di Silvia Cacciatore Introduzione In un periodo in cui le politiche culturali sono alla ricerca di strategie efficaci per il miglioramento dell’offerta museale, ci si accorge dell’esigenza, alla luce anche della Convenzione di Faro, di un nuovo, diverso rapporto con le comunità locali e con l’idea di un rinnovato spirito di partecipazione rispetto alle dinamiche che animano il territorio. All’interno di un sistema sempre più globalizzato, in cui il turismo di massa è ormai la norma, esiste, anche se sinora in modo ancora marginale, una figura di cittadino consapevole e attento, che ha ancora voglia di misurarsi con una dimensione più intimista e di riappropriarsi di spazi propri, fatti di tradizioni, usi e costumi, che il tempo ci ha costretti, pian piano, ad accantonare. Ed è proprio questa dimensione più raccolta, insieme ad un diverso legame con il luogo di appartenenza, che costituisce la ragion d’essere e la principale differenza, oggi, tra piccolo e grande Museo: «è il legame più stretto con il territorio e con la comunità, la capacità di essere accoglienti e di offrire esperienze originali ai visitatori[1]». Il 18 giugno 2017 si è tenuta la Prima Giornata Nazionale dei Piccoli Musei[2] cui hanno aderito circa 183 istituti culturali italiani: un primo, decisivo passo, per il riconoscimento del forte carattere identitario di questi particolari luoghi della Cultura. A differenza di altri Paesi, infatti, l’offerta museale italiana è costituita da un consistente numero di strutture di dimensioni piccole e piccolissime, capillarmente diffuse sul territorio[3]. Le maxi-strutture espositive (capaci di richiamare più di 500 mila visitatori) rappresentano meno dell’1% del totale, sono presenti in un numero limitato di regioni, insistono generalmente in aree metropolitane, ma da sole attraggono il 38,7% del pubblico. Per il resto, tre istituti museali su quattro sono costituti da strutture che non registrano più di 10 mila ingressi l’anno. Le organizzazioni di piccolissima dimensione (con meno di 1.000 visitatori), presenti anche nei centri urbani più piccoli, sono tendenzialmente dotate di modeste risorse finanziarie e organizzative: nel 42,7% dei casi il personale in media è composto da poco più di 2 addetti con conoscenza minima delle lingue straniere. Solo il 38,9% dispone di un sito web, il 19,8% accede a finanziamenti pubblici e meno del 11% è in grado di ottenere finanziamenti e contributi privati o di generare proventi attraverso servizi aggiuntivi. Si tratta generalmente di strutture di cui sono titolari i Comuni (nel 47,4% dei casi) o gli enti ecclesiastici o religiosi (13,9%). In larga parte (20,8% dei casi) sono costituite da musei etnologici e antropologici che conservano ed espongono testimonianze e memorie legate al territorio e alla storia locale. Figura 1 - Affresco del Convento di San Giuliano a L'Aquila. Fonte: sito Convento di San Giuliano, 2017. Nonostante le modeste dimensioni, queste strutture museali rappresentano spesso un presidio culturale importante a livello locale, esprimendo ad esempio una capacità di intercettare il pubblico giovane e anziano nettamente superiore alla media: la percentuale di giovani sul totale dei visitatori, che nelle realtà più grandi è circa il 12%, sale al 22%, e quella degli anziani raggiunge il 28,5%, contro il 19,9% delle maxi-strutture. Lontane dai principali circuiti turistici, meno forte è la loro capacità di attrarre il pubblico di stranieri, che rappresentano solo il 13% dei visitatori, a fronte del 45,7% delle strutture di maggiore dimensione. La superficie espositiva è spesso associata al relativo numero di visitatori[4] per la correlata capacità che ha un istituto più grande di accogliere un più ampio numero di persone. Su un’indagine a campione[5] che ha coinvolto circa 158 musei statali, è emerso come circa 30 di essi abbiano una superficie espositiva inferiore ai 500 mq, 45 una superficie compresa tra 500 e 100 mq, 49 tra 1000 e 3000 mq. Solo 19 musei, invece, tra quelli considerati, hanno una superficie tra 3000 e 6000 mq e 15 invece, oltre i 6000 mq. Ciò che è indicativo è verificare come gran parte degli istituti culturali italiani abbia una dimensione medio-piccola, segno determinante per una impossibile comparazione con musei esteri di medio-grande dimensione, soprattutto per quanto riguarda visitatori ed introiti. Ciò che è altrettanto notevole considerare è l’impossibilità di disporre di dati aggiornati circa la superficie espositiva di tutti i musei italiani, statali e non statali, soprattutto riconducibili, appunto, alla categoria dei piccoli musei. Questo impedisce l’analisi approfondita di una possibile correlazione tra superficie museale, composizione e numerosità delle collezioni, afflusso di visitatori e strategie messe in atto da ogni singolo istituto[6]. Personalmente ritengo che per gestire un Piccolo Museo e per far sì che questo possa esplodere tutte le sue specificità e potenzialità, sia in relazione al territorio e ai residenti che in relazione ai visitatori, occorra una cultura specifica, una cultura diversa da quelle attualmente dominanti, e cioè da quella tradizionale tutta schiacciata sulla conservazione (product oriented), e ovviamente anche da quella tutta orientata al consumatore (market oriented). Una cultura specifica per i piccoli musei comporta in primo luogo il fatto che un museo di piccola dimensione debba essere “piccolo fino in fondo”, debba cioè puntare sulla cura dei dettagli, instaurare relazioni calde con la comunità, e con i visitatori, e anzi si debba ricentrare proprio sul tema dell’accoglienza. Come è evidente, infatti, il tema dell’accoglienza è quello più critico e al tempo stesso il limite dei musei di grande dimensione; questo perché grandi spazi e numero elevato di visitatori impongono di gestire l’accoglienza secondo procedure e standard che finiscono per irrigidire le relazioni con i visitatori, renderle asettiche, impedendo una gestione dell’accoglienza calda e relazionale, come quella che può caratterizzare invece i Piccoli Musei, con tutti i vantaggi di marketing e di fidelizzazione che ne derivano, se li si sa gestire. Il viaggio in un museo è un viaggio verso l’autenticità, e questa aspettativa può essere accolta perfettamente da chi coordina le attività di un Piccolo Museo, che dovrà tendere ad accentuare gli aspetti rituali della visita, che fin dall’ingresso deve riuscire a offrire l’esperienza di una immersione nella cultura del luogo, qualcosa di molto diverso da una semplice visita ad un museo[7]. 1. Patrimonio e Collettività La tematica del viaggio, dell’immersione in una realtà “altra” resta all’origine di qualsiasi percorso conoscitivo, in cui alla curiosità del visitatore si affianca istintivamente la necessità di apprendere, di precipitare senza remore in una dimensione insieme di abbandono e di appartenenza. La scoperta di culture autoctone, in grado di narrare in maniera diretta usi e costumi, antichi saperi e mestieri ormai quasi scomparsi, attiva dinamiche impreviste di acquisizione del sé, di quel riconoscimento della propria memoria storica, individuale e collettiva, in grado di attivare un processo virtuoso di riappropriazione di un luogo, e del proprio percorso intimo e condiviso in relazione ad esso. Ed esiste un luogo così anche nella mia memoria personale, un posto in cui ci portavano da bambini a visitare i percorsi inaspettati della nostra piccola esistenza, uno spazio che profumava di natura e di fredde passeggiate nel bosco, in cui sgranare gli occhi e camminare tutto il tempo con il naso all’insù. È il Museo di Scienze Naturali e Umane di San Giuliano[8], a L’Aquila. Immerso nel verde, domina un’altura rigogliosa di paesaggio incontaminato, a circa tre chilometri dal centro della città. Figura 2 - Le montagne dell'Aquila su cui sorge il Convento di San Giuliano. Fonte: immagine propria, 2017. Figura 3. Veduta dal sentiero che porta al Museo di San Giuliano. A seguito del sisma del 6 aprile 2009 che ha violentemente colpito il capoluogo abruzzese, la struttura è attualmente inagibile. Purtroppo, ad oggi, non vi è uno stanziamento necessario che consenta l’inizio dei lavori di ripristino e messa in sicurezza dei locali, nonché la parziale ricostruzione dell’edificio. Tutto giace avvolto in strati di polvere e calcinacci. Un patrimonio silente che, ad oggi, in realtà pochi conoscono. Fonte: immagine propria, 2016
Il Museo nacque come raccolta privata per i sacerdoti dell’Ordine francescano dei Frati Minori d'Abruzzo: il primo nucleo di materiale didattico risale al 1930. L’edificio un tempo aveva funzione di fienile e legnaia per il Convento[9]. Fino al 1970 esso si componeva di quattro sezioni: la sezione Biologica, la sezione Mineralogica, la sezione Paleontologica e, aggiunta in epoca più recente, la sezione Etnologico-artistica. Nella sala A vi era la Sezione di Biologia, al cui interno erano conservati esemplari di mammiferi, uccelli, rettili, gasteropodi dei generi Murex, Cyprae, Conus, Haliotis, etc, pesci, esemplari di botanica, crostacei, insetti; nella sala B vi era la sezione di Mineralogia, in cui vi erano conservati esemplari di acquamarina, agata, alabastro, ambra, amianto, antimonite, manganese, cristallo, pirite, zolfo, topazio, quarzo, ametista, etc. Nella sala C c’era la sezione di Paleontologia, al cui interno erano esposti fossili dell’era del Paleozoico, del Mesozoico, del Cenozoico, nonché del Quaternario, soprattutto della Conca dell’Aquila. Vi trovavano posto coralli, cefalopodi, pesci, tronchi di alberi pietrificati, foglie, conchiglie, insetti e frammenti di scheletri animali fossili preistorici, addirittura un uovo di dinosauro risalente al Mesozoico. Vi erano ricostruite, inoltre, due tombe della Necropoli di Fossa (II-I millennio a.C.), ed esposti reperti provenienti dalla storica Grotta a Male, esplorata per la prima volta nel XVI secolo. Illustrazioni interessanti riguardavano poi le fasi del ritrovamento dell’esemplare di Mammuthus meridionalis vestinus, conservato nell’antico Castello dell’Aquila[10]. Infine, in una sala che ripeteva l’architettura del chiostro, vi era la sezione Etnologico-artistica. Vi erano conservate tele dei secoli XVI, XVII e XVIII. In particolare, si poteva ammirare un dipinto del XVI secolo della Visitazione, con echi raffaelleschi, una tela con Gli apostoli di chiaro influsso caravaggesco, oltre a crocifissi e statue, pianete e stendardi ricamati. Vi si conservavano, inoltre, materiali etnologici di varia provenienza: dall’Egitto alla Siria, dalla Palestina all’America centro-meridionale. I manufatti erano principalmente di origine etrusca, italica e romana: tra di questi, monete, reliquiari, meridiane e lucernari. Tra i reperti egizi troviamo quattro scarabei, due piccole stele, due stampi fittili, cinque amuleti (tra cui un ibis), cinque ushabti e una statuetta di Khnum in ceramica, due piccoli bronzi di Osiride, un frammento di sarcofago dipinto, una sfinge in calcare, un vaso cinerario doppio con sfinge, un ostrakon con una lettera in copto di un monaco, un frammento in calcare con testo geroglifico e una mummia di ibis. Tra i numerosi reperti ricordiamo anche un calco in vetroresina di una vittima dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., realizzato dal restauratore abruzzese Amedeo Cicchitti. Figura 4. Il convento di San Giuliano e, sulla sinistra, il Museo. Fonte: sito Convento di San Giuliano, 2017. Quando, agli inizi del 1970 il Seminario fu dismesso, le collezioni didattiche furono spostate all’interno di un vero e proprio museo di circa 300 mq, adiacente il convento. «Il nuovo museo è nato da una precisa esigenza di trasformare le precedenti collezioni, sia scientifiche che artistiche, in un repertorio qualitativo e dimostrativo, in una struttura moderna, fruibile da un pubblico allargato[11]». Le vecchie collezioni sono state quindi ricollocate secondo criteri tesi a favorire una maggiore comprensione da parte dei visitatori degli oggetti e manufatti esposti, adesso considerati all’interno dell’habitat naturale e socio-culturale di appartenenza. Sono stati infatti allestiti dei diorami in grado di illustrare paesaggi e epoche storiche di tutte le opere: non più slegate dal proprio contesto ma strettamente connesse all’ambito locale di riferimento, esse hanno visto crescere e consolidarsi nel tempo il proprio valore narrativo e simbolico, soprattutto per le comunità. «Questo criterio espositivo, privilegiando la qualità degli oggetti esposti rispetto alla loro quantità, vuole provocare nel visitatore, anche nel più distratto o poco motivato, un ciclo di apprendimento che, dalla mera curiosità giunga alla vera comprensione dell’esposizione tramite il risveglio dell’interesse[12]». Figura 5. Il Museo di Scienze Naturali e Umane di San Giuliano prima del terremoto. Fonte: sito Archeoclub L’Aquila, 2017. All’interno della stessa struttura museale trovava spazio anche una Biblioteca, risalente al XV secolo e ricollocata negli attuali locali negli anni ’60. Vi si trovano codici miniati del 1400 e oltre. Nel 1789 alcuni codici, incunaboli e volumi preziosi furono trasferiti a Napoli, nella biblioteca nazionale; altri andarono dispersi. Il prezioso patrimonio rimasto è tuttora conservato a L’Aquila. La collezione di 45000 volumi, comprende opere di storia del francescanesimo, storia locale, storia dell'arte, archeologia, filosofia, biologia, mineralogia oltre a diverse raccolte di periodici. La struttura fu ristrutturata nel 2007 e riaperta al pubblico proprio un anno prima del terremoto. Come si legge da interessanti resoconti successivi al 6 aprile 2009, «i danni maggiori riguardano le collezioni esposte nelle diverse sezioni del Museo di Scienze Naturali ed Umane: in particolar modo i reperti della sala di paleontologia, le vetrine e gli oggetti della sezione archeologica, tra i quali l’anfora studiata dal dott. Di Giampaolo, e le statue lignee policrome (secoli XVII-XVIII) della sala di arte sacra, in particolar modo il Sant’Antonio di Padova, cadute dai piedistalli, ed infine una tela seicentesca raffigurante lo Sposalizio della Vergine, lacerata nel campo dipinto a seguito della caduta e del successivo urto con lo spigolo di una panca destinata ai visitatori. A ciò vanno aggiunti i danni strutturali subiti dall’edificio ospitante il Museo che presenta numerose lesioni nelle murature, in particolare nella sezione di arte sacra[13]». Figura 6. La strada che porta al Museo di San Giuliano. Fonte: immagine propria, 2016. Ho visto il Museo più di un anno fa, guidata da Padre Marco, che ne cura la gestione, il quale mi ha gentilmente concesso di visitarne i locali. Non c’è niente, ora, che mi ricordi di quel luogo magico che ricordavo da bambina. Le luci sono spente: solo polvere e silenzio. Nell’ombra, le sagome scure dei reperti, che osservano calmi l’eterno disfacimento del tempo. Oggetti caduti dagli scaffali, pezzi di intonaco, odore di calcinacci e polvere, umidità e senso di perdita. Torno a casa col cuore vuoto, come se una parte della mia memoria fosse stata interrotta. E forse lo è davvero. Se la memoria è la storia di ognuno, allora ognuno di noi non può più, ora, ritrovare un frammento di sé: perché distrutto, trattenuto, all’interno di quelle mura, chiuse.
C’è un documento di programmazione europeo che parla proprio di questo: di come ogni singolo cittadino possa sentire e fare propria un’idea di patrimonio culturale come bene individuale e allo stesso tempo collettivo. Esso auspica che ogni bene culturale possa essere vissuto e partecipato da ciascun individuo al fine di valorizzare l’eredità culturale di cui siamo allo stesso tempo beneficiari e custodi. La Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, meglio nota come Convenzione di Faro[14], prende le mosse dall’idea che la conoscenza e l’uso dell'eredità culturale rientrino tra i diritti dell’individuo a prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità e a godere delle arti; diritto espressamente sancito nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (Parigi 1948) e garantito dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (Parigi 1966). La Convenzione ritiene che le popolazioni possano e debbano svolgere un ruolo attivo nel riconoscimento dei valori dell’eredità culturale; invita pertanto gli Stati a promuovere un processo di valorizzazione partecipativo, fondato sulla sinergia fra pubbliche istituzioni, cittadini privati, associazioni, tutti soggetti che la Convenzione stessa, all’art. 2, definisce “comunità di eredità”, costituite da “insiemi di persone che attribuiscono valore a degli aspetti specifici dell’eredità culturale, che desiderano, nell’ambito di un’azione pubblica, sostenere e trasmettere alle generazioni future”. La Convenzione accorda le politiche di valorizzazione europee integrandole con i processi in atto di democratizzazione della cultura e di open government: essa considera la partecipazione dei cittadini e delle comunità la chiave per accrescere la consapevolezza europea del valore del patrimonio culturale e il suo contributo al benessere e alla qualità della vita[15]. Ora, se ognuno di noi può credere nel valore della Cultura e nell’importanza che l’educazione, la pubblica fruizione, la partecipazione collettiva, possono rivestire nella costruzione di un’identità europea civile e condivisa, allora è necessario che al più presto ci si occupi di queste realtà, che, anche se “piccole” e marginali rispetto all’alveo dei grandi musei statali, allo stesso modo e anzi in maniera ancora più rafforzata e pertinente, sono in grado di raccontare di un passato nel quale in prima persona possiamo riconoscerci, per poi ritrovarci nello spirito dei luoghi che ne sono parte. Si parla molto di audience development e di come migliorare la bassa partecipazione culturale in Italia: ma forse nessuno si è soffermato abbastanza sull’idea che sia necessario agire in maniera ancora più capillare sul territorio, andando a rafforzare quei presidi di aggregazione che sono proprio i piccoli musei locali, e tutti quei luoghi semisconosciuti che ancora stentano ad avere una pubblica visibilità, ma che esistono, e in cui le piccole comunità amano riunirsi per coltivare passioni, condividere momenti e usanze comuni, e che costituiscono, tuttora, il fascino più profondo dei nostri borghi incontaminati. Iniziamo a dare voce a questi piccoli luoghi, che anche se di ridotta dimensione, sono in grado di esprimere la grandiosità e la bellezza del nostro inestimabile patrimonio, sia materiale che immateriale, e, soprattutto, sanno creare un rapporto, più diretto e meno mediato, con una dimensione forse più umana e partecipata di Museo. [1]Si veda http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/export/UfficioStudi/sito- UfficioStudi/Contenuti/Pubblicazioni/Volumi/Volumi-pubblicati/visualizza_asset.html_917365394.html [consultato nel dicembre 2017]. [2] Di cui si può leggere l’interessante intervista a Giancarlo Dall’Ara, Presidente dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei, qui: http://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/politica-e-pubblica-amministrazione/2017/06/verso-la- prima-giornata-nazionale-dei-piccoli-musei-con-lobiettivo-di-arrivare-a-200/ [consultato nell’ottobre 2017]. [3] Istat, Report anno 2015, I musei, le aree archeologiche e i monumenti in Italia, disponibile sul sito www.istat.it [consultato nell’ottobre 2017]. [4] Si veda a tal proposito l’analisi svolta dal Mibact, Musei pubblico territorio. Verifica degli standard nei musei statali, disponibile su http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/export/UfficioStudi/sito- UfficioStudi/Contenuti/Pubblicazioni/Volumi/Volumi-pubblicati/visualizza_asset.html_1775337337.html [consultato nell’ottobre 2017]. [5] Ufficio Studi Mibact, Musei pubblico territorio. Verifica degli standard nei musei statali, op. cit., p. 22. [6] Le analisi più approfondite sono relative a dati sstat 2015 e riportano informazioni relative a forma giuridica, rapporti con il territorio e il proprio pubblico di riferimento, senza però indicare la superficie complessiva di ogni istituto coinvolto. Consultabili su https://www.istat.it/it/archivio/167566 [visitato nell’ottobre 2017]. [7] G. Dall’Ara, Piccoli fino in fondo, Giornata nazionale di studi, estratto, disponibile su http://www.piccolimusei.com/piccoli-fino-in-fondo/ [dicembre 2017]. [8] Un ringraziamento particolare va a al Dott. Mauro Rosati, Vicepresidente dell’Archeoclub L’Aquila e dell’Associazione Aquilartes, a Padre Marco Federici, che gestisce il Museo e il Convento di San Giuliano, e alla Dott.ssa Sofia Leocata, presidente dell’Associazione Aquilartes, per il prezioso aiuto prestatomi nel reperimento delle informazioni e dei materiali bibliografici. [9] Per approfondimenti sul Convento di San Giuliano si può consultare il sito internet di riferimento alla pagina http ://w ww. conventosangiuliano.it/ [dicembre 2017]. [10] Attualmente in restauro. Si veda il sito dedicato http :// w ww.mam mu th u smu seo . co m/ [dicembre 2017]. [11] P. G. Marini, P. M. Bonforte, C. Bianchi, Il convento di San Giuliano - L’Aquila, Edizioni Mac- Publish, L’Aquila, 2006, p. 15. [12] Ibidem [13] M. Rosati, Il convento di San Giuliano a L’Aquila, in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, volume LXXXs 2008-2009, p. 422. [14] L’intero documento è disponibile online su http ://www.ufficiostudibeniculturali.it /mibac/ multimedia/ Ufficio Studi/documents /136 2 477547 947_Conven zio n e_di Faro.pdf [dicembre 2017]. [15] La Convenzione è ancora in attesa di ratifica da parte dell’Italia: Federculture ha appena lanciato una raccolta firme per promuovere la ratifica entro la fine della legislatura attuale. Si veda, a tal proposito, la pagina http ://w ww.fed ercu ltu re.it/2 017/12 /il -p ar la mento -rati fichi -la - co nven zio n e -di -faro -p er-favo rire -la -p ar tecip az io ne - d ei -cittad in i -alla -cu ltu ra/ [dicembre 2017]. Riferimenti Bibliografici
Siti Internet Consultati - http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/export/UfficioStudi/sito-UfficioStudi/Contenuti/Pubblicazioni/Volumi/Volumi- pubblicati/visualizza_asset.html_917365394.html [ottobre 2017] (sulla Convenzione di Faro) - http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/multimedia/UfficioStudi/documents/13624775 47947_Convenzione_di_Faro.pdf [dicembre 2017] (documento Convenzione di Faro). - http://www.federculture.it/2017/12/il-parlamento-ratifichi-la-convenzione-di-faro-per- favorire-la-partecipazione-dei-cittadini-alla-cultura/ [dicembre 2017] (sulla petizione online di Federculture per la ratifica della Convezione di Faro in Italia). - http://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/politica-e-pubblica- amministrazione/2017/06/verso-la-prima-giornata-nazionale-dei-piccoli-musei-con- lobiettivo-di-arrivare-a-200/ [ottobre 2017] (sui piccoli Musei). - http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/export/UfficioStudi/sito-UfficioStudi/Contenuti/Pubblicazioni/Volumi/Volumi-pubblicati/visualizza_asset.html_1775337337.html [ottobre 2017] (report Mibact sui musei). - www.istat.it [ottobre 2017] (Report Istat 2015 sui musei, le aree archeologiche e i monumenti in Italia). - http://www.piccolimusei.com/piccoli-fino-in-fondo/ [ottobre 2017] (sui piccoli musei). 8. - http://www.conventosangiuliano.it/ [dicembre 2017] (sito internet di riferimento del Convento di San Giuliano).. - http://www.archeoclublaquila.it/ [dicembre2017] (sito internet di riferimento dell’Archeoclub L’Aquila che si occupava del Museo). - http://www.aquilartes.it/ [dicembre 2017] (sito internet di riferimento dell’Associazione Aquilartes che si occupava del Museo). - http://www.touringclub.it/destinazione/1504/museo-di-scienze-naturali-e-umane-san-giuliano [dicembre 2017] (descrizione del Museo). - http://conoscere.abruzzoturismo.it/index.php?Canale=Dove&IDCanaleSub=30&IDCanaleS ubSub=62&IDItem=3281&ItemType=BC [dicembre 2017] (informazioni generali). - http://turismo.egov.regione.abruzzo.it/web/guest/scoprilabruzzo/arteestoria/museiegallerie/a quila/museoscienzenaturalisangiuliano;jsessionid=n8DdNHM+EU3UETqIKUpJYQ**?solo Testo=no [dicembre 2017] (informazioni generali). - http://www.ilfattoteramano.com/2017/03/12/il-convento-di-san-giuliano-capolavoro-darte- sconosciuto/ [dicembre 2017] (sul convento di San Giuliano). - https://djedmedu.wordpress.com/2014/03/22/legitto-di-provincia-museo-di-scienze-naturali- e-umane-laquila/ [dicembre 2017] (sulla collezione di reperti egizi contenuta nel Museo). - http://www.archeoclublaquila.it/news/1-on-line-il-sito-internet-adotta-san-giuliano.html [dicembre 2017] (iniziativa di Archeoclub L’Aquila per il Museo di San Giuliano). - http://archeoclublaquila.it/san-giuliano-la-storia.html [dicembre 2017] (informazioni sul convento e il Museo di Scienze a cura dell’Archeoclub L’Aquila). - http://www.ilcentro.it/l-aquila/convento-di-san-giuliano-una-mostra-svela-i-segreti-1.1330014 [dicembre 2017] (mostra a cura di Aquilartes nel convento di San Giuliano).
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