di Maria Venuso «Il Seicento non s’identifica con nessuna grande forma culturale, neppure con il Barocco, come spesso si fa. Esso è piuttosto un assai complesso periodo d’intensa gestazione civile o, come oggi si amerebbe dire, “un laboratorio”, in cui i frammenti di una forma epocale trascorsa, il Rinascimento, vengono agitati in un potente frullatore sperimentale, per essere restituiti composti in nuova forma, la civiltà dei “lumi”, all’ormai matura razionalità critica e ai nuovi travagli che fatalmente le toccano». Questo l’incipit della Prefazione di Aldo Masullo alla Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Seicento; al grande filosofo è toccato – per usare ancora una volta le sue parole – il «privilegio di salutare per primo» questi due imponenti tomi, poco prima che salutasse egli stesso, per sempre, la comunità scientifica tutta, impreziosendo ancor più questa ricchissima pubblicazione a cura di Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione (Turchini Edizioni 2020) [1]. Appare quasi impossibile organizzare un discorso sintetico ma esaustivo intorno a un argomento così sfaccettato e ricco come quello offerto da questa maestosa edizione di quasi 2000 pagine, frutto di oltre una decade di lavoro e che raccoglie, come un caleidoscopio, competenze e ambiti differenti per una variegata quanto completa visione della spettacolarità napoletana. Come sottolineato dai curatori, Napoli si offre alla storia quale città ad altissimo tasso spettacolare, in cui linguaggi, prassi, tradizioni e novità riflettono le (apparenti) contraddizioni che ancora oggi costituiscono un suo aspetto vivo e caratterizzante. La sua stessa conformazione geografica appare connotata da una teatralità intrinseca. La compresenza di ‘ingegni multiformi’ si riversa nella peculiarità del volume, ossia la volontà di dialogo tra saperi diversificati, grazie alla fusione del lavoro di specialisti di ambiti differenti, in un quasi naturale riflesso alla «situazione magmatica» incandescente del Seicento, soprattutto al fine di eliminare alcuni luoghi comuni che ancora gravano sulla stagione napoletana, come ha spesso precisato Francesco Cotticelli, ovvero l’isolamento di un mercato teatrale che invece dialoga (sia pure con le proprie specificità) con altri aspetti e fenomeni che si intersecano sul territorio partenopeo. La ‘rappresentazione grafica’ di tutto questo offre al lettore la possibilità di inquadrare in un nuovo sistema di visione il secolo, ponendo l’accento sul circuito culturale, invece che insistere sulla sezione – per ciascun ambito o situazione – dei primati singoli, inquadrando il problema della ricerca in una nuova ottica. La ricchezza dei contributi (ben venti), spazia dalla musica alla scenografia, dal teatro alla danza, passando per committenze e mecenatismo, gli intrecci familiari tra gli addetti ai lavori, la Napoli spagnola e le relazioni della città con l’opera italiana, la letteratura in dialetto che si incrocia con la storia della lingua in altri ambiti della vita quotidiana (ufficiali e non), la musica sacra e altri saggi altamente specialistici sulla cantata da camera, il repertorio della canzonetta e le relative funzioni sociali, il madrigale e la musica strumentale, indagini sui clavicembalisti napoletani e studi filologici. Non sempre presente, il saggio sulla danza si imposta intorno a un argomento assai spinoso per il Seicento a Napoli, a causa dell’apparente mancanza di fonti, in cui la simbologia delle forme permette di leggere la coreografia al di là dell’estetica del passo: ecco dunque che una ricerca mirata e con uno sguardo non tradizionale permette di leggere il non letto. Non manca l’attenzione all’industria creativa, agli strumenti musicali e l’editoria, a conclusione di un quadro che può dirsi altamente esaustivo (dal momento che nulla è mai ‘completo’) e, soprattutto, amalgamato secondo una visione d’insieme che scavi nelle singole realtà per un sistema di studio che procede dal particolare all’universale, secondo una visione dinamica di un continuo ribollire di idee e sperimentalismi che costituiranno il germe dal quale nascerà la modernità. Protagonisti e istituzioni, sacro e profano, prostituzione e santità, intrecci di famiglie e progettualità all’interno delle stagioni molto sofisticata, come specifica Paologiovanni Maione, oltre a disegni culturali di altissima valenza propagandistica e alla presenza massiccia della cultura spagnola a Napoli, di cui vengono sottolineate di volta in volta le differenze, come sono sottolineate le differenze di metodi ed esperienze all’interno di ciascun cartellone. La propaganda della fede e la potenza degli ordini religiosi percorre le pagine dei due poderosi tomi che declinano l’esperienza teatrale in tutte le sue essenze, dalla formazione presso i conservatori all’esibizione, ai meccanismi di gestione impresariale che dirige i mastricelli nel secolo del professionismo. [1] Si ricorda la altrettanto preziosa pubblicazione Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Settecento, a cura di Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione, Napoli, Turchini Edizioni, 2009.
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