di Antonio Mastrogiacomo Un lessico musicale, anche se modesto per proporzioni e per intenti, è lo strumento e il compagno inseparabile del musicista professionista. Apprendere e insegnare l'arte [...] è comunque impensabile senza possedere i rudimenti di una terminologia che serva da mezzo di comunicazione. E la terminologia in sé include i concetti opposti di distinzione e affinità, delle differenze e delle somiglianze. Nascono così la classificazione e il sistema. [Sachs, 1979, p. 221] INTRODUZIONE Il contributo propone una riflessione sull'impiego della scrittura quale medium per l'organizzazione dei suoni. Solo indagando il corso della scrittura musicale è possibile infatti documentare il percorso verso l'acquisizione del suono nella sua totalità di informazione acustica. Se nella parte centrale del testo vengono passate in rassegna diverse forme di scrittura musicale, il contributo si conclude con una considerazione sulle possibilità di manipolare i suoni fuori dal suono, accresciute grazie alle acquisizioni dovute alle nuove tecnologie. Questa pratica si è resa disponibile anche al non professionista, chiamato a relazionarsi con l’organizzazione dei suoni nella scrittura grazie alla codificazione dell’informazione acustica a mezzo della sua rappresentazione che garantisce l’apertura di un campo di gioco dapprima sconosciuto. LA NOTAZIONE ALFABETICA «Dalla metà del III secolo a.C. era in uso tra musici professionisti un sistema convenzionale di notazione musicale. Tale sistema è adoperato in modo consistente nei papiri e nelle iscrizioni pervenuteci, che vanno dal suddetto periodo fino alla fine del III secolo d.C. [...] La nostra conoscenza del sistema di notazione si deve principalmente ad Alipio e alle sue tavole indicanti tutte le note delle quindici scale modali, in ognuno dei tre generi. Le altezze delle note sono indicate con lettere dell'alfabeto utilizzate come segni di notazione, che nel caso della musica vocale sono scritte al di sopra delle sillabe del testo. [...] Ci sono pervenute due serie separate di segni, di cui una era usata per la musica vocale e l'altra per la musica strumentale. I valori ritmici sono definiti, dove necessario, da alcuni segni supplementari; ma in brani vocali i ritmi, per la maggior parte si deducono dal metro del verso». [West, 2007, p. 375] Il caso della musica greca documenta una delle prime forme di rappresentazione simbolica del suono mediante la scrittura, non a caso alfabetica dal momento che «la notazione è per la musica quello che la scrittura alfabetica è per le parole: un sistema coordinato di segni con i quali si scrivono sul rigo musicale gli elementi del discorso musicale, principalmente l'altezza e la durata dei suoni» [Allorto, 2005, p.56]. E non è un caso se ritroviamo la lettura appannaggio dei soli professionisti, esercizio di un potere che ricorda quello dello scriba già presente nella cultura egizia. In effetti, questa condizione percorre carsicamente la storia della musica fino alla recente acquisizione dovuta alle nuove tecnologie. Ma restiamo ai Greci. Il caso della musica greca resta infatti il primo sistema di notazione veramente documentato e interpretato, ed ha visto due fasi chiaramente distinguibili. Il primo tipo di notazione greca (detto strumentale) si serve di segni (in parte lettere di un alfabeto arcaico) che possono assumere tre diverse posizioni (dritta, rovesciata e orizzontale) per indicare le note anche nelle loro possibili alterazioni; il secondo sistema, posteriore (detto vocale), non usa distinzioni di posizione, ma utilizza una lettera dell'alfabeto ionico per ciascun suono, oltre ad altri simboli convenzionali per la durata. Presumibilmente, questo tipo di notazione fu adottato anche dai romani, che però sostituirono le lettere greche con le prime quindici (A-P) dell'alfabeto latino, poi limitate a sette. LA NOTAZIONE GRAFICA Se le notazioni del mondo classico sono essenzialmente alfabetiche, nel corso del Medioevo si sfrutteranno i simboli grafici degli accenti acuto e grave, sull'esempio delle notazioni bizantina, siriaca, armena, copta ed ebraica, che ebbero (specie la prima) una precisa e identificabile influenza sull'evoluzione della grafia musicale occidentale. In questa prima fase, la scrittura musicale è corroborata alla parola come la vite al suo tutore; questa condizione verifica per l'appunto il caso della scrittura neumatica, marchio grafico del canto gregoriano. «Si intende con la designazione di canto gregoriano tutto il complesso della musica fiorita durante il Medioevo in seno alla chiesa, dalle origini del Cristianesimo fino alle origini della polifonia, quindi dell'Umanesimo: musica vocale monodica, inquadrata negli schemi della liturgia cattolica»[Mila, 1966, p.21]. Eppure, tra i fondamentali caratteri unitari della musica europea del primo millennio dell'era volgare, ricordiamo che in principio la musica fu tramandata oralmente, per insegnamento mnemonico. E che solo alla fine del millennio si incominciò a scrivere sui libri di uso liturgico le melodie sacre, specie quelle di rara esecuzione, con una notazione inizialmente approssimativa. La notazione neumatica nasce nel sec. VIII e ha uno sviluppo estremamente differenziato nei vari paesi europei, tale da dare origine a quindici famiglie di neumi – tra cui il canto beneventano. La comparsa del neuma serve a chiarire in forma ancora embrionale certe formule melodiche già entrate nell'uso. All'inizio, la loro funzione era puramente mnemonica: i neumi venivano chiamati chironomici, cioè gestuali, perché richiamavano nella forma i movimenti della mano del maestro che dirigeva il canto. Attraverso modificazioni successive si sarebbe poi giunto a uno stadio finale di precisazione degli intervalli melodici (sec. XII-XIII). La scrittura musicale acquisì così un apparato semantico che definiva con evidenza visiva anche melismi molto elaborati. La notazione si definì, dunque, con notevole ritardo rispetto alla nascita della musica e del canto: nacque quando i cantori si accorsero che la trasmissione orale era un modo di comunicazione insufficiente e che occorreva inventare una nuova scrittura dei suoni. Arriviamo ora a fare delle considerazioni su questo principio della scrittura quale fissaggio della musica per una sua futura esecuzione/riproduzione. Concettualmente, questo sistema di scrittura può arrivare ad essere svincolato dalla memoria, dall'esperienza, dalla tradizione; siccome poi il sistema in questione ha una corrispondenza biunivoca con il mondo dei suoni, qualsiasi cosa venga scritta con un sistema mensurale, in cui altezza e durate sono perfettamente espresse, può essere eseguita. Pertanti, il dominio d'azione non è dato dall’interazione con i cantori, dal fare affidamento sulla loro memoria, ma risulta un dominio puramente scrittorio: proprio in questo momento scrivere musica diventa un’espressione da prendere alla lettera. Si veda, ad esempio, la composizione di Machaut Rondeau 14, Ma fin est moncommencement. LLa fine è il mio cominciamento è il titolo di questa composizione palindroma nella scrittura. Ne consegue che la scrittura eserciti un dominio autonomo quale tecnologia della sincronizzazione e della temporizzazione che, come tale, si rende autonoma dall'esperienza pratica del suonare e del cantare; quindi permette di scrivere cose che possono essere trasferite con fiducia nel dominio acustico. In breve, la scrittura permette di manipolare i suoni fuori dal suono e di organizzarli nel tempo. LE TECNOLOGIE MUSICALI Un salto cronologico per accorciare le distanze di quasi un millennio e vediamo l’autorità della scrittura trasferita dalla penna alla macchina, potenziando altresì la relazione tra vista e udito - laddove prima si imponeva il primato visivo, una condizione ancora in fieri nell’insegnamento del solfeggio. Le tecnologie musicali riscrivono la tecnologia della scrittura musicale, mettendosi a disposizione delle masse grazie ad un accresciuto controllo grafico dell’andamento del suono nel tempo. Se in passatola conoscenza delle regole musicali era condizione predeterminata per lo sviluppo della composizione (fosse anche solo il problema della temporalizzazione), oggi la visualizzazione grafica di campioni di suono permette, anche al non professionista, la manipolazione del suono fuori dal suono. Questa operazione risulta evidente in fase di montaggio, soprattutto a contatto con un multitraccia – traduzione analogica prima, digitale poi della polifonia. Procediamo per gradi. Nella descrizione tradizionale i suoni sono trasmessi dalla sorgente all'orecchio da piccole variazioni rapide e cicliche della pressione dell'aria che ci circonda. Queste variazioni molto rapide (dalle 20 alle 20.000 oscillazioni al secondo) sono rappresentate attraverso un grafico dell'andamento della pressione sonora nel tempo. In questo grafico sugli assi delle ordinate viene riportato una conveniente unità di pressione e su quello delle ascisse una unità di tempo. L'estensione del concetto di materiale musicale guadagnata con la musica elettronica sta appunto nella possibilità di costruire una qualsiasi forma d'onda a partire dalla somma di onde sinusoidale di frequenza multipla, ciascuna con ampiezza opportuna. Prima di arrivare a questo tipo di controllo (dunque alla sintesi del suono), la riproducibilità della musica si imprimeva fisicamente dapprima incidendo la superficie di un cilindro, poi di un disco. Questa condizione incoraggia un détournement, il trasformare una tecnologia di riproduzione in una tecnologia di creazione, e viene discussa da Moholy-Nagy a proposito di un uso alternativo del fonografo: «Da molto tempo lo scopo del fonografo è quello di riprodurre fenomeni acustici già esistenti. Le oscillazioni tonali da riprodurre vengono incise su un piatto di cera per mezzo di una punta e quindi ritradotte in suono per mezzo di un microfono (più precisamente un diaframma, cioè un cono mobile). Un’estensione di questo apparato per scopi produttivi può essere ottenuta nel modo seguente: i solchi vengono incisi da un operatore umano sul piatto di cera, senza alcun mezzo meccanico esterno, che produce quindi effetti sonori che potrebbero rappresentare senza nuovi strumenti e senza un’orchestra – una fondamentale innovazione nella produzione del suono (nuovamente suoni finora sconosciuti e relazioni tonali) sia nel campo della composizione sia nel campo della performance. La condizione primaria per tale lavoro è data dagli esperimenti da laboratorio: un esame preciso del tipo di solchi (ad esempio lunghezza, spessore, profondità, etc.) che ha portato ai differenti suoni; uno studio dei solchi prodotti manualmente; ed infine esperimenti tecnico-meccanici per perfezionare uno spartito di solchi manoscritti. O forse la riduzione meccanica di registrazioni di grandi groove-script (solco-scritti).»[MoholyNagy, 2010, p. 136] «Moholy-Nagy vede quindi nel fonografo uno strumento di produzione sonora indipendente dalla sua funzione di riproduzione della musica strumentale registrata; uno strumento particolarmente potente dato che non è vincolato, come gli strumenti acustici tradizionali, a determinate possibilità timbriche ma capace, in potenza, di creare infiniti timbri ed infinite manipolazioni sui timbri stessi» [Arcella, 2017, p. 66]. Dalla prima registrazione sonora effettuata nel 1878, la musica è stata amplificata, trasmessa via radio, convertita in bit, microfonata e registrata e le tecnologie alla base di tali innovazioni hanno cambiato la natura di ciò che viene creato. Proprio come la fotografia ha cambiato il modo in cui vediamo, la registrazione ha cambiato il modo in cui ascoltiamo. Quella che era la metafora prevalente per ciò che non si poteva conservare veniva archiviata in una immagine. «Una tappa decisiva si verifica nel 1962, quando i Bell Labs capirono come digitalizzare il suono; in sostanza come campionare un’onda sonora e dividerla in minuscole parti che potevano essere scomposte in una sequenza di zeri e uno. La composizione musicale è cambiata parecchio con l’avvento della registrazione digitale. I primi campioni digitali erano brevi e usati soprattutto da compagnie telefoniche. […] Presto divenne però possibile campionare un’intera battuta e, sebbene la qualità di quei campioni non fosse eccelsa, era più che sufficiente. […] L’effetto dell’introduzione dei software non ha toccato solo il carattere sonoro, ma anche il metodo compositivo. Avvertiamo un cambiamento nella struttura della musica che la composizione con l’ausilio del computer ha favorito»[Byrn, 2012,pp. 124, 134] . Sebbene i software vengano pubblicizzati come uno strumento neutro e imparziale che ci permette di fare tutto quello che vogliamo, è opportuno ricordare che controlliamo solo quello che la macchina ci mette a disposizione. In breve, pur pensando di controllare la macchina, è la macchina a regolare il nostro operato. Se l'Upic di Xenakis realizza una corrispondenza diretta tra gesto grafico e risultato sonoro, trasferendo in campo digitale la previsione analogica di MoholyNagy, la concretezza del campionamento propone la musica in quanto materiale pronto alla manipolazione da parte di un utente che lo collochi nel tempo in funzione dell'organizzazione dei suoni. In questo senso, le tecnologie musicali incoraggiano i non professionisti alla produzione, giocando con il segno della riproducibilità di un suono. «Una volta per tutte – questa è stata la parola d'ordine della prima tecnica. Una volta non conta – questa è la parola d'ordine della seconda tecnica. L'origine della seconda tecnica deve essere ricercata nel momento in cui l'uomo, guidato da un'astuzia inconscia si apprestò per la prima volta a prendere le distanze dalla natura. In altri termini: la seconda tecnica nacque come gioco» [Benjamin, 2012, p. 14]. Proprio nel gioco della manipolazione il non professionista ha trovato una nuova dimensione musicale, impiegando i campioni - a mo’ di tessera di mosaico - per ascoltare subito il risultato acustico della loro organizzazione nel tempo. Questa forma di scrittura infatti si offre più intuitivamente di quanto facesse la notazione musicale agli occhi – e soprattutto, alle orecchie - delle masse. CONCLUSIONE La notazione si presenta come un insieme “aperto” di codici ed uno degli aspetti più superficiali di questi codici è la notazione musicale. Le tecnologie musicali hanno contribuito a tratteggiarne i limiti, mettendo a disposizione una nuova forma di rappresentazione del suono che permette anche ai profani di operare sul suono fuori dal suono, con un risultato diverso che in passato. BIBLIOGRAFIA R. Allorto, Nuova storia della musica, Milano, BMG Ricordi, 2005 A. Arcella, Il disco tra produzione e riproduzione sonora: le posizioni di Adorno e Moholy-Nagy tra le due guerre, in “d.a.t. numero 0”, Firenze, Edipsy, 2017 W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Roma, Donzelli editore, 2012 M. Mila, Breve storia della musica, Torino, Einaudi, 1966 L. MoholyNagy, Pittura Fotografia Film, Torino,Einaudi, 2010 C. Sachs, Le sorgenti della musica, Torino, Bollati Boringhieri, 1979 M.L. West, La musica greca antica, Lecce, Milella 2007
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