di Aldo Colucciello La comunità di Guardia Sanframondi è il frutto di una lunga esperienza di un paese votato ad un’economia essenzialmente agricola in cui i valori socio-economici di fondo rilevano il dato che in questa comunità ogni sette anni si svolge, nel corso della festa dell'Assunta, una processione durante la quale centinaia di penitenti si flagellano a sangue in onore dalla Vergine. Negli ultimi anni si sono succedute rappresentazioni e descrizioni prevalentemente esterne ed impressionistiche che, oltre a suscitare la reazione indignata degli abitanti di Guardia, hanno sottolineato l'eccezionalità del Rito Settennale. Volendo assistere al rituale religioso-popolare, ma non giungervi impreparati ed estranei, volevo conoscere le modalità attraverso le quali esso si estrinseca e conoscere anche tutto il contesto socio-economico e culturale entro il quale è nato e si è mantenuto, cercando di tentare di comprendere la funzione che esso continua a svolgere in questo orizzonte culturale. Ciò imponeva delle scelte metodologiche adeguate, che non si potevano analizzare soltanto durante il periodo della festa. È stato dunque necessario inserire tale periodo di flusso temporale nell'intero anno in corso, recandomi sul campo a più riprese e quasi con una cadenza settimanale. I primi periodi sono serviti a stabilire con gli abitanti, soprattutto con i ragazzi del locale liceo scientifico, un rapporto di fiducia reciproca e di collaborazione, cercando di far comprendere che il mio sarebbe stato un lavoro di natura metodologica ed etico-politica che mi ha consentito, fra l'altro, di affinare delle conoscenze pregresse dovute alla partecipazione ad altri Riti Settennali. La sorpresa è derivata dall’osservare come piccoli particolari finivano per completare un mosaico proteso all'accumulo dei dati e degli aspetti, per esempio della vita della comunità, che mi hanno fatto cogliere il senso reale e la comprensione effettiva di numerose dinamiche di gruppo e sociali e politiche. Infine sarebbe stato impossibile comprendere il senso più complessivo delle forme rituali, singole e collettive e del legame sociale e delle dimensioni più propriamente quotidiane, non come estranei, verso cui mantenere comunque diffidenza, ma come osservatori partecipi di una realtà che non veniva artificialmente ricostruita. La disponibilità dei guardiesi è andata via via crescendo e il contatto con i protagonisti stessi dei Riti forniva elementi e criteri per la scelta dei successivi passi e le relative modalità di approccio ai materiali e alle informazioni, che hanno costituito una sorta di diario etnografico, nel mio caso legato al visivo, per sottolinearne le valenze antropologiche più rilevanti. A Guardia Sanframondi si racconta che la statua dell'Assunta sia stata ritrovata nel territorio di Limata da un allevatore intento a far pascolare i maiali. La Madonna portava in braccio un bambino il quale a sua volta reggeva nella mano destra una spugnetta con trentatre spillini. La rimozione della statua dal terreno in cui fu ritrovata fu un’ardua impresa. Si narrache non fu facile recuperare l’effige per i cittadini, tant’è che si recarono in loco in processione, battendosi il petto con una spugnetta del tutto simile a quella rinvenuta sulle spine. La statua fu portata nella chiesa dell'Assunta dove è installata tutt'ora, nella cappella centrale sopra l'altare principale. Limata è un luogo che si trova un po’ più in basso rispetto al paese, dove, come in una sorta di avviso, sono stati uditi i suoni dei campanelli. In questo ritrovamento è segnato un altro momento, quello che in antropologia chiameremo ‘il mito fondatore’ relativo al ritrovamento della statua della Madonna. Se questo sia una leggenda o un fatto veramente accaduto non c’è dato di sapere. Varie versioni pongono e sottolineano il rapporto della statua con la comunità di Guardia, ma un racconto, se narrato, fa parte dell’universo culturale di quella comunità e contribuisce alla formazione identitaria. In realtà, anche la statua rientra tra gli aspetti misteriosi della religiosità popolare; innanzitutto la statua esposta nella teca della basilica è ricoperta da un fastoso abito in tessuto, ma le sue reali fattezze sono decisamente diverse, come ci dice un attento studio di don Fausto Carlesimo[i] sulle origini del volto della Madonna che lascerebbero pensare a un pezzo d’arte bizantina. La tesi sarebbe confermata dal fatto che la statua non è a tutto tondo come accadeva nella cultura di Bisanzio che, aveva spesso nelle rappresentazioni figurazioni stilizzate di figure piane. Ma altre interpretazioni ci impediscono di dare pieno credito a questa ipotesi, avvicinando la scultura lignea a tecniche proprie dell'alto medioevo, tecniche che sono sorprendentemente affini a quelle impiegate per realizzazioni di statue che potrebbe provenire dal bacino del fiume Calore, dove si trovano altri esempi di sculture lignee somiglianti alla Vergine di Guardia. Ogni sette anni, nell' ultima decade di agosto, Guardia Sanframondi celebra i ‘riti penitenziali’ in onore dell'Assunta e lo fa con questa regolarità almeno dagli anni 1930-1940; prima di ciò “si usciva la Madonna anche in penitenza”, durante accadimenti disastrosi legati alle calamità naturali, al fine di implorare l’intervento e la protezione della potenza del divino e in modo da tenere lontane le catastrofi. I quattro rioni: Croce, Portella, Fontanella e Piazza danno vita a cortei, vere e proprie rappresentazioni sacre, dette misteri, che mettono in scena episodi del Vangelo, della Bibbia e della storia antica e recente di vite di santi. La comunità tutta è invitata a partecipare per comporre i quadri religiosi. Dopo le processioni di penitenza e di comunione, dal lunedì al venerdì della settimana di ‘festa’, il sabato, al termine della processione del clero e delle associazioni cattoliche, c'è l'apertura della lastra; uno sportello di vetro chiude la nicchia dove è locata la statua della Madonna. Il momento è vissuto dai guardiesi con molto trasporto e si sente una forte ed autentica partecipazione emotiva, amplificata da un canto corale “s'è sposta Maria”, con cui la comunità si vota alla Madre Divina. Questo è un momento di vera commozione, così elevata che spesso culmina in un pianto liberatorio. È il momento in cui la statua della Vergine viene adornata dagli ex-voto, doni di preziosi offerti dai fedeli negli anni e lasciata all'affetto e alla venerazione dei fedeli accorsi; è la domenica che, dal santuario, parte la lunga processione con tutti i misteri, il simulacro della Vergine, i penitenti, divisi tra disciplinanti e battenti, le autorità e il popolo tutto. I disciplinanti hanno già sfilato nelle processioni rionali, sempre vestiti con saio bianco e cappuccio, che ne nasconde l’identità, muniti di una sorta di frustino metallico che termina con una serie di piastre metalliche di diverso peso, detta disciplina, con cui si colpiscono le spalle e la schiena, mentre i secondi, i battenti, anche loro celando la propria identità, escono solo nella processione della domenica e si battono il petto con una ‘spugna’, un pezzo di sughero con piccoli spilli che generano la lacerazione della pelle fino a sanguinare. Il paese, in questi giorni, esprime un sincero sentimento di pentimento che, nei disciplinanti e ancor più nei battenti, arriva ad annunciarsi come veri e propri sacrifici corporali, che probabilmente ricordano antiche pratiche di tradizione medioevale. C’è un momento topico, quello in cui, per l’unicavolta durante l’andare del corteo religioso, i battenti incrociano la statua della Madonna, la cui uscita dalla chiesa è salutata con un colpo di mortaretto. Si tratta di un momento di particolare emozione: i battenti liberano la loro emotività, lasciandosi andare e manifestando ancor più il loro gesto devozionale, inginocchiandosi e percuotendosi il petto con un’intensità maggiore. Dopo l’incontro con l’Assunta, i penitenti vanno via dalla processione, per tornare di lì a poco, cambiati di abito, e accompagnare, nell’ultimo tratto, il ritorno della statua verso il santuario. Tengo a precisare che sarebbe sbagliato bollare ‘la festa dell’Assunta’ come un’immagine legata a culti devozionali arcaici o primitivi sopravvissuti nella religiosità popolare., Il tempo sta deformando un atto di devozione, mutandolo in una situazione sempre piùad uso e consumo dei nuovi media: una sofferta testimonianza di fede rischia di apparire sempre più superficiale da persone frettolose ed a caccia di scoop. Come tutti gli eventi che toccano due dimensioni contigue, spesso lontane come quella umana e quella della ‘mirabilia’ del soprannaturale, non bisogna pretendere di avvicinarsi a queste circostanze solo da un punto di vista prettamente antropologico, ma di considerare la circostanza come ‘un fatto sociale totale’ fatto di elementi socio-culturali o addirittura economici come qualcuno ha voluto fare oppure alla sola dinamica legata alla fede escludendo il bisogno di incarnarsi nella storia. Alcune esperienze e testimonianze meglio rendono il valore dell’esperienza e del ricordo che se ne conserva. Sono in molti a parlare di una bella esperienza perché i Riti sono il momento in cui si rafforzano le conoscenze e se ne fanno di nuove, dove il concetto di insieme rende gli individui parte di questa comunità che come tante, forse, nel tempo resta frammentata e dove anche chi non si definisce cattolico o un non assiduo frequentatore della chiesa si sente motivato afarlo proprio perché cresciuto o appartenente a queste zone e che solo dopo aver preso parte a quell'avvenimento ha compreso il senso del ‘crescere’ proprio qui. Il rito tocca il suo apice emotivo quando il sangue tinge di rosso le tuniche dei battenti, che in centinaia segnano le strade del paese confermando che il gesto di penitenza, ossia un momento di vera preghiera personale e non di esibizionismo. È quello il momento in cui si avverte la solitudine del penitente, il momento in cui lo sguardo si assorbe sul crocifisso e sull’immagine di Maria imbrattata di un sangue fertile, atto a rinnovare il voto e la vita stessa. È una fede che viene da lontano perché è un credo che c'è stato ‘trasfuso’ da piccoli, da quando i genitori, come i nonni, iniziavano a raccontare della loro storia, dove ‘le vicende’ legate alla Vergine Assunta sono state nella storia delle famiglie degli episodi che a Guardia sono qualcosa che va oltre la fede. La particolarità di questo evento è che, bensì sia una festa, della festa non abbia la tradizionale struttura: non ci sono bancarelle, bande musicali, attrazioni, giostre né luminarie artistiche, tutto sta nella penitenza, dal disciplinante al battente fino ad arrivare a chi cammina a ritroso indossando abiti pesanti sotto la canicola di agosto. Forse per fede, per un contatto fatto di ‘magia omeopatica’ o per imitazione, si finisce per essere coinvolti, anche solo per rispetto ai propri concittadini. Per tale ragione la festa, che è un istituto culturale e dunque un fatto sociale totale, va analizzata da diversi punti di vista. Questa esperienza di fede ha un elemento che possiamo identificare come ghenos[i] che caratterizza socialmente la propria identità. Un ‘valore’ che si accentua con il ritrovamento della statua dell'immagine, un accadimento da cui questa collettività costruisce una ciclicità rituale che abbiamo imparato a chiamare ‘festa dell'Assunta’ e dei ‘Riti Settennali’. Oltre che la propria esperienza comunitaria, è, forse, questa unità che suscita l'interesse, su vari piani speculativi, del sociologo, dell'antropologo o del giornalista ma che visti dall’interno del gruppo non sono altro che tratti di una manifestazione di fede, come dimostrano le testimonianze di quanti, pur riconoscendo di non avere una fede profonda, hanno preso parte agli eventi nel rispetto della tradizione. Probabilmente il problema sta nel fatto di dare troppa importanza ad un’apparente spettacolarizzazione, amplificando e cercando di ‘spiegare’ o di capire cosa provino i battenti, li dove bisogna lasciare il tutto ad una lettura legata ad un'emozione fortissima: non c’è nessuna spiegazione razionale. L'aspetto più eclatante è naturalmente la presenza dei battenti a sangue, ma in realtà il dinamismo delle celebrazioni rimanda all'idea del sacrificio e per tentare una comprensione metaforica si può partire dal significato del verbo ‘sacrificare’ dal latino facere; il verbo indica rendere sacro, agire o suscitare una sensazione da qualcosa che si abbia intenzione di donare, in questo caso il sangue. Da qui si potrebbe passare al sacer. La parola latina sacer ha il valore di inviolabile, di vietato ai profani, tant’è vero che Freud l’accosta addirittura al concetto di tabù[ii]. Il termine induce a pensare ad un luogo, ad un oggetto, a un atto ritualizzato che stabilisce una relazione tra l’individuo ed una comunità e rispetto al quale la comunità definisce attraverso la propria identità l'accesso o il rapporto con il divino che, per sua natura, è precluso agli uomini che ambiscono ad un'altra ascendenza conquistabile attraverso la condivisione di un dono. Ma prima di parlare della penitenza bisogna parlare del penitente e quindi parlare dell’uomo che vive questa sofferenza o se volete di questa dinamica che trasforma la gioia ad imitazione di un Cristo sofferente che tende ad innescare una sorta di espiazione attraverso cui vogliamo perfezionare il nostro ‘sentito’. Esso diventa la via di purificazione, segno tangibile di un intenso processo interiore che, attraverso la mortificazione del corpo, diventa un segno che ineluttabile rimanda ad altro. Queste determinanti sono così forti che appaiono palesi o vengono in qualche modo accettate anche gli occhi di coloro che assistono al compiersi del rito. Forse è in questo che bisogna ricercare le motivazioni e quella corrispondenza di intenti che vede persone che tornano anche da lontano e che potrebbe assumere un aspetto iniziatico, una sorta di presentazione alla comunità. Checchée se ne pensi, qui siamo di fronte ad una storia delle tradizioni e di un rito sulla cui struttura non si possono operare generalizzazioni perché ognuno lo vive in maniera diversa ed alla luce della propria esistenza, delle proprie necessità, della propria cultura e della propria fede. Purtroppo non è facile scardinare l’idea di molti che credono che siamo di fronte ad un mero fanatismo ed alla spettacolarizzazione della fede, ma, sicuramente, come per me, chi ha assistito all’uscita dalla chiesa non scorderà mai il pathos generato dal primo incontro con i battenti dopo il lancio della voce del ‘capo-battenti’ che incita i suoi compagni: “Fratelli, in nome della Vergine Assunta, con fede e coraggio battetevi”. Un elemento importante perché i riti possano essere guardati con chiarezza e con rispetto, al fine di poter meglio capire, sta nell’intuizione che mi spinge ad affermare che non si può guardare un evento di tale complessità se non si è coinvolti, se non si entra dentro la vicenda per poter sentire l’emozione e viverli come parte del tutto. L’osservatore deve essere consapevole di poter diventare l’osservato e di far parte di quel momento complessivo che possiamo sintetizzare con l’espressione: ‘teatro della festa’. Per forza di cose chi guarda, volente o non, finisce per influenzare e per essere influenzato; qui scatta la sensibilità e perché no, l’educazione del singolo individuo. È la comunità che dà una dimensione di vita attiva e fa capire, per esempio, che il rito è l’elemento che vede tutti i rioni, tutto un paese, tutte le famiglie forgiare una memoria storica ‘in movimento’, un movimento che si rigenera ogni sette anni per rilanciare a chi verrà, la necessità di rendere propria quest'esperienza. Questa saga non è un mero ricordo, è innovazione: nella sua apparente staticità permette ai ‘nuovi di innestarsi’ nel suo flusso e di capirne il senso per rilanciarlo verso il futuro. Scrive Luigi Lombardi Satriani che la flagellazione, in quanto spargimento del proprio sangue, è assunzione della morte, di una morte delimitata e incontrollata che, nel quadro protettivo del rituale, può essere negata perché, dopo lo spargimento rituale di sangue, vi sia una nuova vita, rigenerata, potenziata e protetta;uindi, lungi dall'essere operazione di morte, neanche nel senso pure apparente di mortificazione. Sul piano simbolico è il linguaggio della vita, la sua rifondazione in un orizzonte protetto dove il sangue dei battenti di Guardia Sanframondi dice della speranza in una vita più clemente con l'aspirazione alla sicurezza, alla fiducia ed alla serenità. È un fatto certo, che sicuramente un intero popolo ,nel periodo della celebrazione dei Riti Settennali e/o della festa dell'Assunta, viva una coralità, una partecipazione, una corresponsabilità, una unità che forse difficilmente in altri momenti è possibile ritrovare.[i] L’elemento catalizzatore della fede che, nelle varie espressioni, con vari moduli e con vari simboli, può essere espressa tendendo a realizzare un grande progetto d’unità che costituisce poi un popolo nelle sue qualità. Capire il rapporto tra sofferenza e fede, e tra sofferenza e gioia è un tema di grande impegno. Noi ben sappiamo, anche dalla nostra esperienza, che è facile sottoporsi a sacrifici notevoli per curare il nostro corpo, passando, per esempio, dai problemi di salute più estremi alle operazioni di chirurgia estetica; per la salute fisica, come per quella spirituale, siamo capaci di spingerci a fare sacrifici notevoli che in tempi normali o con ragioni ordinarie non accetteremmo; ecco perché la sofferenza fisica, in questo caso indotta, può generare un equilibrio interiore al fine di orientarsi verso il tema della virtù che potrebbe essere, oggi più che mai, importantissima anche per la sua rilevanza sociale. Durante l'intero tragitto è evidente il forte attaccamento che i Guardiesi hanno per la statua e non occorre capire o affermare se hanno per caso un rapporto solo totemico, come qualcuno vuole vedere. La venerazione di un popolo che nutre devozione verso sua Madre si manifesta a pieno nel momento in cui tutti vogliono toccare la statua e portarla sulle proprie spalle. Il corteo si muove lentamente verso il santuario e quando l'Assunta arriva davanti alla porta della chiesa entra trasportata a spalla dal clero per rimanere in esposizione per una settimana, svegliata giorno e notte dal popolo. L’invito è quello di partecipare a tutti e sette i giorni dell’evento, non solo la domenica, in modo da potersi rendere conto del vero significato della manifestazione. Solo così si può afferrare la vera devozione ed il vero atto di fede che i Guardiesi hanno per questa vicenda. Qui c’è una ricerca di normalità in una cosa eccezionale e sicuramente non si tratta di qualche mania per essere sotto i riflettori. I Guardiesi sono molto legati a questa tradizione e capita spesso di sentire di giovanissimi che promettono che ogni sette anni, a qualunque costo ed in qualunque parte del mondo saranno, loro saranno presenti: «Tra sette anni sarò presente perché è la partecipazione a qualcosa che sento veramente e se finisce la tradizione finisce anche Guardia e dico, a quelli che vogliono veramente capire, di spogliarsi dei propri abiti, indossare un saio bianco e provare a battersi».[ii] È difficile comprendere la manifestazione di una devozione che può apparire depauperata e distorta, addirittura relegata quasi al solo ruolo turistico o ad un’occasione di popolarità oltre i confini del paese. Così facendo ,l'intero rito, e ancora di più i battenti, rischiano di restare coinvolti in una ‘bolgia’ che finisce per generare una totale incomprensione. photo©AldoColucciello_associazioneB.R.I.O. [1] Cfr. F. Carlesimo, I Riti Settennali di Guardia Sanframondi. Un messaggio da riscoprire, 1982; vedi anche F. Carlesimo, I riti guardiesi, Tradizione, religiosità, costume, Benevento, ed. Realtà Sannita, 2011. [2] Il termine ghenos o genos (in greco antico: con ‘genere’, ‘parentela’ o stirpe), indicava piccoli gruppi parentali che identificavano se stessi come un'unità, contraddistinta da un unico nome con lo stesso antenato. Il termine indicava la comune discendenza, la provenienza da uno stesso ceppo, i vincoli di sangue, ma generalmente non esprimeva vincoli di appartenenza politica. [3] Tabù è una parola polinesiana […] Il sacer latino era il corrispettivo del tabù dei Polinesiani, così anche l’ᾄγος dei greci e il Kodausch ebreo dovettero avere lo stesso significato espresso nella parola tabù dei Polinesiani e nelle denominazioni simili in uso presso molti popoli dell’America, dell’Africa (Madagascar), dell’Asia settentrionale e centrale. Cfr. S. Freud, Totem e tabù e altri saggi di antropologia, Roma, Netwon Compton, 2006 [1990]. 2. Il tabù e lì ambivalenza dei sentimenti. [4] Cfr. L. M. Lombardi Satriani, M.Meligrana, Il ponte di San Giacomo. L’ideologia della morte nella società contadina del Sud, Palermo, Selleria, 1996; vedi anche L. M. Lombardi Satriani (a cura di), Santità e tradizione. Itinerari antropologico- religiosi in Campania, Roma, Meltemi, 2000; vedi anche L. M. Lombardi Satriani (a cura di), De sanguine, Roma, Meltemi, 2000. [5] Note di conversazioni dall’osservazione partecipante e dalla ricerca di campo raccolte dall’autore durante l’ultima edizione dei Riti. [N.d.A.] BIBLIOGRAFIA AA. VV., Guardia Sanframondi, la memoria fotografica. La tradizione religiosa (1898-1975), Guardia Sanframondi, 2003. AA. VV., ‘La croce avanti, non tengo pietà’- Il ciclo festivo settennale a Guardia Sanframondi, Quaderno DEA, n. 7, Roccasecca, Arte Stampa, 2017. Arata, S. D., “The Occidental Tourist: Dracula and the Anxiety of Reverse Colonization”, Victorian Studies, 33, no. 4, 1990, pp. 621-645. Arens, W. E., Il mito del cannibale, Torino, Bollati Boringhieri, 2001. Biale, D., Blood and Belief. Berkeley and Los Angeles, California University Press, 2007. Biffi, I., Eucaristia. La storia e il rito. Milano, Jaca Book, 1994. Boschi, B. G., “Alleanza nell’Antico Testamento”, in Dizionario Teologico sul Sangue di Cristo, a cura di Tullio Veglianti, Centro Studi Sanguis Christi, Lib. Editrice Vaticana, Roma, 2007, p. 50. Burket, M., Origini selvagge. Sacrificio e mito nella Grecia arcaica, Roma-Bari, Laterza, 1992. Camerani, C., Cannibali. Le pratiche proibite dell’antropofagia, Roma, Castelvecchi, 2010. Camporesi, P., Il sugo della vita. Simbolismo e magia del sangue, Milano, Garzanti, 2007. Carlesimo, F., I Riti Settennali di Guardia Sanframondi. Un messaggio da riscoprire, 1982. Carlesimo F., I riti guardiesi, Tradizione, religiosità, costume, Benevento, ed. Realtà Sannita, 2011. Chiavarini Azzi G., Sangue e Misteri. I Riti Settennali di Guardia Sanframondi nei diari di un viaggiatore, Benevento, ed. Realtà Sannita, 2010. Colucciello, A. (a cura di), Per Lei a cura di. Napoli, Archeologiattiva, 2010. Cuono, R., “Il buon governo della peste. Conversano 1691”, in La continuità funesta. Ambiente e salute nel Mezzogiorno moderno, in Riv. Storica del Sannio, 3 s., 16, II sem., 2001, pp. 209–45. De Blasio, A., Rilievi medievali nella settennale processione dell'Assunta che si celebra a Guardia Sanframondi, in Rivista “Samnium”, anno VI, gennaio-giugno 1933. De Lucia, A., I Riti di Guardia, Benevento, Kat Ed., 2000. de Martino, E., Sud e magia, Milano, Feltrinelli, 1959. de Martino, E., Morte e pianto rituale, Torino, Bollati Boringhieri, 2000. De Matteis, S., Echi lontani, incerte presenze, Urbino, Edizioni Montefeltro, 1995. De Matteis, S., La Madonna degli esclusi, Napoli, D’Auria, 2011. De Rosa, M., Il dono di un vescovo alla sua Chiesa, Penta (SA), Gutenberg Ed., 2008. De Simone, G., Sui colli sanniti. Ricordo delle processioni di penitenza fatte in Guardia Sanframondi dal di 11 al 17 giugno 1888, Napoli (s.i.e.ma Stab. tip. L. De Bonis), 1888. Di Blasio, P., Guardia la Bella, Vigevano, 1993. Di Blasio, P., Il teatro del dolore. L’universo rituale dei battenti a sangue di Guardia Sanframondi, Roma, Di Renzo editore, 1996. Di Grazia, O., Pizzo, C. Mosaico Mediterraneo. Napoli, Esselibri, 2005. Di Lonardo, F., Festa dell’Assunta. Fede, cultura e tradizione, Cusano Mutri, Tip. Nuova Impronta. Di Mezza, F. R., Un mistero profano. Racconto a margine dei Riti Settennali, 2010. Di Nola, A. M., Attraverso la storia delle religioni, Roma, Di Renzo Editore, 1996. Douglas, M., Purezza e pericolo, Bologna, il Mulino, 2003. Dundes, A., “The Ritual Murder or Blood Libel Legend: A Study of Anti-Semitic Victimization through Projective Inversion”. in The Blood Libel Legend: A Casebook in Anti-Semitic Folklore, Madison, WI, 1991, pp. 336-78. Eisenstadt, S., Civiltà ebraica. L'esperienza storica degli ebrei in una prospettiva comparativa. Roma, Donzelli Editore, 1993. Eliade, M., Miti, sogni e misteri, Milano, Rusconi Libri, 1976. Eliade, M., Arti del metallo e alchimia, Torino, Bollati Boringhieri, 1980. Eliade, M., Il mito dell’alchimia seguito da L’alchimia asiatica, Torino, Bollati Boringhieri, 2001. Eliade, M., Immagini e simboli, Milano, Jaca Book, 2007. Elior, R., The Three Temples: On the Emergence of Jewish Mysticism, Oxford-Portland, 2004. Elsner, J., Art and the Roman Viewer: the Trasformation of Art from the Pagan World to Cristianity, Cambridge, 1955. Esposito, V., 2008, “Immagini e ricordi. Fotografia e video-cinematografia”, in La ricerca folklorica Erreffe. Contributo allo studio della cultura delle classi popolari, n. 57, Brescia, Grafo edizioni, 2008, pp. 71-77. Faccioli, P., L’immagine sociologica. Relazioni famigliari e ricerca visuale, Milano, Franco Angeli, 1997. Favazza, A. R., Bodies under Siege: Self Mutilation and Body Modification in Culture and Psychiatry, Johns Hopkins University Press, Baltimore, 1996. Ferlaino, F., Vattienti. Osservazione o riplasmazione di una ritualità tradizionale, Milano, Jaca Book, 1990. Fezzi, F., Il Quadriregio, Bari, Laterza, 1914. Filippi, B., Il teatro degli argomenti. Gli scenari seicenteschi del teatro gesuitico romano. Catalogo analitico, Roma, Institutum Historicum Societatis Iesu, 2001. Foa, A. , Ebrei in Europa: dalla peste nera all'emancipazione XIV-XIX secolo, Bari, Laterza, 2004. Foucault, M., Surveiller et punir. Naissance de la prison, Parigi, Gallimard, 1975, trad. it. di Alceste Turchetti, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Torino, Einaudi, 1976. Freud S., Totem e tabù e altri saggi di antropologia, Roma, Netwon Compton, 2006 [1990]. Geertz, C., Interpretazione di culture., trad. it., Bologna, Bologna, il Mulino, 1987. Gelio, R., “Il sangue nei rituali. Analogie e individualità tra mondo biblico e anatomico mesopotamico”, in Sangue e Antropologia Biblica, vol. II, 1980, pp. 425-451. Giordano, G., Riti di penitenza e di propiziazione, Benevento, Ed. C.C.S., 1981. Girard, R., La violenza e il sacro, Milano, Adelphi, 1980. Girard, R., Vedo Satana cadere come la folgore, Milano, Adelphi, 2001. Girard, R., Origine della cultura e fine della storia, dialoghi con Pierpaolo Antonello e João Cezar de Castro Rocha, trad. it. di Eliana Crestani, Milano, Raffaello Cortina, 2003. Girard, R., Il sacrificio, Milano, Adelphi, 2004. Girard, R., Violenza e religione. Causa o effetto?, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2011. Harper, D., An Argument for Visual Sociology, in J. Prosser (ed.) 1998. Hicks, F., The Fullness of Sacrifice. London, Macmillan, 1930. Iannacchino, A. M., Storia di Telesia, il Sannio Caudino e la Valle Beneventana, rist. anast dell’ ed. del 1900, a cura si S. D’Onofrio, Arti Grafiche “don Bosco”, Telese Terme, 1993. Introvigne, M., Cattolici, antisemitismo e sangue. Milano, 2004. Iuliani, L., De Blasio, A., Guardia Sanframondi. Notizie storiche. Appunti su Limata, Napoli (s.i.e. ma Tipografia Giannini) 1961. Iuliani, L., Le processioni penitenziali guida ai Riti Settennali di Guardia Sanframondi, Guardia Sanframondi, Edizioni Pro-Loco, 1982. Iuliani, L., Guardia Sanframondi. Un paese, Guardia Sanframondi, Edizione Studio Dodici, 1989. Jesi, F. L'accusa del sangue. Mitologie dell'antisemitismo, Brescia, Morcelliana, 2000. Jung, C. G., Psicologia e alchimia, Torino, Bollati Boringhieri, 2006. Kent, A., Divinity and Diversity: A Hindu Revitalization Movement in Malaysia, Hawaii, University of Hawaii Press, 2005. Klawan, J., “Interpreting the Last Supper: Sacrifice, Spiritualization, and Anti-Sacrifice”, in New Testament Studies 48, 2002, pp. 1-17. Labagnara, C., Pennellate di storia, Guardia Sanframondi 1978. Labagnara, C., Guardia Sanframondi. Tradizioni rinnovate nei Riti Settennali, Benevento, Ed. di Realtà Sannita, 2003. Labagnara, C., Tradizioni rinnovate nei Riti Settennali, Benevento, 2003. Lando G., Iuliani L., , “Storia di una statua”, estr. da Annuario 1977, dell’ Ass. Storica del Medio Volturno, Piedimonte Matese, 1977, pp. 135-142. Lando, G., Riti e misteri guardiesi, Guardia Sanframondi, 1982. Lanternari, V., Antropologia Religiosa. Etnologia, Storia, Folklore, Bari, Edizioni Dedalo, 1997. Laras, G.,. “Ebraismo e Martirio”,in Quaderni Nageroni. Il Martiirio nell'esperienza religiosa di ebrei e musulmani, 2005, pp. 13-17. Laras, G., Il contributo del mondo sefardita alla cultura europea. In AA.VV., Identità e storia degli Ebrei David Bidussa, Enrica Collotti-Pischel e Raffaella Scardi a cura di, Milano, Angeli, 2010, pp. 68-74. Lévi-Strauss, C., Le pensée sauvage, Paris, Librairie Plon, 1962, trad. it. di Paolo Caruso, Il pensiero selvaggio, Milano, Il saggiatore, 1964. Lévi-Strauss, C., Dal miele alle ceneri, Milano, Il Saggiatore, 1982. Lévi-Strauss, C., Le strutture elementari della parentela, Milano, Feltrinelli. [1949] 2003. Lombardi Satriani, L. M. Meligrana, M., Il ponte di San Giacomo. L’ideologia della morte nella società contadina del Sud, Palermo, Selleria, 1996. Lombardi Satriani, L. M. (a cura di), Santità e tradizione. Itinerari antropologico religiosi in Campania, Roma, Meltemi, 2000. Lombardi Satriani, L. M. (a cura di), De sanguine, Roma, Meltemi, 2000. Loparco, S., “Religione e cultura nella Festa dell'Assunta di Guardia Sanframondi”, in Quaderni di Medicina, vol. III, n. 3, 1982. Lothariis Cardinalis (Innocenzo III), De miseria humanae conditionis, edit. M. Maccarone, Lucani, in Aedibus Thesauri mundi, 1955. Marano, F., Camera etnografica. Storie e teorie di antropologia visuale, Milano, Imagines, Franco Angeli, 2007. Massenzio, M., (a cura di), de Martino. Storia e metastoria. I fondamenti di una teoria del sacro, Lecce, Argo, 1995. Mazzacane, L., “Le anime dei misteri”, in la Repubblica, 29 agosto 1989. Mazzacane, L., “La festa rivelatrice. Cultura locale e modalità di massa in una comunità locale”, in La Ricerca folklorica. Cultura popolare e cultura di Massa, n. 7, Brescia, Grafo Edizioni, 1983, pp. 97-112. McCarthy, D. J., “Il Simbolismo del sangue timore reverenziale, vita, morte”, in Sangue e Antropologia Biblica, Centro Studi Sanguis Christi, Roma, 1980. Menna, B., La religione del popolo, Benevento, 2011. Milgrom, J., Leviticus 1-16 AB 3. New York, Doubleday, 1991, Leviticus 17-22 AB 3A. New York, Doubleday, 2000, Leviticus 23-27 AB 3B. New York, Doubleday, 2001. Morris, L., “The Biblical Use of the Term Blood”, in The Journal of Theological Studies, 1952, pp. 216-227. Niola, M., (s. i. d.), “Riti di penitenza in onore della vergine Assunta”, in Guardia Sanframondi, mappa della città, Comune di Guardia Sanframondi (BN). Niola, M., Il corpo mirabile, Roma, Meltemi, 1997. Niola, M., “Archeologia della devozione”, in Luigi Maria Lombardi Satriani, De sanguine, Roma, Meltemi, 2000, pp. 53-73. Pacelli, N., Pingue R., I misteri di Guardia Sanframondi. Indagine storica sulle origini dei Riti Settennali, Roma, Edizioni FRI, 1996. Pancorbo, L., “Los picados de Thaipusam” in Fiestas del Mundo. Las máscaras de la Luna, Barcelona, Ediciones del Serbal, 1996, pp. 85-93. Penna, A., Il sangue nell'Antico Testamento. Sangue e Antropologia Biblica, Roma 10-15 marzo 1980: Centro Studi Sanguis Cristi, pp. 379-402. Perèz, J., Breve storia dell'Inquisizione spagnola. Milano, Corbaccio, 2006. Pescitelli R., Chiesa Telesina. Luoghi di culto, di educazione, di assistenza, nel XVI e XVII secolo, Benevento Tip. Auxiliatrix, 1976. Ranisio, G., “I Riti di penitenza a Guardia Sanframondi”, in Etnologia – Antropologia culturale, vol. III: Luglio-Dicembre, Napoli, 1975. Rossi, A., “Realtà subalterna e documentazione”, in Photo 13, a. II, 1971. Rossi, A., Le feste dei poveri, III edizione, Palermo, Sellerio, 1986. Rovito P. L., “Catastrofi e culture della rimediabilità”, in La continuità funesta. Ambiente e salute nel Mezzogiorno moderno, in Riv. Storica del Sannio, 3 s., 16, II sem. 2001, pp. 5-12. Rovito, P. L., Il Viceregno spagnolo di Napoli, Napoli, Arte Tipografica, 2003. Rovito P.L., Colucciello A., Festa, Espiazione, “Misteri” nei Riti di Guardia Sanframondi, Guardia Sanframondi, 2017. Sanzari, F., I re penitenti nei settennali riti di Guardia Sanframondo, Bari (s.i.e.ma Tip. E. Cressati), 1961. Sfameni Gasparro, G., Introduzione alla storia delle religioni, Roma-Bari, Laterza, 2011. Slekzine, Y., The Jewish Century, NJ., Princeton, 2004. Stroumsa, G., La fine del sacrificio. Le mutazioni religiose della tarda antichità, Torino. Einaudi, 2006. Taylor, V., Jesus and his sacrifice. London, Macmillan, 1937. Teeter Dobbs, B., The Foundation of Newton’s Alchemy, Cambridge, 1975. Teti, V., La melanconia del vampiro. Roma, Manifestolibri, [1994] 2007. Toaff, A., Pasque di sangue. Ebrei d'Europa e omicidi rituali, Bologna, il Mulino, 2008. Turner, V., The Drums of Affliction. A Study of Religious Processes Among the Ndembu of Zambia, Ithaca-New York, Cornell University Press(prima ed. 1961 Oxford University Press and The International African Institute), 1981. Turner, V., On the Edge of the Bush. Anthropology as Experience, a cura di Edith L. B. Turner, Tucson (Arizona), University of Arizona Press, 1985. Turner, V., Dal rito al teatro, Bologna, il Mulino, 1986. Van Gennep, A., I riti di passaggio, Torino, Bollati Boringhieri, 1996. Vattioni, F., Ricerche sul sangue nella Bibbia e nell'oriente antico. Nel segno del sangue, 1979, pp. 290-232. Vattioni, F., Sangue: vita o morte nella Bibbia?, Sangue e Antropologia Biblica, Roma, 10-15 marzo 1980, Centro Studi Sanguis Christi. pp. 367-378. Vigliotti, N., San Lorenzo Maggiore, Storia e tradizione. Note su Limata, Benevento, ed. di Realtà Sannita, 2001. Vovelle, M., “Longue durée et crises dans le systeme des representation devant la mort, du moyen âge â nos jours”, in La continuità funesta. Ambiente e salute nel Mezzogiorno moderno, in Riv. Storica del Sannio, 3 s., 16, II sem., 2001, pp. 421-433. Wagner, R., Symbols that stand for Themselves, Chicago, University Chicago Press, 1986. White, L., Speaking with Vampires: Rumor and History in Colonial Africa. Berkele, CA, California University Press, 2000. Yuval, I., “Vengeance and Damnation, Blood and Defamation: From Jewish Martyrdom to Blood libel accusation”. in Zion 55, Nr. 1, 1993, pp. 33-90.
Comments are closed.
|
Archivio
Gennaio 2023
Categorie
Tutti
Scarica qui i numeri completi della Rivista
|
Tutti i diritti sono riservati © Kinetès-Arte. Cultura. Ricerca. Impresa. 2016 |
|