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Risonanze Silenziose (2011)
DocuClip sul Reclusorio Femminile San Filippo Neri di Benevento
regia di Leonardo Cantone
musiche di Lorenzo Del Prete
testi e foto dal libro di Rossella Del Prete, Piccole tessitrici operose. Gli orfanotrofi femminili a Benevento nei secoli XVII - XIX, Milano, FrancoAngeli 2010
DocuClip sul Reclusorio Femminile San Filippo Neri di Benevento
regia di Leonardo Cantone
musiche di Lorenzo Del Prete
testi e foto dal libro di Rossella Del Prete, Piccole tessitrici operose. Gli orfanotrofi femminili a Benevento nei secoli XVII - XIX, Milano, FrancoAngeli 2010
L'Ente Morale San Filippo Neri ha origini antiche; fu fondato a Benevento alla fine del Settecento per un provvedimento del cardinale Francesco M. Banditi che portò a termine il progetto già avviato dal suo predecessore e fondò il Reclusorio femminile di San Filippo Neri, ufficialmente inaugurato nel 1831.
Con l'Unità il reclusorio fu trasformato in Ente Morale e a gestirlo non fu più la Curia Arcivescovile, ma un Consiglio di Amministrazione nominato dal Sindaco della Città. Il 19 aprile 1928 fu trasferito in quell'edificio quel che restava del più antico Orfanotrofio femminile della SS.ma Annunziata (27 orfanelle di età varia tra i 2 e i 14 anni).
Nacquero così gli Orfanotrofi provinciali Riuniti dell'Annunziata e di S. Filippo Neri, che a quel tempo ospitava 65 orfane e 8 suore. Fino agli anni Settanta l'orfanotrofio continuò la sua attività assistenziale, ospitando orfane che avviava a lavori tessili, di maglieria o domestici. Vi era anche un esternato (una scuola di ricamo), poi le Suore della Carità avviarono una scuola elementare che divenne parificata, interrotta 15 anni fa.
Con la nomina dell'attuale Consiglio di Amministrazione fu riavviata una piccola scuola dell'infanzia. Le quattro suore rimaste sono tutte molto anziane e non riescono più a contribuire alla vita scolastica.
La piccola Chiesa annessa all'Istituto è meta di pellegrinaggi domenicali (culto del Bambin Gesù di Praga).
Con l'Unità il reclusorio fu trasformato in Ente Morale e a gestirlo non fu più la Curia Arcivescovile, ma un Consiglio di Amministrazione nominato dal Sindaco della Città. Il 19 aprile 1928 fu trasferito in quell'edificio quel che restava del più antico Orfanotrofio femminile della SS.ma Annunziata (27 orfanelle di età varia tra i 2 e i 14 anni).
Nacquero così gli Orfanotrofi provinciali Riuniti dell'Annunziata e di S. Filippo Neri, che a quel tempo ospitava 65 orfane e 8 suore. Fino agli anni Settanta l'orfanotrofio continuò la sua attività assistenziale, ospitando orfane che avviava a lavori tessili, di maglieria o domestici. Vi era anche un esternato (una scuola di ricamo), poi le Suore della Carità avviarono una scuola elementare che divenne parificata, interrotta 15 anni fa.
Con la nomina dell'attuale Consiglio di Amministrazione fu riavviata una piccola scuola dell'infanzia. Le quattro suore rimaste sono tutte molto anziane e non riescono più a contribuire alla vita scolastica.
La piccola Chiesa annessa all'Istituto è meta di pellegrinaggi domenicali (culto del Bambin Gesù di Praga).
Gli archivi storici locali come strumento di promozione territoriale. L'Archivio dell'Istituto "San Filippo Neri" di Benevento (secoli XVII-XX)di Rossella Del Prete
in Istituti di assistenza, biblioteche e archivi: un trinomio caratteristico. Conservare e Promuovere. a cura di Cristina Cenedella, Milano, Vita e Pensiero, 2015, pp. 3-39 |
Gli istituti assistenziali, in particolare gli enti dedicati al ricovero dei minori, e le loro biblioteche rappresentano un tema particolare e molto settoriale, che sino ad ora ha visto un interesse circoscritto e non molto indagato, al contrario delle esplorazioni condotte sulla letteratura scolastica, la funzione pedagogica della letteratura e le biblioteche degli istituti di istruzione.
Spesso le biblioteche degli enti di assistenza sono state oggetto di dispersione e di scarsa attenzione conservativa, per la semplice ragione legata all'invecchiamento 'veloce' delle edizioni custodite; a volte, oggetto di 'epurazione' insieme alle biblioteche, furono anche quelle parti degli archivi più strettamente legate alle funzioni educative,facendo perdere così allo studioso le tracce del legame tra le scelte pedagogiche attuate e la letteratura per l'infanzia proposta.
Il volume raccoglie gli interventi di una giornata di studio, focalizzando l'attenzione su talune biblioteche conservatesi, da quella dell'orfanotrofio milanese dei Martinitt, a quella degli istituti dell'Annunziata di Napoli. In particolare si è inteso mettere in luce le diversificate potenzialità di ricerca insite in questo particolare bene culturale, la biblioteca, in stretto e inscindibile legame con gli archivi, i cui documenti ne possono narrare la storia. Il volume procede quindi sul doppio binario dell'individuazione di fonti particolari per la storia assistenziale tra XIX secolo e primi anni del Novecento, come le biblioteche appunto, e sulla necessità di preservare, studiare e comunicare questa particolare tipologia di bene culturale.
Spesso le biblioteche degli enti di assistenza sono state oggetto di dispersione e di scarsa attenzione conservativa, per la semplice ragione legata all'invecchiamento 'veloce' delle edizioni custodite; a volte, oggetto di 'epurazione' insieme alle biblioteche, furono anche quelle parti degli archivi più strettamente legate alle funzioni educative,facendo perdere così allo studioso le tracce del legame tra le scelte pedagogiche attuate e la letteratura per l'infanzia proposta.
Il volume raccoglie gli interventi di una giornata di studio, focalizzando l'attenzione su talune biblioteche conservatesi, da quella dell'orfanotrofio milanese dei Martinitt, a quella degli istituti dell'Annunziata di Napoli. In particolare si è inteso mettere in luce le diversificate potenzialità di ricerca insite in questo particolare bene culturale, la biblioteca, in stretto e inscindibile legame con gli archivi, i cui documenti ne possono narrare la storia. Il volume procede quindi sul doppio binario dell'individuazione di fonti particolari per la storia assistenziale tra XIX secolo e primi anni del Novecento, come le biblioteche appunto, e sulla necessità di preservare, studiare e comunicare questa particolare tipologia di bene culturale.
Il volume ripercorre la storia dei due antichi orfanotrofi femminili beneventani, l'uno di patronato laico, l'altro di impianto ecclesiastico. Attraverso le analisi delle risorse finanziarie dei due enti e della loro utilizzazione si ricostruiscono le vicende delle recluse e l'intera vita interna tra decoro monacale, attività produttive protoindustriali, educazione e istruzione professionale. L'intento è quello di capire se l'attività degli enti assistenziali di quei secoli ebbe un'influenza sulla costruzione di un progetto di qualificazione sociale e professionale della forza lavoro (distinta tra maschi e femmine). Il volume si sofferma, oltre che sul contesto politico ed economico del territorio beneventano, sulle concrete iniziative di alcune istituzioni deputate all'assistenza, all'educazione e all'avviamento al lavoro delle fanciulle. L'avvio di una manifattura tessile all'interno di uno dei due istituti richiama una consuetudine diffusa nell'Italia di età moderna e contemporanea e contribuisce a ricostruire attività protoindustriale di un territorio già dedito alla lavorazione della lana. Gli elevati costi di gestione e la difficoltà di istruire persone poco avvezze al lavoro e più interessate al soddisfacimento dei bisogni primari, resero più complessa l'azione educativa e professionalizzante delle maestranze impegnate nei diversi convitti. Ciò nonostante, pure restando imprecisato e non del tutto storicizzato l'importantissimo legame tra welfare e genere, positivo è il giudizio sul tentativo di superare le resistenze culturali e corporative nella formazione delle fanciulle, di realizzare laboratori specializzati e, soprattutto, di dar vita al cosiddetto miracolo dell'alfabetizzazione femminile.
Tutte le società hanno dovuto fronteggiare (nella storia) il problema della povertà attraverso interventi pubblici o privati. Il sistema assistenziale in vigore a Benevento sin dall'Età moderna, secondo la formula della carità privata o ecclesiastica, trovò nella legislazione post-unitaria una prima regolamentazione pubblica. Per rispondere ad una legge del nuovo Stato le Amministrazioni comunale e provinciale di Benevento fondarono il Ricovero di mendicità e degli inabili al lavoro, un istituto di beneficenza e di assistenza che aveva lo scopo di accogliere i poveri invalidi. Affinché l'intervento assistenziale pubblico facesse leva anche su quanti, soprattutto giovani, potessero essere recuperati alla legalità e alla socialità attraverso il lavoro, fu avanzata la proposta di associare all'Istituto una colonia agricola. La creazione di una scuola-podere avrebbe contribuito ad avviare all'arte di coltivare la terra, principale attività produttiva del territorio, tutti coloro che per contingenze sfavorevoli vivevano in condizioni di emarginazioni sociali.
Il presente lavoro costituisce un primo risultato delle ricerche sull'assistenza a Benevento. Attraverso la diretta ricognizione di una vasta e inedita documentazione, si è cercato di affrontare un capitolo della storia economico-sociale: quello relativo al pauperismo, al rapporto tra istituzioni e "poveri" in una comunità preindustriale, contesa tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio. In particolare il problema dell'infanzia abbandonata si ingigantiva quando i minori erano infanti projetti, che spesso non trovavano un'accoglienza più o meno prolungata negli istituti cittadini (ospedali e orfanotrofi). All'Orfanotrofio della SS. Annunziata di Benevento, fin dalla fine del secolo XV venne attribuito, fra gli altri, il compito di ricevere i bambini esposti, qualunque fosse il luogo del loro ritrovamento all'interno del territorio beneventano. Centrale restava il ruolo delle balie che si configuravano come referenti di primaria importanza per gli amministratori ospedalieri addetti all'assistenza dei projetti.