di Enrica Donisi
Dagli anni Venti- Trenta del Novecento in Italia una serie di iniziative culturali dà una forte spinta agli studi musicali e alla storia della musica sotto varie prospettive: culturale, artistica, sociale, economica. Sorgono riviste specializzate. Si organizzano congressi, festival e incontri culturali[1]. In questo contesto si svolge l'attività di Alfredo Parente, critico musicale, studioso di politica, logica, estetica, letteratura ed arti figurative, e punto di riferimento per intellettuali e artisti[2], uno dei quali è Francesco Santoliquido. In questa sede, esponendo su Parente, illustrerò alcuni esempi che, mi auguro, contribuiscano a far luce sull'ambiente storico in questione; inoltre dedico ampio spazio alla produzione di Santoliquido perché, come Parente, ritengo che le sue musiche, oggi perlopiù dimenticate, meritino di essere inserite nei repertori di oggi. Alfredo Parente nasce il 4 luglio 1905 a Guardia Sanframondi. Dal 1929 è titolare di filosofia e storia nei licei. Si dimette, poi, per svolgere le funzioni di Ispettore alla sovrintendenza dell’Arte medioevale e moderna della Campania. Durante i sette anni in cui esercita questo ufficio familiarizza con tecniche inerenti alla pittura, alle arti plastiche, al restauro architettonico. Queste esperienze, stimolo per riflessioni estetiche sulle arti figurative, gli saranno utili quando si cimenterà lui stesso nella scultura. Nel 1924 avviene la svolta della sua vita, grazie all'incontro con Benedetto Croce, con il quale stringe un sodalizio sempre più profondo: per decenni Parente vive in casa Croce in una consuetudine familiare durata fino alla morte del Filosofo, che gli affida numerosi incarichi culturali e delicate missioni politiche. Durante il regime Croce subisce un progressivo isolamento; nel 1934 le autorità fasciste censurano il suo libretto Orientamenti. Egli, in una lettera inedita datata 28 maggio 1934[3] ne rivendica la legittimità della diffusione, trattandosi di una raccolta di memorie soprattutto accademiche, peraltro già pubblicate e tradotte in diverse lingue. Parente, al pari di Croce, è controllato dalla polizia; nonostante ciò, aiutato da pochi amici, organizza la corrispondenza clandestina da Napoli. Riesce a evitare il carcere, al contrario di alcuni suoi colleghi ed amici, quali Vittorio Enzo Alfieri, conosciuto in questi anni, e il musicologo Massimo Mila, con il quale il Nostro intreccia rapporti di amicizia e di scambi culturali. Durante la sua attività clandestina, Parente è tra i componenti del Comitato di Liberazione Nazionale e getta le basi per la ricostituzione a Napoli del Partito Liberale. Partecipa alle "Quattro giornate di Napoli". Caduto il fascismo attende alla riorganizzazione di quel partito. Nel 1944 fonda e dirige per sei mesi il settimanale «La Libertà». Tuttavia, pochi mesi dopo, di fatto lascia la direzione, restandone titolare, anche se a malincuore, su invito di Croce. [4] Si dimette ufficialmente il 29 luglio 1944.[5] Nel 1947 nel Palazzo Filomarino di Napoli, Croce fonda l'Istituto Italiano per gli Studi Storici, che presto conquista fama internazionale e oggi vanta una solida tradizione culturale e scientifica. L'Istituto affonda le sue radici nella Società di Cultura Politica, ideata dal Filosofo nel 1924 ed interrotta a causa della guerra, e si ispira alle direttive generali de «La Critica». Scopo dell'Istituto, inaugurato il 17 febbraio 1947, è in primis di assicurare una specializzazione ai giovani laureati. Lo stesso Croce, che negli ultimi anni della vita vi tiene alcuni corsi,[6] ne affida la direzione a Federico Chabod, il quale mantiene l'incarico fino alla morte, avvenuta nel 1960, e a Parente l'insegnamento di Filosofia e Metodologia della storia.[7] Quest'ultimo ha istruito intere generazioni di studenti, molti dei quali si sono poi imposti nel panorama culturale internazionale, fra essi si ricordano Raffaello Franchini, Giancarlo Lunati e Salvatore Onufrio.[8] Parente approfondisce il pensiero dei filosofi tedeschi.[9] È tra i primi collaboratori della rivista di Croce, «La Critica».[10] Dal 1938 al 1980 dirige la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, da lui ricostituita dopo le rovine della guerra. Compie numerosi viaggi di studio all'estero. Dal 26 maggio ai primi giorni di agosto del 1954 visita diverse città della Francia, del Belgio e dell'Olanda. Nel 1961 si reca a Stoccolma dove ha modo di constatare che la cultura italiana è ben valutata. Nel 1962 conosce Ivo Frangeš, con il quale intreccia una corrispondenza.[11] Pubblicizza il suo progetto di istituire la «Rivista di studi crociani». La sua fama presto si diffonde anche all'estero, come studioso di musica e di filosofia. Durante i 37 anni, in cui collabora con «Il Mattino», come critico musicale, fino all'8 dicembre 1976,[12] conquista la stima di intellettuali ed artisti, fa parte dell'Accademia Pontaniana,[13] del Comitato dell'Istituto Italiano per la Storia della Musica[14] e dell'Accademia S. Cecilia, della quale fa parte anche Ornella Puliti, pianista del Quartetto di Roma e moglie del musicista Francesco Santoliquido, entrambi legati a Parente da lunga amicizia, come si preciserà più avanti.[15] Parente scrive su «La Rassegna musicale», fondata e diretta da Gatti, «Roma», «Il Risorgimento liberale», «Il Giornale», «Il Messaggero», Il Gazzettino», «La Nuova Italia di Firenze» diretta da Ugo Ojetti (conosciuto da Parente durante il Primo Congresso Internazionale di musica, come si vedrà più avanti) «Il Mondo», «La Nuova Antologia», «Rassegna d'Italia», «Letterature Moderne», diretta da Francesco Flora, «Emporium», «La Scala»; «Il Saggio fiorentino», «Italyan Filolojisi» (la rivista di Ankara), affrontando argomenti filosofici, letterari, artistici e politici. Nel 1964 fonda e dirige la «Rivista di Studi Crociani», alla quale, sin dalla fase organizzativa, cerca di imprimere un carattere internazionale invitando intellettuali, filosofi, storici, letterati, anche stranieri, a offrire contributi.[16] La Rivista cessa le pubblicazioni alla morte del fondatore, per sua espressa volontà. Al 1975 si contano più di 3000 articoli di Parente. Egli continua la sua molteplice attività per altri 10 anni. Muore il 3 aprile 1985.[17] Il pensiero filosofico di Parente è esposto in maniera sistematica ne Il Tramonto della logica antica.[18] Lo storicismo ne è parte integrante perché le arti particolari (la musica, la pittura, la scultura, etc.), essendo espressioni dell'individuo, vanno collocate nel contesto storico in cui si esprimono. L'Arte, categoria entro la quale si collocano tutte le arti particolari, illumina l'uomo, in quanto è trasfigurazione dei sentimenti, quindi linguaggio. Se non si vive in un intimo travaglio individuale -grazie al quale nasce l'opera d'arte- vien fuori un qualcosa di arido, un puro esercizio tecnico. L'assenza del travaglio individuale e il mero esercizio tecnico sono le cause per cui, secondo Parente, la musica contemporanea non è arte, ma mero risultato di combinazioni di suoni e rumori che certi compositori, precipitosi e a volte senza alcuno sforzo creativo, pretendono di elevare ad opera d'arte pur di imporsi al pubblico. Anche le arti figurative contemporanee versano nella stessa crisi della musica contemporanea, giacché gli artisti sembrano impegnati esclusivamente a rincorrere un presunto rinnovamento. Parente scrive, al proposito, un articolo che, conquistato l'entusiasmo di Croce, viene pubblicato su «La Critica».[19] Essendo il frutto di un travaglio interiore, l'Arte rende libero l'uomo grazie ad un peculiare sforzo di creare, agire, volere; essa è la vittoria dell'uomo sulla banalità della vita quotidiana. La regina delle arti è la musica, per la sua natura ineffabile: è forma e contenuto insieme. Le altre arti hanno bisogno di un riferimento materiale, la musica sfugge a questa necessità. Le riflessioni sulla musica, maturate da Parente fin dagli esordi della sua attività, sono esposte in due volumi: Castità della musica e La musica e le arti. Quest'ultimo, una raccolta di saggi in parte già pubblicati, è un libro organico, il primo trattato di estetica musicale, comparso in Italia con rigore d'impostazione filosofica, come si legge nell'articolo di Luigi Ronga, dal titolo Un libro italiano di estetica musicale, articolo, questo, che inquadra il volume nella situazione della musicologia al suo tempo.[20] La Musica e le Arti viene adottato da Ronga nelle Introduzioni metodologiche ai corsi di Storia della musica nell'Università di Roma presso cui insegna ed è inserito da Croce nella «Biblioteca di Cultura Moderna» di Francesco Flora.[21] Il tramonto della logica antica e La musica e le arti sono scritti con uno stile forbito, più ricercato rispetto agli articoli, in particolare quelli destinati alla divulgazione, che sono brevi, efficaci e diretti ad un pubblico non specialistico. Spesso, nei suoi articoli su «Il Mattino», Parente distingue tre punti: lo stile, la vicenda dell'opera e l'esecuzione, offrendo così al lettore una chiarezza espositiva e ricca di contenuti. Gli argomenti spaziano nelle più diverse epoche e luoghi e offrono una visione più ampia del suo modo di intendere l'estetica e la musica. 2. IL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO Fra varie iniziative (alla maggior parte delle quali partecipa Parente) con scadenze più o meno regolari, è da segnalare, nel 1933, il Festival del «Maggio musicale fiorentino» (d'ora in poi solo Maggio).[22] All'inizio realizzato sotto il patrocinio del regime, è stato il festival di maggior prestigio. Dalla prima alla tredicesima edizione del Maggio, ossia dal 1933 al 1950, vengono organizzati sette congressi, ma a causa del periodo storico che attraversa l'Italia viene a mancare la corrispondenza annuale fra i due eventi: il Secondo Congresso, previsto per il 1935, viene sostituito con cinque convegni monotematici; il Secondo Congresso si realizza nel 1937, il Terzo nel 1938 e il Quarto nel 1939; invece dal 1940 al 1947 i congressi sono sospesi,[23] il Quinto si avrà nel 1948. Nei decenni successivi il «Maggio» resterà un punto di riferimento, nel cui ambito verranno affrontati temi interessanti, come provano gli atti pubblicati e la nota bibliografia, facilmente consultabile, alla quale rimando il lettore.[24] La prima edizione del Maggio, dall'aprile al giugno del 1933, consta di 32 manifestazioni, comprese le opere, fra queste La Vestale di Spontini, diretta da Tullio Serafin.[25] La scelta dell'opera e questa edizione ottengono il giudizio positivo di Parente. Nell'ambito del Maggio, Guido Gatti a Firenze organizza il Primo Congresso Internazionale di musica, dal 30 aprile al 4 maggio 1933. Fra gli interessanti temi affrontati, giova menzionare: La critica musicale, Diffusione della cultura musicale e scambi internazionali, Creazione e interpretazione della musica;[26] partecipano anche Parente, con una relazione su L'interpretazione musicale, Luigi Ronga, con Correnti della critica musicale europea d'oggi, e Fausto Torrefranca,che a giudizio di Parente «interloquì in modo noioso». Il Congresso, nonostante ospiti nomi di prestigio, anche stranieri, non soddisfa Parente: "gli stranieri o non parlarono o si mostrarono superficialissimi e poco seri".[27] Nella lettera a Croce, datata Firenze 2 maggio 1933, si deduce la sua insofferenza, il giudizio negativo sulla competenza degli studiosi e dei musicisti, da lui accusati di provincialismo e di ingenuità là dove ritengono la filosofia e la critica inutili o trascurabili perché «i musicisti non sono mai stati filosofi».[28] Lamenta giudizi superficiali, sull'affermazione che la critica debba essere non filosofica ma pratica; oppure giudizi costrittivi, allorché si asserisce che la critica debba esercitare un controllo sulle radiotrasmissioni e sulla compilazione dei programmi radiofonici; dissente anche da tendenziosi auspici di indole fascista, secondo cui bisognerebbe privilegiare la musica nazionale, magari facendo ricorso al protezionismo. Le questioni importanti, su cosa sia musica, l'arte, la critica, sempre ad avviso di Parente, sono trattate solo marginalmente, sia per l'esiguità numerica dei relatori in grado di affrontarle, sia per la banalità dei dibattiti. Si ripiega su argomenti meno impegnativi, o, come li definisce Parente, scogli e isolette di più facile approdo: il cinema, le nuove possibilità della musica applicata e meccanica, la "politica dei programmi radiofonici", il controllo sulla loro compilazione, la discografia. Al Primo Congresso del Maggio partecipa anche Adriano Lualdi, fondatore del Festival internazionale di musica contemporanea, legato alla Biennale di Venezia. Il suo contributo Due nuove vie per la musica: radio e film sonoro, è fra quelli a cui probabilmente Parente si riferisce nel ritenere che la scarsa profondità del pensiero induce a trattare in modo superficiale gli argomenti. 3. ALFREDO PARENTE E ADRIANO LUALDI Durante il fascismo le autorità istituzionali conferiscono incarichi di prestigio a musicisti e studiosi in base alla loro fedeltà al regime, Adriano Lualdi è fra questi. Eletto nel 1929 deputato al Parlamento come rappresentante del Sindacato fascisti musicisti, egli diventa consigliere nazionale alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni.[29] Diverse lettere e dediche di Lualdi a Mussolini, ad esempio le dediche dei due diari sui viaggi in America latina e in URSS,[30] confermano la sua fedeltà e collaborazione col Duce.[31] Forse questa potrebbe essere una delle cause che determinano una diffidenza reciproca fra i due studiosi, anche negli anni postbellici, benché in seguito alla caduta del fascismo, il compositore, come altri studiosi, cerca di prendere le distanze dal regime. Soprattutto è Parente a manifestare una certa ostilità e diffidenza di fondo nei suoi riguardi. Lo accusa di essere stato un gerarca. Nella lettera del 1° luglio 1944, Lualdi si difende in primis dichiarando di essere stato solo un Consigliere Nazionale; ma quel che più rivendica è l'autonomia del suo giudizio estetico rispetto a qualunque posizione politica. Sottolinea che ne L’arte di dirigere l’orchestra ha attaccato le opinioni del Sannita sulla musica indipendentemente dalle idee e dall'attività antifasciste, peraltro da lui ignorate.[32] Lo accusa, inoltre, di nutrire pregiudizi verso di lui e lo invita a rivedere la sua posizione in maniera meno estremistica. A seguito di successivi contatti epistolari fra i due, le ostilità si assopiscono,[33] pur conservando le rispettive posizioni ideologiche. Lavorano, comunque, nello stesso ambiente musicale: ad esempio entrambi hanno legami con Arturo Toscanini e Tullio Serafin. Infatti, Lualdi canta in presenza di Toscanini alcune parti delle opere La figlia del re e Il diavolo nel campanile,[34] e Serafin dirige in prima esecuzione (1937) la Lumawig e la saetta di Lualdi.[35] A sua volta, Parente nutre una profonda stima per Toscanini e Serafin. 4. UN CRITICO MUSICALE E UN DIRETTORE D'ORCHESTRA Durante quasi tutte le edizioni del Maggio, dalla prima fino almeno a quella del 1954, partecipa Tullio Serafin, famoso direttore d'orchestra e mentore di Maria Callas. Parente ha diverse altre occasioni d'incontro con i due artisti: durante le tournée di Serafin in varie città e, soprattutto, a Napoli, spesso con la Callas, oppure con Renata Tebaldi e con Mariano Caruso.[36] L'amicizia e il conseguente carteggio fra il Critico e Serafin ci offrono una immagine del Direttore forse più completa. Parente è il primo a ricevere le sue memorie, negli anni in cui questi è all'apice della carriera[37] (ma bisognerà arrivare al 1985, cioè 31 anni dopo, perché la sua biografia veda la luce, grazie a Giuseppe Pugliese, critico ed amico di Parente).[38] Nella lettera a Parente, ricca di notizie biografiche, Serafin si sofferma su alcune riflessioni concernenti la diffusione della musica colta e la formazione dei giovani decisi ad intraprendere la carriera di direttore d’orchestra. Dotato di una curiosità che va oltre la musica, coinvolgente la regia, gli allestimenti, la pittura, Serafin studia le scene, i macchinari, l’illuminazione dei teatri. È aperto alle nuove sperimentazioni musicali. Nel 1925, a New York, fa rappresentare e dirige Le sette canzoni di Malipiero e la Kammermusik op. 24 n. 1 di Paul Hindemith.[39] Sempre a New York, al Metropolitan, dirige il Petruska di Igor Strawinskij in forma di balletto, con gran successo, nel 1940 dirige il Guglielmo Tell nel Teatro S. Carlo[40] e la Conchita di Riccardo Zandonai al Teatro dell'Opera di Roma.[41] Parente recensisce varie interpretazioni di Serafin e della Callas. È entusiasta dell'Aida, diretta da Serafin (che ha contribuito anche alla regia ed all'allestimento) il 27 aprile 1950[42] nel Teatro S. Carlo, con la Callas come protagonista,[43] e di Medea, nel 1957, a Milano, una delle ultime volte in cui i due artisti si esibiscono insieme. A Parente, personalità autorevole, spesso giungono richieste da vari artisti per ottenere una scrittura -in genere nel Teatro S. Carlo- oppure per avere una sua recensione: ne sono esempi il tenore Mariano Caruso (che ha lavorato spesso con Serafin[44] e che vanta una brillante carriera senza, tuttavia, riuscire a farsi scritturare dal Teatro S. Carlo), il tenore Renato Cioni, il basso Paolo Montarsolo[45] e Francesco Santoliquido, sul quale ci soffermeremo nel prossimo paragrafo. 5. NAPOLI, HAMMAMET E FRANCESCO SANTOLIQUIDO Nei primi decenni del Novecento Napoli è un centro internazionale di musica, anche strumentale. Infatti le generazioni di questi anni discendono perlopiù dall'elitario circolo artistico- musicale che fa capo al violoncellista Gaetano Ciandelli. Ereditano le conquiste della "Scuola violoncellistica", fra altri, Emilia Gubitosi, Franco Michele Napolitano, Gennaro Napoli e Alberto Gasco.[46] Napolitano è stato allievo dell'organista Giuseppe Cotrufo, dal quale ha appreso la competenza nell'arte organistica nei vari settori (compositivo, esecutivo, didattico ed organologico) e di Giuseppe Martucci.[47] La Gubitosi ha studiato sotto la guida di Beniamino Cesi; Gasco discende dalla famiglia Boubée, una delle più importanti di questo circolo, attiva anche nella causa risorgimentale. Nella giovinezza essi frequentano lo stesso ambiente, dove si coltivano non solo la musica, ma anche le arti figurative. Gasco, che subirà una forte influenza di questo ambiente nella sua attività compositiva, ha studiato musica con lo zio Paolo Boubée. Quest'ultimo, violinista, ingegnere e docente presso l'Università di Napoli, è membro, con Filippo Palizzi, della commissione nominata dall'Istituto d’Incoraggiamento di Napoli per esaminare diverse invenzioni, anche di strumenti musicali.[48] Le famiglie Boubée e Rotondo ricevevano nelle loro case i migliori pittori, musicisti e poeti, Nicola D’Arienzo (altro maestro di Napolitano), Camillo De Nardis, Umberto Giordano, Gabriele d’Annunzio, Matilde Serao e Salvatore Di Giacomo.[49] Del sodalizio artistico della seconda generazione fanno parte anche Parente e i coniugi Adriano e Livia Tilgher, entrambi attivi antifascisti, il primo è un noto studioso di filosofia ed estetica, la seconda è una scrittrice e musicista appartenente al suddetto circolo. Il lungo legame di confronto professionale e di amicizia che li lega a Parente si manifesta anche dai toni entusiastici con i quali la Gubitosi loda quest'ultimo per i suoi articoli sul Festival della musica contemporanea di Venezia,[50] e dai toni affettuosi con cui la Tilgher, autrice anche di un articolo in memoria della Gubitosi, gli si rivolge otto anni dopo.[51] Da questo ambiente si allontana invece Gasco trasferitosi a Roma ma forse anche a causa della sua intransigente adesione al fascismo. Nel 1919 la Gubitosi e Di Giacomo tengono a battesimo l'Associazione Scarlatti, promossa prima dalla Serao[52] poi, nei decenni seguenti, da Parente. L'Associazione, diretta da Napolitano per 40 anni,[53] ha svolto un'intensa attività artistica e ha offerto alla Città la conoscenza di musiche nuove o dimenticate. Fra le varie iniziative, organizza due concerti, rispettivamente il 18 marzo 1928 e il 13 febbraio 1932, nei cui repertori sono inseriti alcuni pezzi di Francesco Santoliquido (S. Giorgio a Cremano, 6 agosto 1883-Anacapri, 26 agosto 1971).[54] Rispetto ad altri compositori fascisti, quali Adriano Lualdi, Parente assume un atteggiamento diverso verso Santoliquido. Dal fascismo e durante i decenni seguenti le loro vite professionali si intrecciano e, negli anni, nasce un'amicizia. Santoliquido è un fascista militante e resta, per tutta la vita, un convinto monarchico. Dedica una sua Sinfonia a Mussolini,[55] che nel 1941 lo premia con £. 3000. Innesca una asperrima polemica antisemita, pubblicando sgradevoli articoli su «Il Tevere». Partecipa al Primo Festival internazionale di Venezia del 1930 con un suo pezzo pianistico, Una lauda medioevale, conquistando le lodi della stampa francese.[56] Ma presto si affranca dal Festival, anzi lo combatte perché promuove certa musica contemporanea di respiro internazionale, anziché sostenere - in linea col regime- la musica italiana e popolare. In ciò differisce da Parente che argomenta puntualmente la sua avversione verso la musica contemporanea da un punto di vista squisitamente musicale. Con la caduta del fascismo, Santoliquido cade in disgrazia e chiede sostegno a Parente affinché intervenga presso le istituzioni, in particolare presso il Teatro S. Carlo di Napoli, per far rappresentare ed eseguire i suoi lavori.[57] Santoliquido è un originale figura di musicista sia per la sua curiosità verso nuove forme musicali, è fra i primi a studiare e a scrivere su Claude Debussy, sia per l'intensa esperienza africana che lo indurrà ad affermare che «[...] Strawinskij non ha mai scritto un balletto tanto originale, tanto selvaggio e tanto bello come erano [le] fantastiche funzioni degli Aissaùia di Hammamet».[58] Oltre che autore di diverse sue musiche, e librettista, Santoliquido è anche scrittore, giornalista, traduttore.[59] Studia nel Collegio romano e nel Liceo musicale di S. Cecilia, diplomandosi in composizione nel 1908. A questa data risale il suo primo lavoro, L’Ultima visione di Cassandra, una cantata per soprano, coro femminile e orchestra, eseguita per la prima volta nella Sala del Liceo e diretta dall’autore, e all'anno successivo Harmonie du soir, un poemetto per soprano e piccola orchestra su testo di Baudelaire, proposto in prima assoluta, e diretto ancora dall’autore, a Norimberga. Una malattia ai polmoni, contratta probabilmente durante questa tournée, lo costringe a trasferirsi in una città dal clima temperato. Sceglie Anacapri, ove soggiorna due anni, durante i quali si rivela un fecondo compositore; scrive, fra l'altro, la suite Acquerelli (eseguita a Tunisi e a Montecarlo). Si stabilisce per molti anni, con la seconda moglie, l'americana Elena Wharton, in Africa, dove importa la musica italiana, subendo anche l'influenza della musica locale. Hammamet lo incanta. Frutto di una parte di questa esperienza sono gli scritti Hammamet, giardino d'aranci e Il Giardino del fuoco, uno studio sulla vita araba andato perso. Il primo è un diario di viaggio in cui l'autore, fra l'altro ci informa della Hauèeda, uno fastoso concerto di musiche, canti e danza, per il quale vengono scritturati una piccola orchestra (formata da un harmonium, un violino, una mandòla e un derbùka) e un corpo di ballo provenienti da Tunisi. Il concerto copre la durata di una notte, gli esecutori cantano in coro i ritornelli, alternandosi a due danzatrici che cantano pezzi popolari ed eseguono la danza del ventre.[60] Durante i tabal, feste di matrimoni, tre uomini, in costumi tradizionali, suonano una strumento primitivo, simile all' oboe, e due tamburi, anch'essi danzando e cantando brani popolari. Anche le funzioni religiose sono molto suggestive. Santoliquido compone pezzi che richiamano le suddette musiche e danze arabe.[61] Ad Hammamet compone Mélanconlie e, su testo arabo e giapponese, Alba di gloria sul passo Uarièu. Scrive anche Ferhuda, scene di vita araba, in tre atti, su proprio libretto, eseguito in prima assoluta al Teatro Rossini di Tunisi il 30 gennaio 1919 e diretta dall’autore, poi pubblicata a Firenze, per i tipi di Mignani, nel 1920. Quest’opera, ricca di elementi folkloristici locali, dedicata a Tunisi, considerata dall’autore sua seconda patria, raccoglie ampi consensi, come dimostrano le recensioni dei giornali locali. Anche la stampa francese, e perfino il «Dépêche Tunisienne» (organo ufficiale del Governo francese), in genere restii a manifestare entusiasmo, non lesinano lodi all'Autore, che viene chiamato ad organizzare una Società musicale italo-francese «Les amis de la musique». A Tunisi, le autorità italiane lo invitano a istituire una Scuola di musica annessa alla Società Dante Alighieri, inaugurata il 27 novembre 1927 con un concerto sinfonico dedicato a Beethoven e diretto da Tito Aprea, che viene assunto come docente della scuola di composizione e direttore dei concerti sinfonici. La Scuola di musica, diretta per alcuni anni dallo stesso Santoliquido, accoglie fino a 200 allievi e ben presto acquista un tale prestigio da essere pareggiata ai Conservatori.[62] In seguito alla morte della Wharton, Santoliquido decide di rientrare in Italia; prende in moglie la pianista Ornella Puliti e nel 1933 si stabilisce definitivamente ad Anacapri, dove, a parte i contatti con Parente, vive pressoché in solitudine, autodefinendosi «non affiliato ad alcuna cricca musicale». Parente segue per anni anche l’attività artistica della Puliti (che sopravvive a Santoliquido), apprezzandone la vivacità e l'intelligenza e intrecciando con lei una breve corrispondenza, andata persa.[63] Della pianista, deceduta a Firenze il 9 novembre 1977, ci restano alcune incisioni discografiche. Ad Anacapri, Santoliquido compone: La porta verde, che sarà rappresentata con successo il 15 ottobre 1955 al Teatro delle Novità di Bergamo; [64] Santuari asiatici schizzo sinfonico, eseguito in prima assoluta al Teatro S. Carlo di Napoli nel 1951 e diretto dal Maestro Rachmilnovich; numerose liriche per canto e pianoforte, fra cui I giardini di Uelata e una raccolta di versi, Gli astri cantano, inedito, andato perso. Compone anche Le grotte di Capri cinque pezzi per orchestra in prima esecuzione al Teatro Adriano, Roma, 1943, sotto la direzione di Antonio Pedrotti, pubblicata a Lipsia, per i tipi di Simrock, s.d. Esse vengono eseguite al Teatro S. Carlo nel 1948, sotto la direzione di Herbert Albert e così recensite da Parente: «Con particolare e scrupoloso amore l'Albert ha eseguito anche Le Grotte di Capri, nuove per Napoli, di Francesco Santoliquido, un napoletano che ha ormai eletta a sua dimora l'incantata isola che gli ha ispirato i cinque quadretti impressionistici, nei quali la musica tende a un descrittivismo pittorico e mira nell'istesso tempo a tradursi in una varietà di stati d'animo che colgono momenti diversi del fascino misterioso delle grotte capresi, da quello cupo e sinistro della Grotta rossa, a quello arieggiante al sacro della Grotta dei santi, dalle voluminose e fosforescenti vaghezze della Grotta verde, alla fantastica magia della Grotta azzurra, che il Santoliquido immagina popolata di tritoni ed echeggiante di corni trionfali. [...] Una composizione sana, scritta con nitore, non priva di momenti pregevoli per efficacia o per delicatezza, che non meritava i pochi dissensi partiti da alcuni punti della sala, che sono serviti ad accendere le simpatie del pubblico e a far presentare due volte in orchestra l'autore».[65] Anche Gennaro Napoli, i Tilgher e i Napolitano soggiornano spesso a Capri, dedicandosi non solo al riposo, ma anche alla composizione e ad altre attività artistiche. Parente a Capri è di casa, dove si impegna nella difesa dell'ambiente, ricevendo attestati di condivisione, fra questi si segnalano una lettera di Vincenzo Vitale, legato a Parente da solida amicizia, e un telegramma di Domenico Rea.[66] Stimato come autore e come direttore d'orchestra, Santoliquido ha scritto numerose composizioni, molte eseguite anche all'estero e sotto la direzione di celebri artisti;[67] i pezzi più conosciuti sono I canti della sera, Notturno e Piccola ballata. In anni recenti un insegnante napoletano ha organizzato a Capri un concerto con musiche di Santoliquido, ma questa iniziativa non ha avuto seguito.[68] Nel 2003 la giapponese Abra K. Bush, MM, ha scritto un lavoro sulle sue liriche da camera.[69] Tuttavia la maggior parte delle musiche di Santoliquido è caduta in oblio, probabilmente a causa della sua adesione al fascismo e del suo antisemitismo. Ciononostante, si auspica vivamente che la sua pregevole produzione musicale riveda la luce: Parente ha riposto fiducia nell'arte di Santoliquido, credo che noi dovremmo fare altrettanto. NOTE * Ringrazio il professor Piero Craveri, che ha seguito con attenzione la mia ricerca; la dott.ssa Susetta Sebastianelli, funzionaria dell'Archivio dell'Istituto di Studi Storici, per aver messo a mia disposizione la sua professionalità, la dott.ssa Mariolina Rascaglia e tutti i funzionari della Sezione Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli, per la loro disponibilità. Ringrazio inoltro il prof. Raffaele Vacca per le notizie fornitemi su Francesco Santoliquido e il dott. Antonio Ferrara per alcune notizie su Guido Gatti. [1] Fiamma Nicolodi, Guido M. Gatti e il Maggio musicale fiorentino in «Lo sguardo lieto», a cura di Alberto Mammarella - Giancarlo Rostirolla, cit., p. 58. [2] Fra gli studi che hanno messo in luce la cultura e la musica nel Novecento, sono da segnalare: Pier Paolo De Martino e Daniela Margoni Tortora (a cura di), «Musica e musicisti a Napoli nel primo Novecento», cit.; Antonio Ferrara, Musica e cinema in Italia (1930-1950): dibattito e produzione, Università degli studi di Roma "Tor Vergata", Dottorato in Storia della musica XXIII Ciclo, a. a. 2014/2015, coordinatore prof. Agostino Ziino; Giovanni Guanti, Estetica musicale, la storia e le fonti, Milano, La Nuova Italia, 1999; Alberto Mammarella - Giancarlo Rostirolla (a cura di), Lo «sguardo lieto» di Guido M. Gatti sul Novecento musicale, cit.; Fiamma nicolodi, Musica e musicisti nel ventennio fascista, Fiesole, Discanto, 1984; Roman Vlad, Vivere la musica. Un racconto autobiografico, (a cura di Vittorio Bonolis e Silvia Cappellini), Torino, Giulio Einaudi, 2011. Su Parente si ricordano Dario Candela, Alfredo Parente: la critica e gli interpreti, in Napoli musicalissima. Studi in onore di Renato Di Benedetto, a cura di Enrico Careri e Pier Paolo De Martino, Lucca, Libreria musicale Italiana, 2005, pp. 273-284; Raffaello Franchini, Esperienza dello Storicismo, Napoli, Francesco Giannini & figli, 1971 (quarta edizione riveduta); Ernesto Paolozzi, Benedetto Croce: la logica del concreto e il dovere della libertà, Ariccia, Aracne, 2015; Alfredo Parente, Antologia degli scritti, a cura di Corrado Ocone, Napoli, Fulvio Pagano, 1992; Matteo Sansone, Critici crociani all'opera tra dibattiti e polemiche, «Musica e musicisti a Napoli nel primo Novecento», Atti del Convegno internazionale, Napoli 21-23 maggio 2009, a cura di Pier Paolo De Martino e Daniela Margoni Tortora, Bracigliano (Sa), Arti Grafiche Cecom s.r.l., 2012; Renata Viti Caval iere, Storia e Umanità, Napoli, Loffredo, 2004. [3] «Napoli 28 maggio 1934/Signori Gilardi e Noto editori/Milano/Apprendo non senza meraviglia che dall'Autorità politica è stata inibita l'ulteriore diffusione in commercio del mio libretto "Orientamenti", pubblicato da codesta casa. Prego lor signori di avanzare, se già non l'hanno fatto, regolare ricorso perché il divieto sia tolto. In effetto, nessuna legge proibisce le esposizioni dottrinali di principi e concetti politici od altri che siano; né certamente son da temere pratici turbamenti e disordini dalle discussioni filosofiche. Gli scritti di quel volumetto hanno carattere così universale che ne sono già in corso traduzioni in varie lingue e per diversi paesi. Si aggiunga che si tratta di memorie accademiche e di altre pagine, già separatamente pubblicate e diffuse negli ultimi tempi, senza che nessun male sia accaduto. Il provvedimento, del quale si chiede la revoca, non può essere stato preso se non per inesatta informazione o per equivoco. Lor Signori sono pregati di unire al loro ricorso la presente mia lettera. Benedetto Croce». [Lettera di Croce del 28 maggio 1934, BNN, Fondo Parente, F. 19]. [4] «Napoli 7 giugno 1944/Caro Senatore,/Dinanzi al vostro desiderio non posso non piegarmi. Quantunque materialmente per ora non me ne occupi, lascio che «La Libertà» continui a portare il mio nome. Ma io credo che sarò costretto a lasciare anche il partito se non si farà una riforma interna e non si faranno tagli coraggiosi d’idee false e di uomini. Ma non posso occuparvi in questa ora che siete in faccende tanto più gravi. [...]/Alfredo Parente». [Archivio dell'Istituto di Studi Storici (d'ora in poi AISS), anno (d'ora in poi a.) 1944]. Parente possedeva molti documenti sulle origini del PLI e sulla stampa liberale clandestina. Ecco una lettera del 18 aprile 1969 (BNN, Fondo Parente, F. 2.) del segretario provinciale del PLI Ercole Camurani a Parente:«Illustre professore/ [...] Oggi stesso [...] Alda Croce mi informa che Ella possiede una ricca documentazione sulle origini del PLI nel 1943-1945 ed inoltre l'intera collezione de «La libertà». Mi permetto chiederLe di poter consultare tale materiale, per continuare il programma della Colla di Atti del PLI che dirigo presso Forni. Potremmo fare l'edizione anastatica de «La libertà»? [...] Ercole Camurani». (Si tratta de: «La libertà», Roma, PLI stampa, 1970). [5] Alfredo Parente, Commiato ai lettori,«La Libertà», a.1, n. 21, 3 agosto 1944, p. 1. [6] Raffaello Franchini, Il diritto alla filosofia, Società Editrice Napoletana, 1982, pp. 355-356, 358. [7] Renata Viti Cavaliere, Storia, cit., p. 219. [8] Lettere di Parente a Croce, Guardia Sanframondi 27 agosto 1948, AISS, a.1948; Guardia Sanframondi 27 agosto 1950, Ivi, a.1950. [9] Lettere di Parente a Croce, Guardia Sanframondi 22 agosto 1942, Ivi, a. 1942; Guardia Sanframondi Guardia 23 settembre 1936, Ivi, a. 1936. Ecco lo stralcio della lettera a Croce, Guardia Sanframondi 27 agosto 1948, Ivi, a.1948: «Caro Senatore/[...] La Vostra [cartolina] mi ha trovato immerso, proprio per il corso teorico-storico di logica che vengo abbozzando per l'Istituto, in letture hegeliane, poiché, come scrivevo or ora al prof. [Carlo] Antoni, chiedendogli un suo estratto, dalla logica di Hegel penso di partire come da quella che serba pesanti residui intellettualistici e formalistici, per prospettare quindi la genesi di una logica concreta e storicistica quale lo Hegel medesimo sognava. Non vi parlerò degli altri miei studi filosofici, dei quali vi mostrerò qualche risultato a Napoli, e di altre miei letture meno impegnative, tra cui quella di un saggio su Brahms sul quale il Laterza mi ha chiesto un parere. Ho letto anche, con molto gusto, facendone ascoltare qualche brano ai miei dopo cena, il libro del Mayer, nella fresca e limpida traduzione di Lidia [...].Alfredo Parente». Si tratta del volume di Karl August Mayer, Vita popolare a Napoli nell'età romantica, Bari, Laterza, 1948. [10] Raffaello Franchini, Il diritto alla filosofia, Società Editrice Napoletana, 1982, p. 330. [11] « Napoli 10 settembre 1962/Prof. Ivo Frangeš/ [...] Dimenticavo di domandarLe se Ella non pensa, vivendo negli ambienti universitari di Uppsala, d'informarsi dell'esistenza di studiosi svedesi interessati all'opera di Croce. Nel breve tempo che io ho strascorso l'anno passato a Stoccolma, ho potuto constatare che la lingua italiana in Svezia [è studiata] piuttosto largamente, e che c'è qualche orientamento verso la cultura italiana, [...]. Alfredo Parente», [BNN, Fondo Parente, F. 50]. «Zagabria 12 luglio 1962/Gentile Signore/Ricevo appena oggi, dopo una breve assenza, al gentile Sua del 27 giugno scorso. Riuscirebbe interessante, credo, per il lettori della Rivista di studi crociani uno sguardo sul crocianesimo jugoslavo fra le due guerre, nelle critica letteraria, s'intende. Potrei quindi fare un articolo intitolato pressa'a poco così: i crociani nella critica letteraria croata (o, allargando, anche Jugoslavia). Purtroppo ho ricevuto per il prossimo anno accademico un invito all'Università di Uppsala ove mi tratterrò come Gastprofessor più di sette mesi. Non potrei inviarLe quindi il mio contributo prima del giugno 1963. In attesa di un Suo rigo Le porgo i miei più cordiali saluti Ivo Frangeš», Ivi. [12] AA. VV., Filosofia musica arti., cit., p. 504. [13] Enrica Donisi, Istituti, cit., pp. 94-95 (II Ed. 2014, pp. 75-77). [14] Curriculum di Alfredo Parente, BNN, Fondo Parente, F. 39. [15] Comunicazione di Mario Zafred, Presidente dell'Accademia di S. Cecilia (su carta intestata dell'Accademia) del 10 novembre 1977; Lettera di Alfredo Parente a Massimo Amfitheatrof, Napoli 14 dicembre 1977; Risposta di Massimo Amfitheatrof a Parente, Roma, 29 dicembre 1977, Ivi, F. 3. [16] Parente contatta, fra altri, Filippo Donini, direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Londra dal 1961, che dopo ben cinque anni risponde alla richiesta di Parente di indicargli qualche personalità inglese competente di studi crociani affinché collabori alla omonima rivista. Donini gli segnala Orlo Williams, che dal 1920 al 1950 si occupò della recensione di libri italiani per il Times Literary Supplement e più volte scrisse su Croce, e Arnaldo Momigliano, che nel maggio 1965 tenne una brillante conferenza su Croce e la vita intellettuale italiana del suo tempo, Risposta di Donini, Londra 21 dicembre 1966, Ivi, F. 50. [17] Enrica Donisi, Istituti, cit., pp. 94- 95, II Ed. 2014, pp. 75-77. [18] Alfredo Parente, Il tramonto della logica antica, Bari, Laterza, 1952, p. 199. [19] Infatti in alto a destra delle bozze dell'articolo si legge «È piaciuto molto al Croce che se lo è preso per la Critica dopo avermi chiesto se fossi disposto ad attendere fino al numero di giugno - Novembre 1947». L'articolo è apparso in questo periodico nel giugno 1948, Alfredo Parente, L'Arte e il tempo ovvero la modernità edace, 1948, f. XI. [20] «La Rassegna musicale», a. 1936, ff. 9-10, in Alfredo Parente, La musica e le arti, cit., p. 23. [21] Ivi, pp. 11, 23-24, 269. [22] Fiamma Nicolodi, Guido M. Gatti e il Maggio musicale fiorentino in «Lo sguardo lieto», a cura di Alberto Mammarella - Giancarlo Rostirolla, cit., p. 58. [23] Antonio Ferrara, Musica e cinema, cit., p. 183. [24] Molti documenti di Parente attestano la partecipazione di Parente al Maggio, fra le varie edizioni è da segnalare quello del 1964, diretto da Roman Vlad, dedicato alle musiche di impegno civile, nate durante le guerre e la resistenza e all'Espressionismo, Roman Vlad, Vivere la musica, cit., pp. 63, 83. [25] Serafin svolge un ruolo determinante nell'affidare a Giorgio De Chirico la scenografia del Maggio, Lettera di Serafin a Parente, Napoli 18 luglio 1954, BNN, Fondo Parente, F. 28. [26] Francesco Ermini Polacci, Guido M. Gatti e i congressi internazionali di musica a Firenze, in «Lo sguardo lieto», a cura di Alberto Mammarella - Giancarlo Rostirolla, cit., p. 321. [27]Lettera di Parente a Croce, Firenze 2 maggio 1933, AISS, a. 1933. Con ogni probabilità Parente si riferisce anche all'unico straniero della sezione sulla critica musicale, Karl Holl, corrispondente della «Frankfurter Zeitung», che tratta della Organizzazione e funzione della critica musicale. [28] Fra i musicisti e musicologi, che hanno studiato filosofia ed hanno avuto contatti professionali ed amichevoli col nostro studioso, sono da ricordare Fedele D'Amico, Mila, Pannain ed Enzo Borrelli. Fra l'altro, Mila è autore di una famosa Breve Storia della Musica, (Milano, Bianchi-Giovini, 1948) che gli creò problemi con l'editore. Infatti allorché Parente gliene chiede un esemplare, Mila così risponde:«Torino 8 marzo1949 Caro Parente/ch'io sappia, della mia Breve Storia della Musica è stata tirata soltanto una ristampa stereotipa l'anno scorso, mantenendo intatti tutti gli errori tipografici. Dico: "ch'io sappia", perché ho forti motivi di sospettare che un'altra ristampa clandestina fosse stata tirata prima. Ad ogni modo sono in lite con l'editore perché non mi ha ancora pagato neanche i diritti della prima edizione, e questa ristampa l'ha fatta senza nemmeno comunicarmelo. Non corrispondiamo che tramite d'avvocati, perciò non posso chiedergli di spedirti una copia della ristampa, che neanche io possiedo. Ma, come ti dico, nulla è mutato. Grazie del tuo affettuoso ricordo. Domani mi avvicino al Sud, ma non abbastanza per poterti salutare. Vengo a Roma per una conferenza su Chopin. [...]. Un abbraccio affettuoso tuo Massimo Mila», [BNN, Fondo Parente, F. 3]. [29] Fiamma Nicolodi, Musica e musicisti, cit., p. 342n. [30]Adriano Lualdi, Viaggio musicale nel Sud-America, Milano, Istituto Editoriale Nazionale, 1934; Ead., Viaggio musicale nell'URSS, Rizzoli, Milano - Roma, 1941. Lettere di Adriano Lualdi a Mussolini, datate rispettivamente: Roma 9 aprile 1930, Roma 11 dicembre 1933, Roma 18 gennaio 1937, Napoli 23 ottobre 1938, in Fiamma nicolodi, Musica e musicisti, cit., pp. 342-348. [31]Adriano Lualdi (Larino, Campobasso 22.3.1885- Milano 8.1.1971) studia composizione sotto la guida di Ermanno Wolff-Ferrari, «al cui insegnamento resterà fedele soprattutto nel genere comico», nel Conservatorio di Venezia, dove si diploma nel 1907. Direttore d'orchestra e librettista delle proprie opere, dal 1936 al 1944 dirige il Conservatorio di Napoli, e nel 1939 fonda l'Orchestra da camera dell'Istituto, attiva fino al 1943, con la quale si esibisce in diverse tournée. Dal 1947 al 1956 dirige il Conservatorio di Firenze, Tiziana Grande, Acquisizioni novecentesche della Biblioteca del Conservatorio San Pietro a Majella: le donazioni, in «Musica e musicisti a Napoli nel primo Novecento», a cura di Pier Paolo De Martino e Daniela Margoni Tortora, cit., p. 491. [32] Adriano Lualdi, L’arte di dirigere l’orchestra,Milano, Ulrico Hoepli, 1940, pp.100-108. [33] «1 luglio 1944 Riservata- personale Al dott. Alfredo Parente - Direttore de «La Libertà». Napoli/Caro Parente,/ un amico mi mostra, ed io la apprezzo molto, una Vostra puntatina, nell’ultimo numero del Vostro periodico, che potrebbe essere diretta a me. Io, veramente, Gerarca non sono stato mai, ma Consigliere Nazionale sì, fino all’altro ieri; di altri musicisti deputati non ne conosco che uno il quale fu, sì, fino all’altro ieri Gerarca, ma non Consigliere Nazionale. Debbo dunque ritenere che il colpetto sia proprio diretto a me. Allora mi permetterete una piccola osservazione. Non mi par bene che un critico musicale si lasci influenzare, nei suoi giudizi, da considerazioni estranee al fatto strettamente artistico, e specialmente da risentimenti di parte politica. Come dice molto bene il Vostro Flora, in non so quale suo libro, la politica è l’occupazione degli uomini interiormente disoccupati; mischiarla nelle cose dell’arte è farle troppo onore. Io., per dire, nella mia trentennale attività di critico su molto importanti quotidiani e periodici, me ne sono sempre ben guardato. Ho scritto bene benissimo di molti musicisti e interpreti notoriamente anti; ho scritto male malissimo di molti musicisti e interpreti anche se fossero “autorevolmente” protetti o “segnalati” (ma, ad onor del vero, è accaduto assai raramente: mi si sapeva impermeabile). Quando, per esempio, io –non Vi attaccavo- ma discutevo le Vostre idee nel mio L’arte di dirigere l’orchestra, non sognavo neanche che voi foste un così acceso anti. Vi ritenevo, appunto, abbastanza –e molto probabilmente-occupato interiormente, per pensare che di politica poteste, non che occuparVi, menomamente interessarVi. Tanto meno lo pensai dopo: quando constatai che l’unica patente di “ignorante” che abbia ricevuto in vita mia (ma meritatamente, debbo dire: specialmente in tema di Filosofia), la leggevo stampata nell’organo ufficiale della Confederazione Nazionale Fascista dei professionisti ed Artisti: settimanale di non dubbio colore politico; anzi, sotto la direzione del Di Marzio; partigiano; e nel quale, debbo dire, io non ho mai scritto una riga. Se nel 1939 avessi anche lontanamente immaginato che Voi foste un uomo di parte avversa, avrei forse tenuta più leggera la penna, perché “non si credesse”. Se nel 1940 avessi soltanto sospettato che che la patente di “ignorante” mi veniva per livore politico, e non per la mia effettiva e totale ignoranza in Filosofia e in innumerevoli altre cose, Vi avrei pubblicamente risposto – ma non sul Meridiano- perché “non si credesse”. Sono sempre in attesa di una Vostra visita che mi avete promesso nel 1940, e nel 1941. Adesso la mia casa è diroccata; ma una sedia, c’è. Cordialmente Vostro Adriano Lualdi», [BNN, Fondo Parente, F. 19]. «Al Maestro Adriano Lualdi/Napoli 15 luglio 1944/Egregio Maestro,/Vi chiedo scusa del ritardo con cui rispondo alla Vostra del 1° luglio [...] ma vi dirò che mi ero proposto di farvi una visita e ho rimandato così di giorno in giorno [...]; quando, temendo –come sono- di essere costretto a nuovi rinvii, mi son deciso a scrivervi. A scrivervi per dirvi innanzitutto, con doverosa lealtà, che l’allusione alla vostra persona in quel mio articolo c’era, ed era intenzionale, e che anzi devo al felice consiglio -da me prontamente accolto-, di un amico, la ragionevole soppressione del vostro nome. Ma mi affretto con pari premura a chiarire che l’allusione a voi non aveva per me altro scopo se non di smentire con prove al mio avversario che la mia critica si piegasse al timore politico, e non rimanesse invece indipendente anche durante il fascismo, talché non mi veniva in mente di tacere, quando era necessario, giudizi severi anche nei riguardi dei musicisti che avessero influenza politica e potessero eventualmente (come tentarono difatti il Ranzato, il Giovagnoli ed altri) danneggiarmi. Il che non vuol dire però che i miei giudizi fossero severi di proposito, cioè tendenziosi,nei riguardi dei musicisti fascisti, che sarebbe stata bassezza pari alla viltà di adularli. Ora perché volete farmi una colpa proprio del contrario?- È proprio destinato che non ci si debba intendere? A me non è venuto mai in mente che voi scriveste in contraddizione col mio pensiero, in quella nota polemica, sotto l’influenza dell’avversione politica. Da che cosa, invece, voi deducete che la mia critica ai vostri pensieri sull’interpretazione nascesse da “livore politico”? Dunque, alludevo a voi e accennavo ad altri, non per vantarmi infelicemente di aver combattuto tendenziosamente i musicisti fascisti. [...] Alfredo Parente», Ivi. «Caro Parente/24 luglio 1944/vi ringrazio della vostra leale lettera del 15 c.m. e prendo atto di quanto mi scrivete. Sarò molto lieto di vederVi. Sono a casa tutto il giorno. [...] Adriano Lualdi», Ivi. [34] Valdengo Giuseppe, Ho cantato con Toscanini, Como, Industria Grafica Cairoli, 1962, p. 9. [35] Nicla Sguotti, Tullio Serafin, cit., p. 148. [36] Serafin dirige a Napoli: nel 1950 l'Aida di Verdi con la Callas nel Teatro S. Carlo, il Requiem di Verdi con Renata Tebaldi nello stesso Teatro e nella Basilica San Francesco di Paola, il Don Carlo di Verdi ancora nel S. Carlo; nel 1951 Il Trovatore di Verdi, con la Callas, e La Bohème di Puccini; nel 1952 l'Aida di Verdi e il Mefistofele di Boito con Boris Christoff; nel 1953 ancora l'Aida con la Tebaldi, La Gioconda di Ponchielli, con la regia di Roberto Rossellini, e la Cenerentola di Rossini, Nicla Sguotti, Tullio Serafin. Il custode del bel canto, Padova, Armelin Musica, 2014, pp. 170, 171, 173-175. [37] Serafin ha scritto un Curriculum vitae nella lettera a Parente, Napoli 18 luglio 1954, BNN, Fondo Parente, F. 28. Dalla data si ricava che egli l'ha scritta durante il suo breve soggiorno a Napoli per dirigere il 3 luglio La Traviata e l'11 luglio Il Trovatore, nell'Arena Flegrea. [38] Celli Teodoro - Pugliese Giuseppe, Tullio Serafin. Il patriarca del melodramma, Venezia, Corbo e Fiore, 1985. [39] Notizie in breve, «Il pianoforte», a. VI, n. 4, p. 131. Dopo la stagione a New York, Serafin dirige l’Orchestra del Teatro Colon di Buenos Aires durante la quale viene rappresentata la Fedra di Pizzetti. Ibidem. [40] Raramente quest'opera è stata rappresentata nel Massimo napoletano (Alfredo Parente, Il Guglielmo Tell di Rossini, «Il Mattino», 12 aprile 1956, a. LIX, p. 7), sebbene, a Napoli, le esecuzioni e le trascrizioni di pezzi tratti dal Guglielmo Tell siano state numerose, Donisi Enrica, La Scuola violoncellistica di Gaetano Ciandelli, Lucca, LIM, 2016, pp. 31, 90 . [41] Teodoro Celli - Giuseppe Pugliese, Tullio Serafin., cit. p. 155. [42] Sguotti Nicla, Tullio Serafin, cit., p. 170. [43] Alfredo Parente, Aida diretta da Tullio Serafin. Con un nuovo allestimento scenico della spettacolosa opera verdiana si chiude la stagione lirica d’inverno, «Il Mattino», 28 aprile 1950, p. 3. [44] Caruso si esibisce: nel 1951 nella Manon di Massenet, diretta da Serafin e interpretata, fra altri, dalla Callas e da Beniamino Gigli, nel Teatro Municipal di San Paolo; negli anni 1955-1958 nella Norma di Bellini, per la regia, scene e costumi di Franco Zeffirelli al Teatro Massimo di Palermo, nel Boris Godunov di Musorgskij, nell'Aida e nel Falstaff di Verdi, nellla Gioconda di Ponchielli e in Adriana Lecouvreur di Cilea, Gianni Schicchi di Puccini e nei Pagliacci di Leoncavallo, in varie tournée, spesso con Renata Tebaldi, al Teatro S. Carlo, alla Fenice di Venezia, al Lyric di Chicago. Nicla Sguotti, Tullio Serafin, cit., pp. 171-172, 185, 186. Caruso lavora per otto anni in America. Nel 1963, con la Traviata, inaugura la Stagione lirica del Teatro Grande di Ginevra, insieme con Renata Scotto, il tenore Alfredo Kraus, il baritono Licinio Montefusco e altri interpreti, con la regia di Herbert Graf, conquistando un grande successo, Lettera di Caruso a Parente, Genève 28 settembre 1963, BNN, Fondo Parente, F. 35. [45] Da Londra Furio Monicelli, un giornalista della BBC (sigla della radio inglese dell'epoca) chiede a Parente di intercedere presso le autorità istituzionali per scritturare il tenore Renato Cioni, il quale, intrapresa inizialmente la carriera giornalistica, nell'autunno 1955 vince il Concorso Lirico Nazionale di Spoleto, con la Lucia di Lammermoor e Le furie di Arlecchino e La Grançeola di Lualdi, Richiesta di Furio Monicelli a Parente, Londra 25 maggio 1957, Ivi, F. 3. Di seguito, invece, si riporta la richiesta di una recensione:«Portici 23 marzo 1975/Corso Garibaldi 85/Caro Maestro Parente/Sono Carlo Montarsolo, fratello del basso Paolo Montarsolo di cui Lei ha tante volte recensito benevolmente le interpretazioni al S. Carlo, fra le quali di recente L'Elisir d'amore. Mi permetto di scriverLe per comunicarLe il grande successo di mio fratello in America, di questi giorni, al Metropolitan di New York, come protagonista del Don Pasquale. Ho infatti appreso da amici presenti e dalla sua stessa voce, al telefono da New York, che è stato proprio un trionfo personale, con il pubblico in piedi ad applaudire a lungo e gli elogi della critica che si è lasciata andare a commenti entusiastici ed unanimi. Qualcuno ha addirittura scritto che è dal tempo di [Enrico] Caruso che non si sentiva al Metropolitan una personalità così completa di cantante lirico napoletano, a rinverdire i fasti del grande tenore che fece impazzire i newyorkesi. Mio fratello è stato atteso da una vera folla all'uscita del teatro e fatto segno ad una vera e propria ovazione. Ho voluto dirLe questo - senza ombra di esagerazione, mi creda; mio fratello è così schivo e riservato, per dirmi queste cose significa proprio che il successo è stato fuori del comune- affinché Lei possa -se lo ritiene opportuno- fare un breve profilo di Paolo sul nostro «Il Mattino»annunciando agli amici di Napoli, il successo al metropolitan. Penso che tutti i napoletani che amano l'arte e la lirica, ne saranno felici, essendo Paolo autenticamente vesuviano di nascita e di educazione. Forse è la prima volta, nella storia della lirica, che un basso cresciuto a Napoli, abbia successo a questo livello: E non è poco. [...] La ringrazio anche a nome di Paolo che L'ha sempre ammirata per la Sua competenza ed obbiettività. [...] Carlo Montarsolo [...]», Ivi, F. 8. [46] In questi anni la critica sull'Opus verdiana è ancora incerta. Gennaro Napoli, aveva studiato gli autografi del celebre compositore e compiuto un lungo lavoro filologico, che Parente reputa importante, per cui si impegna per la pubblicazione, tuttavia gli scritti di Napoli restano inediti. È invece incompiuto il suo Jacopo Ortis, in quattro atti su libretto di Alfredo Catapano, dopo un'elaborazione, rifacimenti e correzioni durati oltre trent'anni. Gennaro Napoli (Napoli, 19 maggio 1881- Napoli 28 giugno 1943), studia con De Nardis e D'Arienzo. Subisce l'influenza di Martucci, che lo apprezza soprattutto per la sua Sinfonia in re minore scritta nei primi anni del Novecento. Nel 1903 compone anche un Quartetto d'archi. La sua scena drammatica Armida abbandonata gli fa vincere il Premio del Pensionato Nazionale per la musica. Compone Il Convegno degli spiriti, cantata per soli, coro e orchestra, nel 1906 In montagna, suite orchestrale, Il sole risorto, poema sinfonico per due soli, coro ed orchestra, Capri, poema sinfonico, e numerosi pezzi per pianoforte e liriche per canto e pianoforte, tra le quali Munastero di Salvatore di Giacomo. Di quest'ultimo aveva in progetto di musicare anche l'Assunta Spina. Nel 1916, a 35 anni, insegna armonia, e nel 1925 contrappunto, fuga e composizione nel Conservatorio S. Pietro a Majella. Scrive trattati didattici per i suoi allievi. Contribuisce alla diffusione, nel Teatro Sannazzaro, dell'Opera buffa napoletana del Settecento, Alfredo Parente, Musicisti che scompaiono: Gennaro Napoli, «Roma», Napoli 30 giugno 1943, XXI, p. 3. [47] Annuario Anno Accademico 1959-60. 330° dell’Istituzione - Conservatorio Statale di Musica S. Pietro a Majella, Napoli, Stab. Tip. G. D'Agostino, 1961, p. 113. [48] Enrica Donisi, La Scuola violoncellistica, cit., pp. 124-125. [49] Beniamino Cesi e Giuseppe Cotrufo sono stati allievi di Salvatore Pappalardo e hanno frequentato con assiduità i salotti delle famiglie Rotondo e Boubée. Nella Scuola violoncellistica si forma anche Martucci, Ivi, pp. XV, 83, 205. [50] «Anacapri, 30 settembre 1969 [la data si ricava dal timbro postale] Caro Parente dopo la lettura dei Vostri articoli da Venezia volevo dirVi il mio modesto EVVIVA! [...] conto di essere a Napoli verso la fine di ottobre tempo permettendo. Porterei io stessa quanto mi è già pervenuto per il decennale [della morte di Napolitano] o lo volete prima? Gui ha scritto un pensiero assai commovente. Che caro amico. E come scrive bene [...] Emilia Gubitosi», [BNN, Fondo Parente, F. 3]. [51] Anacapri 6 luglio 1977/ Caro Alfredo, riordinando le mie disordinate carte mi sono imbattuta in questo articoletto che scrissi nel primo anniversario della morte della cara Emilia [Gubitosi]. Te lo invio per due ragioni: primo perché ricorda il magnifico saggio che le dedicasti tu alla sua morte e poi per fartela rivedere un momento nelle sue abitudini di vita. Non posso dimenticare i suoi occhi che si riempirono di gioia quella volta che apparisti all’improvviso nel suo studio dove stavamo suonando insieme. Arrivederci a presto. Un abbraccio alla cara Maria anche da Adriano e da me. Livia […]. Ibidem. L'articolo a cui l'autrice si riferisce è Livia Tilgher, Ricordo di Emilia Gubitosi, «La voce di Napoli», 13 gennaio 1979, p. 2. [52] Emanuela Grimaccia, Emilia Gubitosi: teatro e vita musicale a Napoli nel primo Novecento, in «Musica e musicisti a Napoli nel primo Novecento», a cura di Pier Paolo De Martino e Daniela Margoni Tortora, cit., pp. 350-351. [53] Annuario, cit. p. 112. [54] La Sonata per violino di Santoliquido viene eseguita da Lida Capucci al pianoforte e G De Rogatis alla viola, il quale interpreta alcuni pezzi di Santoliquido anche il 13 febbraio, Mila De Santis, Alfredo Casella e Napoli, , in «Musica e musicisti a Napoli nel primo Novecento», a cura di Pier Paolo De Martino e Daniela Margoni Tortora, cit., pp. 154, 156. [55] Fiamma Nicolodi, Musica e musicisti, cit., p. 479. [56] Curriculum di Francesco Santoliquido, BNN, Fondo Parente, F. 19. [57] «Anacapri 18 ottobre 1947/Caro dott. Parente [...]/Vi mando il mio Curriculum Vitae. [...] Come vedete il mio apporto alla musica italiana è stato importante ed io merito ampiamente che il teatro S. Carlo, quest'anno, consacri la mia carriera rappresentando la mia opera in 4 atti La porta verde. Se non lo farà sarà una grande ingiustizia! Cercate di avvicinare i membri della Commissione artistica [...] Francesco Santoliquido». «Anacapri 15 novembre 1947/Caro dott. Parente/ Come vedete, io seguito ad essere escluso dalla vita musicale napoletana! Spero che avrete esaminato il mio Curriculum Vitae (ve lo mandai tempo fa) e vi sarete reso conto dell'importanza della mia produzione musicale e del mio apporto alla musica italiana in 45 anni di lavoro e di successi in tutto il mondo. Vi par giusto che un musicista del mio valore sia soppresso e sepolto vivo a Napoli? È uno scandalo che deve finire! Io vi prego di agitare pubblicamente la questione chiedendo sul vostro giornale che la mia musica venga eseguita a Napoli! Son certo che il vostro senso di giustizia vi farà compiere questo gesto generoso. Io vi confesso che non avrei mai creduto che avrei trovato tanta ostile resistenza a Napoli dove speravo di essere accolto invece con affettuosa ospitalità!... Come mi sono sbagliato!!! Con la speranza che vorrete diventare il mio sostenitore vi mando i più fraterni saluti Francesco Santoliquido», Ibidem. [58] «[...] Tra le vacillanti luci dei ceri ed i fumi odorosi del belzuino, tra ritmi ossessionanti di tamburi e canti bellissimi avvenivano nella moschea di Sidi-ben-Aissa i sacrifici simbolici della Spada, dei chiodi, dei pugnali conficcati nella guancia ed altre mortificazioni della carne, evidenti rievocazioni del martirio e della crocifissione di Gesù, che gli arabi chiamano Aissa e dal cui nome proviene la setta degli Aissaùia», Francesco Santoliquido, Hammamet, giardino d'aranci, «Il Carniere», a. IV, 1972, p. 26. [59] Egli ha tradotto, fra l’altro, Sette giorni fra mille anni, di Graves Robert, Milano, A. Mondadori, 1976. [60] Francesco Santoliquido, Hammamet,cit., p. 26. [61] Frutto di questo lungo soggiorno sono: Il profumo delle oasi sahariane: synphonic sketch for orchestra, London, J. e W. Chester, 1923; Tre poesie persiane musicate per canto e pianoforte Firenze, Forlivesi, s.d., rispettivamente su testi di Omar Khaiam, poeta-filosofo, e Abu-Said, poeta persiano e Negi De Kamare; Due Acqueforti tunisine: La notte sahariana e La danzatrice araba, per pianoforte, Firenze, A. Forlivesi, s.d.; Ferhu; I giardini di Ualata e Il cuore sanguinante, Milano, G. Ricordi e C., 1939, due poesie arabe per canto e pianoforte da Il giardino delle carezze di Franz Toussaint, tradotte da Santoliquido. [62] Curriculum di Francesco Santoliquido, BNN, Fondo Parente, F. 19. [63] Lettera di Mario Zafred, del 10 novembre 1977, cit.; Lettera di Parente ad Amfitheatrof, Napoli 14 dicembre 1977, cit., Ivi, F. 3. Su richiesta della pianista, a Napoli, presso Maria Merlino Napolitano, Parente aveva anche promosso l'organizzazione di un concerto del Quartetto di Roma, mai realizzato, per la sopraggiunta morte della Puliti, Lettera di Amfitheatrof a Parente, Roma, 29 dicembre 1977, su carta intestata del Quartetto di Roma. Piazza Prati Strozzi, 26, Ibidem. [64] Lettera di Santoliquido a Parente, Anacapri 14 gennaio 1955, Ibidem. [65] Alfredo Parente, I Sinfonici d'autunno inaugurati al San Carlo, «Risorgimento», 11 ottobre 1948, p. 3. [66] Come dimostra la cospicua mole di documenti sull'argomento, cfr. BNN, Fondo Parente, F. 19, busta Battaglie urbanistiche (Capri). Parente combatte contro la costruzione dell'Albergo Luna, in località Giardini Augusto, ma anche contro la ricostruzione di altri alberghi e per la tutela degli alberi. Fra altri lo sostengono Vincenzo Vitale: «Caro Alfredo [...] Tutti insorgeremmo, ove se ne presentasse la necessità, a darti man forte.[...] sempre accanto a te col cuore e con la spada. Tuo aff. mo Vincenzo Vitale» (Lettera di Vitale a Parente, Napoli 28 agosto 1963 e 13 luglio 1963) e Domenico Rea, come risulta dal telegramma del 22 agosto 1963: «Prego gradire vivissime congratulazioni per vostra battaglia a favore bellezza di Capri. Cordialità Domenico Rea», Ibidem. Parente è fra i primi in Italia a rivolgere l'attenzione su questo tema, insieme con Elena Croce (sulla scrittrice, a parte la bibliografia facilmente reperibile, cfr. Guido Donatone, Elena Croce, in trincea per difendere il bello, Corriere del Mezzogiorno, 20 aprile 2016, p. 15.), che ha contribuito a sensibilizzarne il pubblico. [67] Le sue musiche vengono eseguite in diverse parti del mondo: in Europa, dove sono recensite positivamente soprattutto nei territori francesi e tedeschi, in Giappone, a Tokio Maki Mitsuma interpreta alcune sue liriche, e in USA. Vengono dirette da grandi artisti italiani e stranieri. Ai concerti classici di Nizza Paul Andreani dirige in prima esecuzione la Sinfonia in fa maggiore (edita da Forlivesi), eseguita poi a Philadelphia (USA) sotto la direzione di Guglielmo Sabatini. Vittorio Gui - suo compagno nel S. Cecilia di Roma- dirige in prima esecuzione italiana due intermezzi della Ferhuda, La Veglia e L’ultima notte di Ramadan, riediti a Firenze nel 1940; nel Teatro S. Carlo di Napoli La Favola di Helga, opera in un atto, e nel Teatro Augusteo di Roma La sagra dei morti; a Napoli Franco Michele Napolitano dirige La Sagra dei morti e Acquarelli; nel 1910, nel Teatro Del Verme di Milano, Ettore Panizza dirige La favola di Helga opera in un atto, su libretto proprio, in prima esecuzione (La favola di Helga opera in un atto, su libretto proprio, Milano, Ed. Ricordi, 1910); al Teatro Augusteo di Roma, nello stesso anno, Georg Schnéevoigt il Crepuscolo sul mare schizzo sinfonico, in prima esecuzione; nel 1922 Bruno Walter Il profumo delle oasi sahariane e nel 1923 Albert Costes dirige Acquarelli (La mattina nel bosco, Nevica, Vespro, Posta notturna) e, nello stesso anno, nel Teatro degli Indipendenti di Roma La Bajadera mimodramma in un atto, in prima esecuzione. Nel 1928 Santoliquido scrive le Tre miniature per i piccoli (La Danza del ranocchietto verde, Il sogno di Teddy Bear, Fanfara per i soldatini di piombo), per pianoforte solo, forse in omaggio ad Ornella Puliti. Trascritte per orchestra dall'autore, le Tre miniature (G.P. Mignani, per pianoforte solo nel 1928 per orchestra nel 1931) sono dirette, probabilmente nel 1931 in prima esecuzione, da Alfredo Casella, il compositore contro il quale Santoliquido si scaglierà perché colpevole di aver sposato una donna ebrea. Le Tre miniature sono state dirette anche da Victor de Sabata, nel Teatro Augusteo di Roma, edite da Forlevesi, (Curriculum di Francesco Santoliquido, BNN, Fondo Parente, F. 19) e sono state trascritte da Antonio Romeo per banda nel 1934 (Francesco Santoliquido, Le Tre miniature, trascrizione per banda di Antonio Romeo, Firenze, A. Forlivesi e C., Stamp. G. e P. Mignani, 1934). Nel 1938 Caggiano dirige in prima esecuzione Preludio e burlesca per orchestra d’archi nel Teatro della Arti di Roma (ed. Ricordi); infine, nel 1939, a Roma, Mario Rossi dirige in prima esecuzione La sagra dei morti, elegia eroica per i caduti della Prima Guerra Mondiale (edita da Forlevesi). [68] Notizia gentilmente fornitami dal dott. Raffaele Vacca. [69] Abra K. Bush, Le liriche da camera di Francesco Santoliquido, L'Ohio State University, 2003, Tesi di dottorato in Arti Musicali della Scuola di laurea dell'Università di Stato dell'Ohio, L'Ohio State University, 2003, comitato di dissertazione: Dr. J. Robin Rice, prof. Eileen Davis, dott, Graeme Boone (consultabile su Internet).
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