di Camilla Barberini La strategia complessiva, per governare un territorio come quello dell’Italia meridionale, dovrebbe essere globalmente orientata a perseguire innovazione, originalità, ricerca scientifica e tecnologica: queste sono le leve dello sviluppo economico, sociale e culturale. Ciò vale soprattutto per le aree interne del Mezzogiorno, un tempo definite di «osso» a causa della loro forte marginalità economica. È quanto emerge da questo volume che costituisce un punto di arrivo, ma ancor più un nuovo punto di partenza, di un lungo e articolato percorso di ricerche, sperimentazioni, dibattiti e innumerevoli occasioni di confronto scientifico avviato da Futuridea, associazione per l’innovazione utile e sostenibile, nata a Benevento nel maggio 2008, con la precisa finalità di promuovere ed attuare una strategia di sviluppo eco-sostenibile. Attenta all’elaborazione di risoluzioni e progettualità non imitative e di una governance dell’innovazione capace di monitorare, selezionare, valutare costantemente i risultati della ricerca e studiare rapidamente gli impatti in rapporto alla competitività delle imprese, all’efficienza della pubblica amministrazione nonché all’equità sociale, Futuridea è anche un network fra personalità e professionalità diverse, unite dal filo della passione per le tematiche che riguardano lo sviluppo sostenibile ed ecocompatibile dei territori, la tutela dei nuovi diritti e l’equità sociale attraverso l’innovazione e la ricerca scientifica. L’obiettivo primario è quello di creare vere interazioni di idee e di eccellenze e di promuovere azioni in grado di facilitare il trasferimento tecnologico alle imprese e alle società, ricorrendo a prototipi, azioni dimostrative, governo della proprietà intellettuale, divulgazione, informazione e formazione. Futuridea svolge, dunque, un’intensa attività di ricerca, studio e sviluppo di nuove tecnologie, attraverso la collaborazione con Istituti di ricerca nazionali ed internazionali, quali CNR ed ENEA, raccoglie, organizza e seleziona le idee, avvalendosi di un Comitato scientifico di alto profilo e di gruppi di lavoro tematici. Quello focalizzato sul Paesaggio punta sul valore dell’interdisciplinarità: architetti, storici, sociologi, economisti, agronomi, biologi, politologi e paesologi stanno esplorando nuovi modi di studiare il paesaggio, considerato come un sistema aperto e dinamico, oggetto di una continua interazione tra fattori naturali e antropici, complesso e variegato. Negli ultimi dieci anni, diverse sono state le occasioni per parlare di paesaggio, di bio-territori intelligenti, di evoluzione sostenibile o di innovazioni necessarie alla nuova agricoltura. Impossibile elencarle tutte. Per conoscerle basterà visitare il sito www.futuridea.net . Riteniamo tuttavia doveroso ricordare almeno il Workshop Internazionale Evoluzione sostenibile dei paesaggi. Confronto internazionale sulle best practices, tenutosi il 9 e 10 giugno 2016 proprio nella sede di Futuridea ed al quale parteciparono molti degli autori di questo volume. In una più recente accezione di paesaggio, diventa necessaria e indispensabile innanzitutto una nuova riflessione sul paesaggio rurale, partendo dall’evoluzione del concetto di ‘ruralità’. Si tratta infatti di focalizzare l’attenzione su un contesto ambientale non più considerato prevalentemente agricolo, ma piuttosto come un nuovo sistema sociale in cui la dimensione antropica ed eco-sistemica, integrandosi, contribuiscono all’affermarsi di un territorio bio-intelligente. Si è fatta strada l’idea che ogni comunità (nazionale o no) abbia un suo patrimonio, e che di questo il paesaggio costituisca una parte fondamentale. Uno dei concetti strettamente legati a quello di paesaggio è certamente quello della bellezza oltre che della salubrità, valori da tutelare, da rigenerare e da mettere a reddito. E’ il tema del Paesaggio come bene culturale, difeso dalla Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 2000). Il binomio “paesaggio e patrimonio culturale” abbraccia nel suo insieme la straordinaria eredità materiale della storia italiana, dalla ricchezza delle opere d’arte a quella della città e del territorio. Come e forse più che in altri paesi, questo patrimonio – immenso e universalmente riconosciuto per la sua unicità – è un elemento fondante dell’identità nazionale e contribuisce alla qualità della vita individuale e collettiva degli italiani. Si tratta di un bene pubblico che, tuttavia, si stenta a riconoscere e custodire in quanto tale. La dicotomia tra ‘paesaggio naturale’ e ‘paesaggio agrario’ e l’esistenza del primo termine come ‘dato ambientale’, sono categorie ancora oggi ampiamente diffuse tra storici e geografi e sono poste direttamente alla base delle più recenti tendenze della storia ambientale. Senza ricostruire nel dettaglio la genealogia di questa visione dicotomica, è evidente la sua derivazione dalla dicotomia Uomo/Natura dell’antropogeografia tardo ottocentesca. Pertanto, per comprendere l’evoluzione di un territorio, in relazione alla comunità che lo abita o lo ha abitato, sarà importante soffermarsi anche sul concetto di lavoro, determinante per indagare le dinamiche di trasformazione del paesaggio (sia esso naturale, rurale o industriale) e di stratificazione architettonica e urbana indotte dallo sviluppo delle attività produttive di un dato territorio. I saggi contenuti in questo volume affrontano tutti questi temi da diverse prospettive; il lavoro di squadra compiuto fino ad ora è enorme e punta a favorire il dialogo tra ricercatori, tecnici e stakeholder interessati. Il volume presenta uno scenario complesso e dai molteplici aspetti: dalla sostenibilità globale alla sicurezza alimentare, al monitoraggio, alle mappe dei suoli, alla cura della salute, all’intelligenza territoriale, alla produzione di cibo locale, al censimento delle architetture rurali, ad un loro possibile riuso, alla costruzione di green houses, alle risorse energetiche rinnovabili, allo sviluppo integrato, alle strategie di sostenibilità fino ad arrivare al concetto di smart-bio-territories. Ma questo libro, oltre ad avere la presunzione di voler essere un manuale per quanti sono chiamati ad attuare una nuova governance dei territori, vuole innanzitutto ostentare la bellezza paesaggistica della Campania rurale, e lo fa attraverso un nutrito corpus fotografico, che svela molte delle aree interne, così uniche e pure così diverse tra loro, per dimensioni, colori, varietà arborea o erbacea, per piantagioni, produzioni, costruzioni, per un’umanità antica e rinnovata. Siamo di fronte ad un volume imponente, di ampie dimensioni (cm 22x30 e 387 pagine), d’impostazione internazionale (dato il coinvolgimento di esperti stranieri i cui saggi sono stati pubblicati in lingua originale), commissionato e pubblicato dalla Regione Campania. Alle presentazioni del Presidente regionale Vincenzo De Luca e del Consigliere Francesco Alfieri, segue la prefazione di Carmine Nardone, accademico ordinario dei Georgofili, già Parlamentare della Repubblica con delega all’Agricoltura, oggi fondatore e Presidente di Futuridea. Le conclusioni sono di Fulvio Bonavitacola, Vicepresidente regionale. Il saggio di apertura, che descrive la Convenzione Europea del Paesaggio del 2000 e le attività condotte fino ad oggi, è firmato da Maguelonne Dejean-Pons, Segretaria esecutiva della Convenzione europea del Paesaggio al Consiglio d’Europa. Seguono altri diciannove saggi che analizzano il paesaggio rurale in prospettiva storica (R. Del Prete), urbanistico-ambientale (R. Vidal-L. Vilan), agrotecnica (A.P. Leone-P. Magliulo-N. Leone – A. Capone – A. Dente – F. Fragnito – G. Leone – A. Petrecchia – A. Buondonno), eco sistemica (P. Escribano-C. Oyonarte-J. Cabello), dei servizi integrati per lo sviluppo sostenibile (S. Rampone-D. Matassino), architettonica-ecosistemica (M. Festa), infrastrutturale (G. De Francesco), politico-rurale (A. Di Gennaro), di pianificazione paesaggistica (F. D. Moccia), formativo (R.P. Aquino), di sostenibilità (N. Iarrusso), di percezione (I. Florio e R. Maglione), di architettura rurale (M. De Nigris), di progettazione di rete stradale in ambito rurale (M. Cermola – M. Festa, L. Mesisca), di paesaggio antropizzato (A. Verdino), di tutela (M. Nardone) di rapporto tra città e campagne (A. Iadicicco), di paesologia (F. Arminio), di narrazione e memoria (R. Del Prete e F. Nardone). Uno dei problemi per lo sviluppo di iniziative efficaci in difesa del paesaggio scaturisce dall’esigenza di chiarire meglio il suo contributo allo sviluppo economico e sociale: se oggi è abbastanza chiara l’importanza dei valori paesaggistici nel mercato di alcuni prodotti tipici, come il vino o l’olio, e del turismo rurale, non si è ancora pienamente consapevoli del ruolo che il paesaggio potrebbe avere nel settore dei servizi e dell’indotto da esso generato. È tuttora in corso un processo di maturazione culturale che, una volta superati gli interessi di attività economiche pubbliche e private - in larga parte legittime -, consenta di riconoscere i valori legati al paesaggio: le risorse paesaggistiche sono un patrimonio della collettività e la loro valorizzazione supera qualunque funzione produttiva tradizionalmente intesa, perché è suscettibile di influenzare, a vari livelli, il benessere di tutti gli individui.
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