di Luigi De Falco Italia Nostra, in una recente audizione alla 13esima Commissione del Senato, dedicata al tema “Territorio, ambiente e beni ambientali”, ha ribadito ai senatori presenti alcuni concetti fondamentali che riguardano la gestione del territorio e le criticità irrisolte della pianificazione paesaggistica. Luigi De Falco, urbanista e vicepresidente dell’associazione, ha ricordato che, ancora oggi, la stragrande maggioranza delle regioni italiane risultano prive dei Piani Paesaggistici o hanno piani redatti dalle sole regioni, cioè senza accordo Stato/Regione e quindi non conformi alle prescrizioni del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Ci sono anche casi più gravi, in cui i piani regionali propongono interventi insostenibili sulle aree tutelate. Un caso concreto è la Lombardia, dove il piano regionale di fatto rinvia agli enti locali le prescrizioni di tutela delle aree pregiate del territorio. Per farla breve, un piano di lottizzazione, ad esempio, sulle sponde di uno dei laghi della regione diventa di per sé, automaticamente, una norma di tutela. Contro quella assurda previsione, il potere della Soprintendenza si limita a valutare se “bello” o se “brutto” il progetto proposto, non a proibirlo. Un tentativo dopo l’altro, un “bel” progetto prima o poi arriva, magari approvato per silenzio assenso da una Soprintendenza stremata. In realtà, il Codice impone al MiBACT i poteri sostituitivi nei confronti delle regioni inadempienti: Nella storia d’Italia si annovera un solo precedente del genere, quando (ministro, l’ottimo Alberto Ronchey) con decreto del Presidente della Repubblica, il Mibact sostituì la Regione Campania. Oggi, grazie a quella impavida scelta della politica, la Campania ancora detiene forse i migliori piani paesaggistici d’Italia, oggetto di continue (per niente oscure) manovre tese a destabilizzarli, fatte di leggi regionali derogatorie (esempio, i “piani casa”) sulle quali la magistratura amministrativa, sino alla Corte Costituzionale, e quella penale, intervengono. Purtroppo la tendenza, anche in Campania, è di produrre leggi pure in odore di illegittimità costituzionale, ma che, finchè, appunto, non formalmente riconosciute tali dai tribunali, continuano a produrre devastanti effetti sul territorio, quasi pari a quelli prodotti da un tolleratissimo abusivismo edilizio, e che assieme hanno saputo assicurare enormi ritorni a politici di turno e imprese in odore di camorra. Nelle more, stiamo assistendo a una serie improduttiva di protocolli, accordi e intese istituzionali tra Mibact e regioni, che non riescono a mettere alcun argine alle pesanti trasformazioni quotidiane del territorio generate da questa grave omissione da parte del ministero. Se a questo si aggiunge il progressivo depauperamento delle risorse economiche e del personale degli organi periferici del Mibact si comprende bene come la tutela paesaggistica in Italia goda in questo momento di pessima salute. L’audizione presso la Commissione Ambiente ha permesso a Italia Nostra e alle associazioni portatrici di interessi diffusi di commentare i disegni di legge attualmente sul tavolo delle istituzioni parlamentari che potrebbero determinare importanti effetti in tema di beni culturali e assetto del territorio. Sicuramente positivi quelli del ddl n. 970 Disposizioni in materia di tutela dei centri storici, dei nuclei e dei complessi edilizi storici; sicuramente pessimi quelli del ddl n. 1131 Misure per la rigenerazione urbana. La premessa sottesa a tutte le proposte in discussione, è che si debba anzitutto mettere in salvo i beni irrinunciabili del Paese, veri e propri gioielli di famiglia, quali i centri storici e tutte le aree sottoposte alle tutele, ambientale e paesaggistica, dalle leggi vigenti. Giova premettere che il ddl n. 970 è il frutto del lavoro di un ampio gruppo di esperti, anche espressione di varie associazioni, che hanno lavorato su impulso dell’associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, presieduta oggi da Rita Paris, e al tempo da Vezio De Lucia, sintetizzato nel testo finale rielaborato da Giovanni Losavio. Alla preparazione del documento, durata alcuni mesi, hanno offerto a vario titolo il loro contributo Vezio De Lucia, Giovanni Losavio, Pierluigi Cervellati, Daniele Iacovone, Luigi De Falco, Elio Garzillo, Ilaria Agostini, Francesco Erbani, Margherita Eichberg, Alessandro Leon, Paola Somma, Giancarlo Storto, Walter Tocci, Paolo Cirillo, Roberto De Marco, Alessandra Caputi, Maria Pia Guermandi, Mirella Belvisi, Laura Travaglini, Umberto D’Angelo, Lucinia Speciale, Giuseppina Tonet. Il disegno di legge n. 970 contiene gli elementi essenziali per la tutela adeguata della città storica, passando attraverso una pianificazione di dettaglio controllata in ogni suo passo dal MiBACT, che consenta di conoscere, perimetrare e garantire la salvaguardia attraverso piani particolareggiati di recupero, secondo rare ma significative esperienze di città in Italia che hanno già meritato l’encomio del mondo della cultura e delle associazioni. Particolare attenzione è tesa a salvaguardare la residenzialità nei centri storici, anche attraverso l’edilizia residenziale pubblica. Molte città hanno sperimentato questo tipo di soluzione (Bologna, tra le prime) e considerando che i centri storici non possono essere monofunzionali, come è avvenuto, per esempio, in taluni casi di borghi integralmente trasformati in alberghi e spa a cinque stelle e dove i residenti ne sono rimasti esclusi da ogni processo di possibile riavvicinamento, fino a riferirci ai casi più evidenti delle cd città d’arte (Venezia, Firenze, ecc). Con questa previsione possiamo immaginare che le città storiche possano riavere la presenza di residenti -anche grazie alle risorse post covid- promuovendo iniziative evidentemente già supportate dalle norme esistenti, quali ad esempio la L. 167/62 (“Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree per l’edilizia economica e popolare”), al momento applicabile per i soli Comuni con popolazione superiore ai 50 mila abitanti, ma senza affatto escludere edilizia sociale e altre funzioni e attività, tutte anch’esse necessarie. E’ importante, come proposto nel ddl, l’apposizione del vincolo temporaneo sulla città storica, quella formatasi all’interno della città consolidata, così come i borghi e quei diffusi straordinari episodi di edilizia rurale che oggi, per via di leggi come i “piani casa”, si stanno demolendo e sostituendo con moderni insulsi condomini. Sintomatici i casi dei villini Liberty demoliti a Roma, o il caso del casale del ‘700 sostituito da un condominio con box auto al piede, a Giugliano in Campania. Mettiamo in salvo i gioielli, dunque, e il ddl 970 offre questa garanzia, senza nemmeno fare a calci con le attese della rigenerazione urbana. Le due cose possono viaggiare senz’altro assieme ma è fondamentale mettere in chiaro la scelta che il paese deve fare sulla sua storia. Sulla rigenerazione urbana (ddl IN ha sostenuto e ribadito la contrarietà a disegni di legge che prescindano dalla logica della pianificazione. No a meccanismi derogatori dei piani regolatori dei comuni, ma piuttosto incentivazione alla redazione dei piani regolatori dei comuni. Agli strumenti urbanistici regolatori delle trasformazioni e degli usi corretti del territorio, quali per definizione i piani regolatori, compete individuare i fabbisogni collettivi abitativi e produttivi, delle attrezzature e delle reti, e di conseguenza prevedere le scelte delle trasformazioni. Nel momento in cui si interviene con una corretta pianificazione prevedendo, dimensionando e localizzando la giusta soddisfazione dei fabbisogni, la “rigenerazione urbana” non trova alcuna giustificazione, venendo a decadere qualsiasi motivazione di incentivare mediante premialità volumetriche l’attività edificatoria. L’unico motivo per prescindere dai fabbisogni previsti sarebbe legato all’esigenza di assecondare i voraci appetiti della speculazione edilizia, a danno dell’interesse generale. Se avessimo certezza dell’assoluta autonomia di pensiero della politica dominante, saremmo autorizzati a pensare che la rigenerazione possa essere una buona cosa. D’altronde la “Rigenerazione urbana” non è una invenzione e la “ristrutturazione urbanistica” è il termine ad esso perfettamente assimilabile, ma stabiliamo con chiarezza che si può operare la rigenerazione nei centri storici unicamente per ripristinare i tessuti urbanistici alterati da tanta edilizia del dopoguerra e da tutta quella pessima della speculazione edilizia della ripresa economica, non certo sostituendo speculazione a speculazione Sono le scelte fondamentali l’argomento in discussione non certamente gli strumenti per concretizzarle, così come per impedire il consumo di suolo non urgerebbe alcuna legge, ma sarebbe sufficiente la traduzione di questa scelta in atti concreti delle amministrazioni locali, gran parte delle quali sanno riempire sterili convegni e ambiziosi programmi ma non azioni concrete, ossia strumenti urbanistici nei quali la previsione di arrestare il consumo di suolo trova attuazione immediata e non rinviata al 2020, al 2050, o alle proverbiali calende stabilite nei disegni di legge circolanti. E allora mettiamoci al riparo anche rispetto a queste pratiche inutili e deleterie. Occorre che lo Stato eserciti coerentemente la sua attività di pianificazione economica, dalla quale discendano i piani regionali e a cascata i piani comunali che devono dare risposte concrete utilizzando le stesse norme esistenti, ma è in primis per la formazione dei piani e alla loro gestione e corrispondente attuazione che occorre provvedere, con l’assistenza passo dopo passo delle regioni e il sostegno economico fondamentale dello Stato, ma soprattutto con la sua fondamentale regìa, senza “deleghe” e soprattutto senza “deroghe”.
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