto ad ogni piatto. Insomma, amanti della cucina indiana, mangiate ed assaggiate quel che potete e attenzione allo spicy!
Prima di concludere la parte di Mumbai, voglio farvi tre piccole raccomandazioni:
1)      Fate un’enorme scorta di enterogermina e prendete TANTI TANTI probiotici per l’intero mese precedente la vostra partenza.
2)      È risaputo che l’acqua in India è piena di batteri, perciò state alla larga da tutti gli alimenti NON cotti, come ad esempio insalata e frutta.
3)      Siate cordiali e troverete TANTA cordialità!

SANSKAR 
Ed ora torniamo al motivo principale della mia visita: il Sanskar Festival.
Sanskar nasce nel 2019, da un’idea di Rakesh Sukesh e Narendra Patil.
Il Festival è un insieme di collaborazioni tra Paesi: Svizzera, Russia e Belgio con base in India.
Alla sua prima edizione, ha ospitato 65 ballerini da tutte le parti del mondo: tutti insieme riuniti sotto lo stesso tendone per due settimane sulle rive della città di Goa, situata sulle sponde del Mar Arabico.
L’evento, della durata di due settimane, si è tenuto all’interno di un resort, a pochi minuti dal villaggio in cui i partecipanti alloggiavano.
Per citare alcuni insegnanti della prima edizione: Roberto Olivan, responsabile del Festival Deltebre in Spagna; il Maestro David Zambrano , creatore dello style Flying Low e leggenda vivente del Floor Work; Wim Vandekeybus, direttore e coreografo della compagnia rivoluzionaria Ultima Vez. C’era anche l’italiana Vittoria De Ferrari Sapetto, insegnante freelancer di fama internazionale ed il messicano Francisco Cordova, coreografo indipendente e direttore del Festival Atlas.
Oltre a questi nomi internazionali, si sono aggiunti anche tre personalità di spicco della danza indiana: Sanjukta Sinha, Pradeep Sattwamaya e Usha Nangiar.
Anche se è stata una sfida per i partecipanti cogliere questa vasta storia in breve tempo, gli insegnanti hanno reso questo workshop coinvolgente e interessante attraverso storie e miti.
 
Rakesh Sukesh, organizzatore del Sanskar, così parla del Festival:
“Questa idea ci è venuta perché sia io che Narendra veniamo dall'India ed entrambi abbiamo viaggiato in Europa per molti anni. Ci siamo resi conto che la qualità del lavoro che c'è in Europa rispetto al Sud dell'Asia è molto diversa. Le persone che vivono in India e nell'Asia meridionale non hanno accesso alle stesse informazioni di cui dispongono i ballerini europei. I ballerini indiani non possono avere accesso a questa educazione, sia economicamente che logisticamente. Per fare un viaggio fuori dall'India devi spendere un intero anno di stipendio…Al fine di istruire le persone, abbiamo pensato ‘perché non organizzare un evento e portare gli insegnanti di alto livello in India in modo che le persone possano ottenere le conoscenze di cui hanno bisogno direttamente dalla fonte?’. Allo stesso tempo, volevamo mostrare una prospettiva diversa del mondo occidentale.”
Alla sua prima prova, Sanskar ha dimostrato subito la sua originalità e la voglia di affermarsi come evento artistico “dominante” della danza in India.
Foto
Guardate quanti eravamo!
Gli organizzatori hanno fatto un ottimo lavoro, creando un ambiente familiare e accogliente, stabilendo una scaletta di attività e classi per tutti noi studenti. Ma il momento migliore della giornata arrivava con il “lunch-break”, subito dopo le prime due lezioni mattutine.
Un’occasione, in primis, per pranzare assieme e scambiare due chiacchiere con gli altri partecipanti, ma anche un momento di relax per immergerci nelle acque calde dell’Oceano Indiano, prima di riprendere con le due lezioni del pomeriggio!
Infine, la sera, l’attimo che tutti noi ragazzi preferivamo in assoluto: un momento di raccoglimento e di comunità, un momento dove il ballerino esce dai suoi schemi e ritorna persona e dove sono nati i rapporti più belli e personali di tutto il Festival.
Così dice Irene, ballerina professionista di Torino, anche lei tra i partecipanti del Sanskar: “Sanskar... due settimane ricche di danza ed emozioni. Ho avuto La fortuna di studiare con grandi Maestri, di conoscere persone stupende e creare nuove connessioni...un’esperienza a 360 gradi in una calda e accogliente India!”
Il Sanskar è rimasto molto attivo anche nei mesi più bui del Covid, diventando una piattaforma multimediale e offrendo ad artisti emergenti l’opportunità di esibirsi online: durante il lockdown, con la proposta di “Virtual Festival”, ha permesso a molti danzatori di presentare delle proprie coreografie o improvvisazioni, auto-producendosi.
 
Aggiunge Rakesh Sukesh:
“Il Virtual Festival è un formato molto semplice. Una piattaforma in cui persone provenienti da tutto il mondo, dall'Africa al Canada, hanno potuto presentare le loro idee con le risorse a cui avevano accesso e ottenere visibilità da questa piattaforma…”
Un intenso momento di arte e di creatività! Consiglio vivamente di dare un’occhiata al sito, dove potrete trovare i video dei partecipanti, distribuiti per i 7 giorni di durata del Festival. (GUARDA LE PERFORMANCE DIGITALI)
Inoltre, ecco a voi un trailer video realizzato dall’organizzazione del Festival che racchiude la nostra avventura a Goa; ancora mi emoziona vederlo! (TRAILER DEL FESTIVAL LINK)
E ancora, il logo di Sanskar "costituito da un motivo geometrico tratto dalle scritture vediche, che rappresenta il luogo in cui far convergere l'energia universale. Ed è questo che è Sanskar. Portare le persone in un luogo in cui ognuno può imparare dall’altro, lasciando, allo stesso tempo, un'impronta potente alla comunità locale”. (Rakesh Sukesh)
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Le due settimane trascorse in India hanno segnato profondamente il mio modo di vivere e di pensare.
L’India, con la sua umiltà, le sue tradizioni, la sua energia, mi ha insegnato il valore delle cose non materiali. Ho imparato ad apprezzare la natura e i gesti di solidarietà.
Ho imparato ad aprirmi con gli sconosciuti, come ho fatto con Ooviee, una dolcissima ragazza indiana incontrata un pomeriggio in un caffè, con cui ancora oggi intrattengo un rapporto di amicizia personale.
Ho imparato ad uscire dalla mia comfort-zone da occidentale e ad adeguarmi ad un diverso stile di vita, più umile e senza grandi pretese.
Infine, ho imparato che condividere un bagno con 6 persone non è un disagio… il vero disagio, forse, è non saper condividere affatto.
​

Namaste Amici Lettori.
 
Clarissa,
la vostra Edwige

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Clarissa Fattoruso

Insegnante di Yoga, ballerina, fotografa, organizzatrice di eventi, viaggiatrice: non esiste un luogo unico per incasellare Clarissa Fattoruso, neanche geograficamente.
Campana, classe 1990, vive infatti a New York dal 2014, ma gira il mondo da sola da molto prima: fa ricerche, crea percorsi, programma luoghi da vedere e studia il modo più economico, intelligente ed interattivo per viaggiare.
Dal 2018 lo racconta nella rubrica “In viaggio con Edwige” su Il Giornale di Kinetès.
fattorusoclarissa.com
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