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LA FONDAZIONE DI RESPRO-RETE DI STORICI PER I PAESAGGI DELLA PRODUZIONE E UN CONVEGNO SULLE AREE INTERNE IN ITALIA.

30/10/2017

 
di Augusto Ciuffetti

Nei giorni 9 e 10 novembre si è svolto a Perugia l’incontro di studi “Storia e aree interne. Percorsi di ricerca interdisciplinari”, organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Perugia e dall’associazione RESpro-Rete di storici per i paesaggi della produzione, che si è formalmente costituita al termine del convegno. Si tratta di un duplice passaggio di fondamentale importanza per inaugurare una nuova stagione storiografica all’insegna dell’approccio interdisciplinare e per favorire la concreta attuazione di progetti di valorizzazione e di sviluppo economico dei territori italiani, in particolare delle aree interne.
​
L’associazione appena nata, infatti, che tra i suoi soci fondatori annovera docenti e ricercatori di diverse università, prevalentemente storici economici e sociali e storici dell’architettura, si propone come obiettivo quello di promuovere attività interdisciplinari di ricerca e di studio nell’ambito della storia dei paesaggi rurali e urbani, della storia dei sistemi produttivi silvo-pastorali, della storia dell’agricoltura e della storia dell’industria, attraverso la pubblicazione di libri e riviste, l’organizzazione di convegni, conferenze e dibattiti, la partecipazione a progetti con altre associazioni ed enti, finalizzati alla conoscenza storica e alla valorizzazione culturale dei paesaggi della produzione colti nella loro dimensione materiale e immateriale e nelle loro diverse articolazioni economiche, politiche, sociali e territoriali.
È in questa direzione, dopo un primo volume in corso di stampa dedicato ai paesaggi italiani della protoindustria colti nella loro dimensione storica, ma anche attraverso i processi di recupero, che l’associazione ha deciso di dedicare un incontro di studi al tema delle aree interne, sul quale si registra un crescente interesse, che alimenta confronti e dibattiti inevitabilmente legati alla Strategia nazionale delle aree interne. In tali ambiti, il prevalere di un approccio progettuale di tipo essenzialmente economico, rivolto all’attualità e alle prospettive future di questi territori, non può non richiedere, come si è cercato di dimostrare nel corso del convegno perugino, anche un’attenta rilettura del loro percorso storico. Tale prospettiva si rende necessaria non solo per cogliere le sedimentazioni economiche, sociali e culturali che si sovrappongono nel corso dei secoli, ma anche per individuare le specificità di ogni singolo spazio, in modo da costruire dei progetti di valorizzazione e di sviluppo più efficaci. Le identità storiche dei territori sono fondamentali, cioè, per definire dei percorsi di crescita capaci di esaltare le caratteristiche di ogni luogo e gli assetti originali dei paesaggi, evitando facili ed inutili omologazioni.
Non è un caso, dunque, partendo proprio dai percorsi storici, che nel corso del convegno perugino, con diversi interventi dedicati ai territori colpiti dal terremoto, si sia realizzato il tentativo di procedere ad una revisione delle categorie utilizzate per classificare le aree interne. Non sempre, nel passato come oggi, l’individuazione degli spazi interni sulla base della loro maggiore o minore distanza dai centri che offrono i servizi essenziali di istruzione, salute e mobilità risulta adeguata per una corretta comprensione degli equilibri locali.
Grazie ad un approccio interdisciplinare che per la prima volta ha permesso un dialogo costruttivo e “a tutto tondo” tra storici, giuristi, sociologi, economisti, demografi, architetti e storici dell’architettura, del territorio e del paesaggio, durante il convegno i relatori hanno ragionato sulle corrispondenze tra i diversi significati e relativi campi semantici ai quali rimandano espressioni come territori depressi, spazi marginali, zone montane che negli ultimi decenni, pur assumendo valenze particolari a seconda dei periodi storici, tendono a sovrapporsi nella definizione delle aree interne. È in considerazione di tutto ciò che appare evidente la necessità di individuare nuovi approcci di studio, come quelli che provengono dall’antropologia o dai movimenti ambientalisti, i quali consentono di leggere le aree interne come gli spazi dell’abbandono e dello spopolamento o come territori rilevanti dal punto di vista ecologico, anche in quadro di wilderness. Nuovi concetti, infine, si possono utilizzare per meglio definire le aree interne, come quello di prossimità, in relazione a “altre” aree interne o “esterne” con le quali si possono stabilire rapporti e relazioni. Nella medesima direzione, la stessa definizione di area interna si può estendere fino a comprendere anche le zone di confine. Il convegno, dunque, ha consentito di aprire un fecondo confronto e un ricco dibattito utile per ricostruire i caratteri originari degli spazi interni e la loro storia in una prospettiva di lungo periodo, ma anche per stabilire possibili traiettorie di sviluppo.
Nelle due giornate di lavoro, la prima presieduta da Alessandra Valastro dell’Università di Perugia (discussant Saverio Russo dell’Università di Foggia e Rossella Monaco dell’Università di Napoli Federico II) e la seconda da Aldo Castellano del Politecnico di Milano (discussant Salvo Adorno dell’Università di Catania, Barbara Galli del Politecnico di Milano e Maddalena Chimisso dell’Università del Molise), le relazioni sono state suddivise in tre sezioni: 1. Storia delle aree interne: questioni di metodo, percorsi di lavoro, termini e prospettive; 2. Spazi, geografie e relazioni; 3. Aree interne, attività produttive e “altri spazi”: rapporti variabili tra sviluppo e arretratezza.
La prima sezione è stata aperta da Roberto Parisi dell’Università del Molise, il quale ha affrontato termini e questioni delle aree interne italiane in prospettiva storica. Nei due successivi interventi, Rossano Pazzagli (Università del Molise e Centro di ricerca per le aree interne e gli Appennini) e Gaetano Martino (Università di Perugia) hanno parlato, rispettivamente, del territorio come patrimonio e di livelli istituzionali, partnership e innovazione nelle aree interne.
Il ricco programma della seconda sessione si è aperto con la relazione di Augusto Ciuffetti (Università Politecnica delle Marche) dedicata ai caratteri e ai “tempi” della dorsale appenninica umbro-marchigiana dal medioevo all’età contemporanea. Manuel Vaquero Piñeiro (Università di Perugia), insieme al suo gruppo di lavoro composto da Francesca Giommi, Riccardo Pula e Marco Pizzi, ha presentato i primi esiti di una complessa ricerca sulle relazioni tra terremoti, territori e dinamiche socio-economico nell’Italia contemporanea, utilizzando i dati ISTAT. Claudio Lorenzini (Università di Udine) si è soffermato sul rapporto tra popolazione e risorse nell’area alpina friulana, tra marginalità e dimensione interna. Luigi Lorenzetti (Università della Svizzera Italiana) e Luca Mocarelli (Università di Milano-Bicocca) hanno messo a confronto le aree interne della Lombardia e del Ticino nel tentativo di evidenziare i possibili caratteri che esse assumono in due contesti economicamente sviluppati. Alessandra Bulgarelli (Università di Napoli Federico II) si è soffermata, invece, sulle risorse collettive dell’Appennino meridionale, mettendone in risalto istituzioni, regole e management nel lungo periodo. Francesco Chiapparino (Università Politecnica delle Marche) ha presentato un progetto che vede coinvolti alcuni ricercatori dello stesso ateneo (Micol Bronzini, Augusto Ciuffetti, Fabiano Compagnucci, Gabriele Morettini) sulla ricostruzione post-terremoto nell’Italia centrale, in uno spazio interno, cioè, che tra le sue specificità annovera una forte sismicità. Nell’ultima relazione di questa sessione, Rossella Del Prete (Università del Sannio) si è soffermata sui paesaggi del lavoro e sulle architetture rurali nelle aree interne della Campania.
Cinque, infine, le relazioni presentate nella terza sessione. Daniele Andreozzi (Università di Trieste) ha individuato destini, spazi ed economie del Friuli Venezia Giulia utilizzando come chiave interpretativa lo schema delle prossimità variabili. Francesca Castanò (Università della Campania Luigi Vanvitelli) ha esposto il quadro rurale e il sistema produttivo della Terra di Lavoro. Fabiola Safonte (Istituto di ricerca e promozione delle aree interne della Sicilia) ha discusso il tema del paesaggio come patrimonio in riferimento alla Sicilia interna. Paola De Salvo (Università di Perugia) si è soffermata sui concetti di vulnerabilità e di resilienza, tipici di tutti i territori rurali, mentre Clara Verazzo (Università di Chieti-Pescara Gabriele d’Annunzio) ha evidenziato le vicende di alcuni siti industriali dell’Abruzzo interno.
In definitiva, il convegno ha definito un quadro composito e molto articolato, sia per i temi proposti, sia per le metodologie utilizzate. Si tratta, ora, di approfondire alcuni percorsi di ricerca e di studio. In tal senso, il sindaco di Gubbio Filippo Mario Stirati, che ha aperto il convegno, si è detto disponibile ad organizzare nella sua città, insieme a RESpro, un nuovo momento di riflessione e confronto sulle aree interne e sui paesaggi storici della produzione.
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​Augusto Ciuffetti è ricercatore e docente di storia economica e sociale presso la Facoltà di Economia Giorgio Fuà dell’Università Politecnica delle Marche. È membro del comitato direttivo di “Ricerche storiche” e del consiglio scientifico della rivista “Proposte e ricerche”; è socio onorario dell’Istituto di storia della carta Gianfranco Fedrigoni di Fabriano e presidente dell’associazione RESpro-Rete di storici per i paesaggi della produzione.


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