di Rossella Del Prete
“si perdoni a un povero studioso di storia questo grido di artista!” «La ricerca storica è per me uno spazio di gioia e di passione intellettuale. Provo sempre un brivido prima di entrare in un archivio o in una biblioteca: cosa troverò? […] Che fortuna aver potuto leggere tante storie interessanti, alcune divertenti, altre da far gelare il sangue, alcune sorprendenti, altre familiari…» [N. Zemon Davis, La passione della storia, 2007, p. 174]. di Lucrezia Delli Veneri
In un momento storico in cui i beni culturali sembrano essere appannaggio esclusivo di esperti di diritto, economia, marketing, l’attenzione rigorosamente e storicamente strutturata di Andrea Ragusa, storico dell’età contemporanea, al patrimonio culturale ed ambientale italiano, solleva un problema di cui mi sento di condividere l’assoluta gravità: la presenza cioè di un largo stuolo di umanisti (storici dell’arte, dell’economia, del sociale, ma anche archeologi, musicologi, ecc) rimasti tagliati fuori o – peggio – totalmente disinteressatisi a un contesto che, invece, dovrebbe loro forse appartenere di diritto. Quarant’anni fa, nel 1957, Luciano Bianciardi pubblicava Il lavoro culturale, per i tipi dell’Universale Economica Feltrinelli.
Bianciardi era ben noto al pubblico dell’intellighenzia militante di quegli anni, per la sua intensa attività culturale, svolta nell’ottica di un impegno civile e politico già profuso in altri suoi libri. Ne Il Lavoro culturale l’Autore affidava uno dei primi resoconti critici della generazione del dopoguerra a due personaggi, opposti quanto complementari: Luciano Bianchi, calciatore mancato e antifascista, ed il fratello Marcello, intellettuale militante di provincia. di Verdiana Perrotta
Tomaso Montanari, storico dell’arte e docente di Storia dell’Arte Moderna all’Università Federico II di Napoli, è da sempre impegnato nella riappropriazione del sapere critico della storia dell’arte, irretita ormai da diversi anni nell’industria dell’intrattenimento culturale e vittima e strumento dei media e della politica. In sole 150 pagine affronta uno dei dibattiti contemporanei più accesi sul bene comune, rispondendo alle domande più frequenti e preoccupandosi, ancor prima d’intervenire con il proprio personale parere, d’informare il pubblico sul perché della sua presa di posizione. di Claudio Bocci e Silvia Cacciatore
Le imprese culturali giocano un ruolo fondamentale all’interno della società, in quanto riflettono l’identità culturale di un Paese, nella misura in cui i prodotti che offrono rispecchiano gli abitanti di quel Paese e tutti i loro costumi, valori, contraddizioni e aspirazioni […]. Le imprese culturali aprono una finestra sul mondo […] e rappresentano una forza economica importante in virtù dei posti di lavoro che creano e del loro contributo al Prodotto interno lordo della Nazione. François Colbert, Marketing delle arti e della cultura (2009) |
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Gennaio 2023
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