di Alfonso Cipolla Il 26 giugno 2021 veniva inaugurato a Benevento il Museo dei Burattini – MudiBù, un progetto ideato, curato e realizzato dagli Assessorati all’Istruzione e alla Cultura affidati, su delega del Sindaco della Città di Benevento, Clemente Mastella, alla prof.ssa Rossella Del Prete. Fu lei a proporre al Sindaco e alla giunta comunale un progetto di rigenerazione e riqualificazione di uno degli spazi pubblici di competenza comunale da dedicare ai bambini. Oggi il Piccolo Teatro Libertà ospita il Mudibù, il Museo dei Burattini, annesso alla Biblioteca Comunale di Benevento e istituito, insieme ad una piccola Biblioteca di quartiere, grazie ad un finanziamento del Cepell – Centro per il libro e la lettura (MIC), proprio per sostenere la diffusione di una delle più antiche forme espressive del teatro, quella del teatro di figura, un’arte antica che utilizza burattini, marionette, pupazzi, ombre e oggetti vari come protagonisti di una particolare forma di spettacolo dal vivo e segni di un linguaggio fortemente visivo e sensoriale, dunque particolarmente adatto ad un pubblico infantile. Ma il Mudibù ha un pregio ancor più grande: custodisce una pregiata collezione di burattini artigianali realizzati da Antonio Tizzanino, lo storico e appassionato custode del Museo del Sannio, con la passione per l’Opera dei pupi e la materia cavalleresca. L’allestimento del Museo-Biblioteca è stato pensato in maniera semplice, ma accurata, nel rispetto di un’arte povera, ma sontuosa, allo scopo di tutelare e divulgare l’arte espressiva del teatro di figura, di promuovere la lettura di testi di repertorio, di sollecitare l’interesse e la curiosità per un mondo ormai lontano, patrimonio dell’umanità (dal 2008 l’UNESCO ha iscritto l’Opera dei pupi tra i patrimoni orali e immateriali dell’umanità. È stato il primo patrimonio italiano ad essere inserito nell’Heritage List). Il teatro di figura, ovvero il teatro con burattini, marionette e pupi, è un fenomeno che ha origini antichissime e rappresenta in Italia un’eccellenza e un unicum che non trova corrispondenza in nessun altro paese dell’Occidente, per varietà di linguaggi, originalità, ricchezza di materiali e numero di compagnie. La sua storia s’intreccia con quella del melodramma e prima ancora con quella della Commedia dell’Arte, con cui condivide repertorio, pubblico e, per traslato, metodo produttivo. Se si guarda all’Italia dei secoli passati, è la mancanza di un’unità politica, la frammentazione in vari stati sovrani, la centralità dei centri urbani e commerciali, il dominio e l’influenza straniera, che hanno favorito il proliferare di queste compagnie, che unitamente alla vocazione “nomade” dei comici italiani, hanno fatto sì che il teatro delle figure animate s’irradiasse un po’ dappertutto. Infatti, grazie alla relativa facilità di allestimento degli spettacoli, le marionette e soprattutto i burattini sono stati in grado di portare il teatro anche in centri abitati minori se non minimi, quelli distanti dalle grandi città che altrimenti sarebbero preclusi al teatro, venendo così a svolgere una precisa funzione sociale e culturale: una diffusione capillare testimoniata dalla Storia dei burattini di Yorick (alias Pietro Coccoluto Ferrigni), che censisce sul finire dell’Ottocento oltre quattrocento imprese teatrali di marionette in piena attività e circa un migliaio di burattinai. Si tratta di una realtà oggi inimmaginabile, ma ancor più imponente doveva essere andando ulteriormente indietro nel tempo, dato che il periodo più fiorente di tali forme di spettacolo si colloca a partire dagli ultimi decenni del Settecento e per tutta la prima metà dell’Ottocento. È soprattutto intorno allo scoccare del XIX secolo che nasceranno le grandi compagnie destinate a diventare famose in tutta Europa per i loro sontuosi spettacoli marionettistici. I loro allestimenti, giocati sulla spettacolarità del meraviglioso, saranno infatti raccontati da numerosissimi scrittori stranieri, dato che le marionette – al pari del melodramma, dei capolavori del rinascimento e delle antichità romane - diventano tappa obbligata nel percorso di formazione intellettuale del cosiddetto “viaggio in Italia”: preziose le annotazioni del marchese De Sade, di Stendhal, Gautier, Flaubert, Dickens, Andersen, Mark Twain… Lo stesso meravigliato stupore viene riservato ai burattini di piazza e naturalmente alle marionette cavalleresche d’impronta epico popolare: i pupi romani, napoletani, siciliani. Come si intuisce si tratta di un lascito enorme e di prestigio che con alterne fortune e molta disattenzione da parte di intellettuali e studiosi è giunto fino a noi. Ma, se teatralmente quell’arte antica ha saputo rinnovarsi attraverso gli spettacoli e mantenere vivo il rapporto con il pubblico, la valorizzazione del patrimonio storico, col suo bagaglio di memorie specchio della società di appartenenza, accusa ancora un notevole ritardo, anche se fortunatamente in questi ultimi decenni quel vuoto si è venuto in parte colmando. Sono stati soprattutto i vari territori in ambito locale a mettere in atto operazioni di recupero della propria identità, rendendo il dovuto omaggio al lavoro assiduo di marionettisti, burattinai, pupari che giorno dopo giorno hanno saputo essere interpreti ed espressione di una comunità. Gli esempi sono tanti e sono il segno di una sensibilità crescente. Solo qualche mese fa si è inaugurato a Crevalcore il Museo Civico dei Burattini Leo Preti; a Piadena è in atto un progetto intorno alla figura del burattinaio Attilio Arcagni; i ricchi materiali di Ugo Pozzo sono oggetto di studio presso l’Università di Verona, mentre una grande mostra è stata recentemente dedicata a Bepe Pastrello, il burattinaio di Castel Franco Veneto. Il Comune di Vercelli ha in animo di trovare una sede adeguata per i tesori della grande famiglia d’arte Niemen, e ancora in anni recenti sono state allestite mostre su Giorgio Benfenati, il burattinaio del Valentino di Torino e su Giancamillo Rossi, eclettico artista e marionettista di Pescara. Non si può quindi che salutare con gioia la decisione dell’amministrazione comunale di Benevento, ben sollecitata dall’allora Assessora all’Istruzione e alla Cultura, la prof.ssa Rossella Del Prete, di dare casa ai pupi costruiti con commovente passione da Antonio Tizzanino : un amore durato una vita per un teatro non agito ma sognato. Quei pupi, donati generosamente dalla famiglia, fanno ora bella mostra di sé nel MudiBù – Museo dei Burattini, allestito insieme ad una piccola Biblioteca di Quartiere, presso il Piccolo Teatro Libertà, caratterizzando così uno spazio interamente dedicato all’arte del teatro di figura: un luogo di accadimenti e di fascinazione, quindi, capace di ospitare non solo un museo in divenire, ma spettacoli, laboratori, incontri e non ultima una biblioteca specifica su marionette, burattini e pupi. È l’inizio di una bella avventura da intraprendere insieme: un grande regalo per l’intera città, per riscoprire un teatro antico ma che può essere modernissimo a un tempo, fatto d’ingenuità e immediatezza ma anche di ricerca e sofisticata raffinatezza.
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